Un Posto per Occhioni
Tra le tante esigenze da contemperare in un’uscita di pesca a bolentino di profondità, una di fondamentale importanza è il numero delle persone a bordo. In teoria, in un gommone di 6 metri, ci sarebbe spazio per quattro persone, quindi quattro pescatori. In pratica occorre considerare quanta attrezzatura ognuno si porta dietro. E se d’estate uno può alleggerirsi, col freddo la cosa viene più in salita. Un equipaggio affiatato, può condividere il frigo. Può stivare il vitto in un contenitore, le esche in un altro e un terzo Igloo dedicarlo al pescato. Si tratta comunque di imbarcare tre scatoloni voluminosi, senza avere la certezza di risolvere al meglio. Infatti il pescato, stipato in un solo ambiente rischia di deteriorarsi sotto il suo stesso peso e a fine giornata, soprattutto nella bella stagione, quei pesci belli, grandi e sodi, potrebbero diventare una massa informe di carne invecchiata. Alla luce di questo risulta un’esigenza primaria risparmiare il pescato e portarlo in porto nelle migliori condizioni possibili. Quindi i quattro pescatori, ammessi in teoria, potrebbero già in prima battuta diminuire a tre. Poi ci sono le batterie e le cassette porta attrezzi. Da sole occupano lo spazio di due pescatori, forse uno, se la batterie sono dedicate ai mulinelli, quindi solidali a questi, leggere e per niente ingombranti. Poi le canne… non sono mai in numero essenziale e sempre custodite in un borsone, quindi da moltiplicare per... . Insomma, in quattro non ci si sta. E anche in tre, c’è poco da stare allegri. Ma, ammesso che si trovasse un’organizzazione tale da garantire un’area di lavoro ottimale, rimane sempre il problema che dalle tre postazioni devono calare 3 esche che viaggiano in sincronia. Cioè? Anche in questo caso, ognun,o di fatto, si comporta come vuole. Usa il filo che vuole, il piombo che vuole e le esche che vuole. E ciò non è consentito nemmeno se, sui quei 6 metri, viaggiano solo tre persone. Qual è il problema? Il problema è che partendo da questa quota (200 m), la possibilità che le lenze dei tre pescatori si intreccino, in discesa o in risalita è molto elevata. E per scongiurare il contatto tra i multifibra, notoriamente capaci di annodarsi fino all’impossibile, occorre tenerle lontane l’una dall’altra. E non è sufficiente che ognuno lanci la zavorra a raggiera. Bisogna ipotizzare lo scostamento di ogni lenza dalla perpendicolare.
“E per scongiurare il contatto tra i multifibra, notoriamente capaci di annodarsi fino all’impossibile, occorre tenerle lontane l’una dall’altra. E non è sufficiente che ognuno lanci la zavorra a raggiera.”.
Ad esempio, con una corrente costante per intensità e direzione, e calando le tre lenze, poste a distanza di un metro dall’altra, tutte sullo stesso bordo, quale e in che misura andrà a disturbare le altre? La prima valutazione consiste nel diametro del filo, nel peso della zavorra e nel numero e volume delle esche. Quindi, il primo approccio è quello di posizionare a valle la lenza più grossa, con la zavorra più leggera e le esche più grosse. Nel mezzo una lenza di pari diametro ma con zavorra più pesante e infine, a monte, la lenza più sottile, col minor numero di esche ed una zavorra adeguata. Questa potrebbe essere una soluzione, ma in pratica le variabili sono meno precise e l’attenzione di ogni pescatore non deve mai mancare, salvo irrimediabili grovigli. Poi c’è la risalita, anche in questa fase, se non in maniera ancora più accentuata, l’intreccio è in agguato. E non solo per come sono costruite le lenze, anche perché spesso interviene l’azione dei pesci. Infatti, la resistenza che oppongono modifica l’angolo di risalita, tanto più quanto si tratta di pesci veloci. Il surello, ad esempio, compie dei cerchi di buon diametro e influenza moltissimo la risalita della paratura. Ma vale anche la velocità di risalita impostata sul mulinello e, in extrema ratio, anche la rigidità della canna. Alla luce di queste considerazioni un buon comandante, dovrebbe verificare l’attrezzatura dei singoli, rapportarla allo stile di pesca di ognuno e assegnare loro la miglior posizione sulla barca per evitare i sempre possibili intrecci delle lenze. Ma l’optimum si ottiene solo a tavolino, in preparazione. Ad esempio, le zavorre dovrebbero essere idrodinamiche il cui peso non dipende da costruttore o dall’artigiano, ma deve rispondere a valori paragonabili. Quin-di zavorre uguali per tutti dove il 500 g, significa 500 g per tutti. Il mulinello, dovrebbe anch’esso rispondere a caratteristiche confrontabili: uguale capienza, velocità e diametro del filo in bobina. E la canna? Anche la canna dovrebbe avere uno standard. Non foss’altro per facilitare il recupero delle prede. Nel 100% dei casi il pagliolato del gommone è occupato, negli spazi non vitali, da borse, batterie, ghiacciaie e “bascarramine” di vario tipo. Ciò significa che chiunque nel momento del bisogno, trova non poca difficoltà negli spostamenti e il solo guadinare un occhione, può risultare difficile e per l’equilibrio instabile, addirittura pericoloso. La variante “bordo” apre un altro capitolo: Infatti l’esempio dei tre pescatori su un’unica murata è solo un esempio. Nella pratica risulta estremamente improbabile che tre lenze calino dallo stesso lato. Quindi uno dovrà spostarsi sul bordo opposto agli altri due pescatori. Nel mio caso ad esempio, l’assetto prevede due operatori sul bordo sinistro e uno su quello di dritta, sempre col MinnKota acceso e lo Spot-Lock attivato. Per limitare il rischio d’intreccio a due soli pescatori le canne vanno posizionate distanti il più possibile nella murata di sinistra mentre il pescatore che sta a destra assumerà la posizione più estrema a poppavia. In questo modo e con le attrezzature bilanciate, molto difficilmente si verificherà un intreccio a tre, mentre rimane purtroppo probabile, a meno di pescare con precisione assoluta e affiatamento consolidato, quello a due.
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