Una Nuova Primavera
La primavera per gli animali marini coincide spesso con il periodo della riproduzione. Gran parte dei pesci sono ovati ed il loro modo di agire cambia rispetto agli usuali comportamenti che noi conosciamo per il resto dell’anno Raggrupparsi vicino alle secche, o spostarsi su fondali a ridosso delle correnti, risponde alla necessità delle diverse specie ittiche di riprodursi. Al di là della stagione, non esiste un giorno preciso o una settimana, ma è la temperatura dell’acqua che favorisce tali fenomeni. Quindi ogni anno, in giorni o mesi diversi, ci dobbiamo aspettare delle anomalie sull’arrivo delle specie oggetto del nostro sport e sui loro comportamenti alimentari. Quello che sappiamo di sicuro è che di colpo ci accorgiamo della presenza delle prime mangianze, segnalate dai gabbiani, in concomitanza con il passaggio di tunnidi abbrancati. Possono essere tonni rossi di branco, tonni alletterati, alalunghe, palamite o piccole ricciole e spesso la specie dominante è diversa. Quest’anno ad influenzare la stagione sarà la costante presenza dei tonni che grazie alle politiche di chiusura della pesca sono avvistati in numero sempre maggiore nelle nostre acque. La mancanza di un prelievo esagerato darà luogo di sicuro ad uno stravolgimento, positivo, negli assetti marini che durerà diverse stagioni. Probabilmente diminuiranno le sardine e le acciughe che sono la dieta principale dei tonni, oppure la forte presenza dei sugarelli mitigherà questo effetto, vedremo l’anno prossimo. L’approccio con la presenza di mangianze in periodo primaverile deve essere diverso da quello estivo. Il passaggio di pesci più grossi e voraci in grossi branchi, tonni rossi, spinge le più piccole e meno forti palamite a diventare gregarie. Il primo pasto, in parole povere, spetta ai più forti ed organizzati tunnidi (tonno rosso) e per tutto Aprile e Maggio saranno i padroni della fascia costiera e della parte di acqua che va dal mezzo fondo alla superficie. Questa specie non è insidiabile in questo periodo; solo a partire da giugno potremo dargli la caccia, quindi, in attesa, la nostra attenzione dovrà spostarsi sulle palamite.
Esche a fondo
Seguendo a vista, in superficie, la presenza dei gabbiani avremo degli ottimi riferimenti, ma le nostre esche dovranno essere calate a fondo. Per lo più dovremo cercare di affondare il più possibile le traine, dai quindici ai venti metri. I metodi di affondamento sono quelli classici: monel, dacron piombato, piombi a sgancio rapido, affondatore a palla di cannone e super Stim. L’uso di questi attrezzi prevede mulinelli con notevole capienza in bobina e canne elastiche, quindi ad azione parabolica, visto che la maggior parte dei fili utilizzati, monel e dacron piombato, non hanno allungamento. Canne da venti e trenta libbre sono sufficienti per una azione più dolce in pesca in modo che le ancorette o gli ami utilizzati nelle esche non si pieghino durante le sfuriate che caratterizzano le palamite. Il numero ideale delle canne in pesca è quattro, due con esche affondate e due con esche in superficie o con piccoli teaser. Il poter ricreare una mangianza con le nostre esche è la base della pesca con artificiali lungo la costa. Abbiamo detto di affondare le esche il più possibile ma è anche vero che l’azione di una filosa o un teaser a pelo d’acqua provoca un richiamo irresistibile per tutti i pesci di branco. I colori delle esche dovrebbero ricalcare quelli delle prede foraggio, ad esempio le tonalità di azzurro o verde per lo sgombro da far navigare in superficie. Per le esche più profonde o per acque torbide (tipiche della stagione fino a fine maggio, in concomitanza delle ultime mareggiate) vanno bene i colori chiari: bianco, arancio, giallo e testa rossa oppure sgargianti.
L’andatura
La velocità di traina sarà più lenta del normale, già dai due nodi e mezzo siamo in grado di catturare qualcosa, specialmente con le esche affondate. Questa andatura non sarà una costante, ma la terremo in prossimità di punti salienti come secche o cadute sui gradoni con cambi di fondale importanti. Per il resto, la velocità ideale per insidiare le palamite in questo periodo è dai tre nodi e mezzo ai quattro. Nel caso di ferrata è bene diminuire la velocità fino al minimo. Le palamite sono dei grandi combattenti e non si arrenderanno prima di aver fatto almeno tre fughe furiose. Se affrontate con attrezzature da otto o dodici libbre con monofili da dodici alle venti libbre, il combattimento sarà il massimo della sportività ed il recupero della preda ci farà stare alla canna oltre i quindici. Le palamite in questa stagione possono raggiungere facilmente i tre o quattro chili. Non dobbiamo avere fretta nel recupero per non incorrere nella rottura della lenza e la conseguente perdita dell’esca artificiale. Dopo la partenza della prima canna, attenderemo qualche secondo prima di prepararci al recupero. Di solito dopo il capo branco, le altre esche verranno insidiate da altre palamite e non è infrequente la partenza di più canne contemporaneamente. Sia nel primo che nel secondo caso, provvederemo a recuperare fuori dall’acqua le altre esche in pesca per evitare grovigli portatori di mala sorte. Riducendo la velocità sarà più agevole effettuare la cattura delle prede allamate, anche solo per la mggior stabilità della barca. La pesca a questi forti pelagici, se fatta con attrezzature light, è un sicuro banco di prova dei fili, canne e mulinelli, ma è anche anche una buona palestra per i pescatori che da poco si cimentano con la traina costiera. Per poter consumare al meglio le carni in cucina, consigliamo di riporre le palamite e anche gli altri tunnidi, a testa in giù, dentro un secchio. Il sangue defluirà liberando le carni da un sapore non a tutti gradito. Oppure, per i più attrezzati, cioè muniti di abbattitore, consigliamo di provarla cruda fatta a sushi e sashimi.
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