Vito Bellino

Giovanissimo, precoce, quasi autodidatta, e siccome non vive in un acquario è davvero bravo. Si definisce aspettista e conia lo slogan “chi l’aspetta la vince!”.

Nasce a Bari, a un tiro di schioppo dalla costa adriatica e già a sei anni seguiva il babbo in mare mentre si divertiva a sparacchiare un pesce qui e uno là. La partenza era sempre dal Tiro a volo, un poligono militare di tiro a segno nazionale, vicinissimo all’aeroporto. Naturalmente d’estate, alle nove del mattino e solo per qualche ora, a volte meno, perché nonostante il mutino, il giovane, di tanto in tanto, pativa il freddo che si insinuava vigliaccamente sotto il neoprene. Ricorda le catture più comuni, polpi, gronghi, seppie tordi, pesce povero in generale e poi la mamma e la figura della nonna che aspettavano sulla riva per applaudire e complimentarsi col figlio e nipote, per i pesci faticosamente guadagnati. Gli stessi, in verità ricevuti dal padre, coi quali improvvisava spiritose scenette per appagare il suo immodesto vanto giovanile. La carriera teatrale durò fino ai 10 anni. Poi ci fu un periodo di incostanza che probabilmente nascondeva una certa insoddisfazione. Terminò, volendolo datare, al compimento dei 16 anni. Vito riprese a pescare col babbo, solo che questa volta stringeva in pugno un’arma, un fucile subacqueo vero e proprio, un Cressi SL Star da 50 centimetri e 5 punte in fondo all’asta. All’epoca, racconta Vito, “incrociavamo spessissimo pesci enormi tipo spigole, serra, ricciole e anche saragoni. Ma con la nostra attrezzatura, decisamente da tana, non potevamo avere chance nella pesca a libera.”.

Dentice comparso dal nulla dopo 2,5 minuti di aspetto.

Ricordi un episodio? Un giorno, dopo diverse ore in mare, nel rientro in un metro d’acqua, entrambi con il solito 50, scorgiamo un dentice sui 3 chili appoggiato sul fondo. Lo vedevo da lontano. Mio padre era già in movimento così ho dovuto faticare per recuperare terreno, ma lui arriva comunque prima. Spara da una distanza di ½ metro e fa cilecca. Il dentice fugge al sicuro, mentre a me sembrava che il mondo mi cadesse addosso. Un’occasione così non si poteva sprecare. Ero furioso e per digerirla ho impiegato un po’ di tempo, lo stesso per maturare una decisione: dovevo fare un salto di qualità. Così, dopo la triste esperienza (pare che l’animale, a detta degli esperi, fosse immobile per favorire la digestione), mi compro un arbalete di 75 centimetri, un Cressi apache con elastico da 14, asta da 6,5 e naturalmente un arpione all’estremità.

Splendida coppola di serra.

Quindi, come andò? Andò che due giorni dopo l’acquisto del fucile presi una spigola di circa un chilo. Uscì sempre dal Tiro a volo. Era estate. Tempo bello e leggera corrente da maestrale. Acqua torbida con visibilità di circa 5 metri. Ero solo. Volevo andare verso sud, un po’ a razzolo e un po’ all’aspetto, motivato dai video di Marco Bardi e Giorgio Dapiran. Nel carniere contavo un’orata da 300 grammi e quindi ero già appagato ma con ancora del tempo a disposizione. Inanello due salpe, sparate alla cieca in mezzo al branco e inverto la rotta per il rientro. Poco prima di atterrare scorgo un grup-po di spigole da 1/2 chilo col capobranco grosso almeno il doppio. Smetto di pinneggiare e mi lascio andare sul fondo senza più aria nei polmoni. Arrivato a tiro, sparo, e colpisco il pezzo più importante sul dorso. Fulminata la spigola. Ero felicissimo, naturalmente. Per paura di perderla recupero subito l’asta e lascio il pesce infilzato, così da mostrarlo al pubblico in riva, come facevo da bambino. 

Quando hai capito di essere cresciuto? Quando i giovani della mia età hanno iniziato a seguirmi. Io ho sempre condiviso in rete le mie catture, così un bel giorno arrivò uno sponsor: Black Wood di Fabio De Cristofaro, un appassionato romano che realizza apprezzatissimi arbalete in legno. Ma l’evento decisivo è stata un spigola. Era estate, agosto. Avevo 17 anni. Uscì in mare con mio padre, sempre dal tiro a volo. Io diretto a destra e mio padre a sinistra. Per diverse ore non vidi una pinna, se non un grosso banco di castagnole che di botto si apre per allontanarsi da una spigola minacciosa. La scena si svolgeva sopra di me, a circa un metro e mezzo dalla superficie. Non ero sereno perché il colpo dal basso non è il mio preferito. Comunque sono obbligato a sparare e questa volta il colpo va a segno con precisione, proprio in mezzo alla testa. E a nulla è servita la fuga disperata che ha portato via 10 metri di filo. Passata la tensione e assicurato l’animale al pallone, mi avvio per il ritorno. Come vedo mio padre gli chiedo com’è andata, e lui: “5 polpi, e tu?”. Niente, rispondo, solo due polpi. Lui esce dall’acqua e io appresso. Come vede il pallone all’aria, quasi non crede ai suoi occhi. Una spigola di 4 chili non è roba da tutti i giorni. 

Un bel dentice che si è suicidato, allontanandosi dal montone “per puntarmi deciso”. Naturalmente Vito l’ha freddato.

Didattica? Mio padre conosceva Ettore Cardinali, un esperto e apprezzato subacqueo con un’esperienza sportiva di livello nazionale. Così segui il suo consiglio e mi iscrissi al Csb Bari per il brevetto di pesca in apnea. Dopo il corso andammo a pesca insieme. Lo guardavo con attenzione, studiavo i suoi movimenti. Mi affascinava la tranquillità con cui scendeva profondo. Mi portò laggiù, a 20 metri, per gradi, lo stesso giorno. Lui pescò due corvine da un chilo. In seguito feci anche il corso di apnea dinamica fino a 12 m.

Un episodio da raccontare? A Leuca, una settimana di pesca ospite di un amico che mi ha insegnato l’arte. 4 an-ni fa, pescavo sui 20 metri in acqua pulita con un’eccezionale visibilità. Facevo tanti agguati. Sparo un sarago da mezzo chilo e lo insagolo. Questo s’infila in una tana molto profonda con l’asta che si incastra all’interno della tana. Scendo in secondo tuffo per controllare l’asta, ma non avevo la torcia e quindi non la vedevo. Ma il sarago trafitto, quello sì, lo vedevo. Preparo un terzo tuffo ma nel frattempo una murena enorme aveva ingoiato completamente il sarago e pure la sagola che usciva dalla sua bocca. Riemergo, prendo il fucile corto e sparo in testa alla murena. La murena fa aggrovigliare tutti i fili dentro la tana, compresa la seconda asta. Sono costretto a immergermi più volte, a 20 metri, ma accuso la stanchezza. Così, per sicurezza preparo un ultimo tuffo. Vado giù all’ingresso della tana strattono forte il filo e riesco a tirare tutto fuori. Murena di 4 chili, ½ chilo di sarago. Risalito libero il sarago dalla murena e rientro.

La super leccia di 26 chili che ha piegato l’asta da 7 mm di Vito in tre diversi punti.

Il tuo record? Il pesce più grosso è di due anni fa. Era il 28 settembre 2023, a Giovinazzo, un tiro di schioppo a nord di Bari. Ero solo, uscito a pinne, con un sarago di un chilo e una spigola di poco più piccola, pescati nella prima mezz’ora. Girava molto pesce, in lontananza belle orate grosse e nuvole di saraghi. Ma allo scadere della prima ora il mondo si ferma. I pesci spariscono mentre sale vento da levante con onde di mezzo metro. Raggiungo un spot un po’ più profondo a circa 500 metri di distanza con visibilità calante, fino a 3,5 metri. Dopo una lunghissima ora di nulla, si materializza un banchetto di saraghi fasciati che naturalmente lascio in pace perché in altre occasioni sono seguiti i dentici. Ma anche questi spariscono e nel mentre sento alle mie spalle uno spostamento d’acqua. Giro lentamente la testa e vedo arrivare una leccia enorme. La lascio scorrere e appena posso sparo l’arpione del mio Torpedo 93 con doppio elastico e asta da 7 mm. La buco da parte a parte, nel ventre ma lei esita alcuni secondi e solo poi parte a razzo. Io seguivo la fuga controllando a mano lo srotolamento del filo, e a un certo punto, quasi finito il nylon, le vado dietro lasciandomi trascinare. Dopo 20 minuti riprendo il contatto visivo e noto che solo un aletta faceva presa, l’altra è rimasta dentro. Nella paura che si sfilasse la raggiungo e in qualche modo la trattengo con le braccia per finirla. Nella lotta due spine della pinna dorsale mi bucano il petto, ma alla fine si è arresa. Naturalmente al rientro a casa, in famiglia… fuochi d’artificio.

La spigola di 8,5 kg pescata con Andrea.

Però, se mi è concesso, ricorderei molto volentieri un altro gran pesce, una spigola di 8 chili e mezzo, pescata il 12 febbraio, a Santo Spirito, il quartiere a nord più periferico di Bari. Ero in compagnia di Andrea e come al solito ci dividiamo, lui destra e io a sinistra. Catturo al volo un sarago di un chilo col Black Wood da 70 poi risalgo di circa due metri e mi avvicino al ciglio di un crepaccio che sprofonda due metri più sotto. Mi apposto per l’aspetto e dopo un minuto preciso, si avvicina un banchetto di spigole tra il chilo e mezzo e i due chili. Al centro, quasi scortata, c’era una super spigola. Naturalmente mi concentro su quest’ultima anche se per allineare il tiro devo fare un movimento che potrebbe far dissolvere la nuvola di pesci. Sparo e la colpisco in testa, tutte scappano, pure quella massa che assomigliava a 8 chili di carne. Per lei “esco” il coltello per il game over. Tutto ok, solo che dobbiamo rientrare per il raggiunto limite massimo di pescato. Ricordo che da terra qualcuno aveva notato la nostra felicità e intuendo dai nostri indumenti il possibile evento, ci chiese di sollevare l’animale per poi fotografarci come delle star.