Un Amo per Tutti
Di norma il bolentino di profondità si divide in pescatori di cernie e pescatori di occhialoni. Qualcuno però approfitta delle batimetriche più impegnative per tentare la sorte e sperare che all’amo abbocchi qualche insolita preda, purché commestibile e comunque grande. Di solito, sia per gli uni che per gli altri, il risultato è soddisfacente. Magari ci si deve accontentare, nonostante la specializzazione, di quello che passa il convento, ma difficilmente si rientra a mani vuote. Spesso, infatti, quando si va a occhioni, si catturano anche altre specie, vedi appunto mustele, surelli e capponi, tanto per citarne alcune. E si rientra in porto comunque soddisfatti. Però, può succedere che… Può succedere che, pur avendo pescato con soddisfazione, il rapporto abboccata/cattura sia mediocre, sotto la media. Come dire: ho allamato tante prede ma ne ho messo a pagliolo solo la metà.
E questo succede spesso con gli occhioni. Di fatto, il pinnuto in questione, è per sua natura predisposto a indesiderate fughe. Infatti, quando si lancia sulle esche e allunga la bocca per l’estroflessione delle mascelle, l’amo s’inserisce nei tessuti molli di quella “prolunga” o tubo boccale, che in risalita spesso si lacera per via delle violente testate tipiche della specie. Si capisce e si giustifica, a questo punto, che la slamata sia purtroppo frequente. Del resto, la colonna d’acqua, per bene che vada misura come minimo 100 metri e la risalita dura per conseguenza diversi minuti. Un tempo lunghissimo durante il quale può succedere di tutto, come l’attacco di un grosso predatore sui pesci allamati, con epilogo immaginabile, oppure, con molta più frequenza, la perdita di uno o più occhioni. Ma, sempre a questo punto, è anche indispensabile trovare un rimedio. Così come hanno fatto i nostri amici e colleghi appassionati di pesca sportiva al tonno. Infatti, se per noi perdere un pesce è solo un fastidio, per chi va a tonni è una iattura insopportabile. Loro hanno risolto o limitato il problema già da diverso tempo, con l’adozione di un amo molto particolare chiamato circle hook.
“L’aspetto vincente del circle hook è che difficilmente viene ingoiato e una volta stretto in bocca, tende a ruotare, tanto che, alla fine, si infilza di lato, alla base delle due mascelle, con una presa alla quale è difficile sottrarsi”.
Questo, a differenza degli ami tradizionali, che presentano la punta parallela al gambo, ha la caratteristica di avere la punta ruotata di 90°, quindi rivolta verso il gambo. Per via della sua foggia non viene ingoiato e quindi, ancorandosi nella bocca, ha consentito ai palangari, primi utilizzatori del circle hook, di poter liberare le tartarughe, specie protette, che accidentalmente finivano nei loro attrezzi. Da lì in poi, l’adozione di quest’amo si è diffusa in tante tecniche, a iniziare appunto dalla pesca sportiva al tonno. L’aspetto vincente del circle hook è che difficilmente viene ingoiato e una volta stretto in bocca, tende a ruotare, tanto che, alla fine, si infilza di lato, alla base delle due mascelle, con una presa alla quale è difficile sottrarsi. Per tanto, l’amo circle, non solo garantisce una sicura presa che solleva il rapporto abboccata/cattura, ma consente, ad esempio con gli occhioni, di liberare quelli piccoli che non superano il mezzo chilo, senza comprometterne la vitalità. Oppure liberare altre specie indesiderate e comunque di praticare in scioltezza il catch and release. Perché l’amo funzioni in questo modo è necessario un piccolo e imprescindibile accorgimento. La legatura non deve minimamente vincolare l’amo che invece deve essere libero di ruotare. Così scopriamo che l’amo a paletta non va bene e che il collegamento dell’amo a occhiello col bracciolo, deve avvenire tramite una girella, nelle misure più grandi e con un cappio, negli ami più piccoli.
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