Ereditiamo dal Giappone una nuova idea di pesca che riscontra un enorme successo. Vediamo grazie all’autore di cosa si tratta e quali sono gli aspetti da perfezionare a seconda delle preferenze di ciascuno, a patto che tutto sia vissuto al massimo.
La pesca, si sa, è una passione che si esprime soggettivamente con infinite sfumature, e l’atavico istinto della cattura viene soddisfatto praticando diverse tecniche, frequentando diversi ambienti e anche viaggiando alla ricerca di nuovi luoghi e nuove prede. Non tutti però hanno la volontà o la possibilità di pescare in posti diversi e di attrezzarsi di conseguenza. Molti decidono di vivere quella passione al massimo, dedicando tutti gli sforzi per insidiare una determinata specie ittica o cercando di catturare quelle presenti in un determinato ambiente. Da questi spunti nascono le tecniche più moderne, altrimenti “specialist”, dove un pescatore ha un determinato target, sia esso la preda, l’ambiente o la tecnica. È così che sono nati il carpfishing, il feeder fishing, la pesca alla passata, la pesca all’inglese, il bass fishing e, più recentemente il trout area. Quest’ultima, importata dal Sol levante, si è affacciata nel panorama italiano e europeo in generale, da poco più di un decennio. Possiamo parlare di “fenomeno” del trout area, vista la rapidità e la consistenza con le quali questa disciplina si è diffusa nel nostro paese. Ma andiamo con ordine; cos’è il trout area? Chi ha concepito questo concetto alieutico?

Trout area o area game? - Per “trout area” s’intende in realtà il luogo dove si pratica l’area game, ossia i laghetti privati per la pesca sportiva delle trote. Il termine è stato poi assorbito e utilizzato come denominazione tecnica per distinguerla dalla pesca a spinning generica negli stessi ambienti diventando comunemente pescare “a trout area” al posto di pescare “in area trout”, ossia in un apposito laghetto. Volendo definire la tecnica possiamo parlare di pesca a spinning ultralight e no kill, dedicata esclusivamente alla trota iridea (con rare eccezioni sempre legate a materiale da itticoltura salmonicola) e praticata esclusivamente in strutture private dove i pesci vengono immessi periodicamente allo scopo alieutico. In cosa si distingue da una pesca a spinning ultralight generica? Beh, non solo dall’esclusività di prede e ambienti, ma anche dalle attrezzature, dalle esche e dalle dinamiche che sono tutte estremamente dedicate e massimizzate per le peculiarità di target e luogo. Inoltre, come anticipato, uno dei punti cardine dell’area game è il rilascio del pescato, da effettuare con massima cura e rapidità. In questo è importante sapere e tenere a mente, che il trout area può (e probabilmente deve) essere suddiviso in due grandi filoni: ricreativo e agonistico. Il trout area ricreativo ha paletti meno rigidi, sia come attrezzature, sia come approcci. L’agonismo invece, necessita di strutture apposite, dei veri e propri campi gara ove sviluppare agonismo di alto livello; di attrezzature che coprano tutte le tecniche peculiari della disciplina; di una scelta molto curata delle prede che vengono immesse. In questo, ovviamente, la pratica ricreativa si avvicina notevolmente alla pesca a spinning UL, mentre il lato agonistico amplifica e esalta i picchi caratteristici della disciplina, tecniche e attrezzature.

Le origini - Il trout area ha origine in Giappone, come secondario adattamento dei laghetti privati per la pesca sportiva delle trote. Dico secondario perché, in maniera affine a quanto successo in Italia, il primo approccio commerciale di tali strutture, che nascevano a seguito della diffusione dell’itticoltura, fu ovviamente la pesca libera con esche naturali e non. E mentre in Italia le strutture iniziavano a vietare l’uso di esche artificiali perché molti avventori erano diventati maestri a arpionare le trote nel sottoriva con grossi cucchiaini (o meglio con le grosse ancorette), in Giappone si diffondeva maggiormente la pesca a spinning UL, da cui, poi, ebbe origine l’area game e le strutture dedicate. C’è chi attribuisce questo step al dopoguerra, quando un discreto numero di americani iniziò a popolare aree del Giappone e, gli appassionati di pesca sportiva, non avendo il loro amato bass a disposizione ripiegavano su tali strutture a caccia di trote. Probabilmente la disciplina è maturata in modo progressivo negli anni grazie a appassionati che hanno affinato tecniche e attrezzature e a produttori che iniziavano a proporre sul mercato prodotti innovativi rispondenti alle nuove richieste. In Italia il trout area s’inizia a vedere verso il 2013, grazie a un gruppo di ragazzi abruzzesi che venuti a conoscenza di questa nuova disciplina tramite i video che iniziavano a girare in rete, fanno 2+2 e si attrezzano per proporre nei laghetti delle loro zone, quanto scoprivano di volta in volta .

In Italia - I primi tempi era difficile reperire informazioni e ancor più attrezzature, e tutto passava per il contatto diretto col Giappone. Chi aveva qualche conoscenza reperiva novità, contatti per gli acquisti e, per i più fortunati, attrezzature spedite in via diretta. Il fenomeno però diventò velocemente virale, sia per il concetto innovativo, sia per la possibilità di vivere in modo diverso i laghetti che erano, altrimenti, a appannaggio esclusivo dei praticanti della pesca a striscio e affini, sia per il fascino di attrezzature curate e particolari, dalla leggerezza incredibile e dall’alto appeal anche estetico. In breve tempo iniziarono le prime gare, promozionali, pionieristiche, ma molto convincenti. Nel giro di pochi anni le aziende italiane iniziano a proporre attrezzature specifiche per il trout area, con una diffusione ancora più rapida e estesa della disciplina. Tutto ciò non senza problemi perché non era facile convincere i gestori e quindi trovare luoghi adatti a poter praticare l’attività. Non fu semplice trovare gestori lungimiranti che dessero la disponibilità delle loro strutture per praticare contemporaneamente tipologie di pesca differenti come il trota lago e lo spinning.

Secondariamente gran parte delle strutture presenti aveva dimensioni troppo grandi che non permettevano, unitamente al fatto che la maggior parte dei clienti praticava la pesca da asporto, di avere una densità di pesce utile a praticare in modo adeguato il trout area: non erano, ovviamente, trout areas. Anche la taglia dei pesci immessi non era adattaLe trote presenti erano di misura mista, dalla porzione, fino a quelle big da tre chili e quelle giganti fino a cinque chili e anche oltre, passando per le “dieci al chilo”, rimasugli delle trotelle usate nelle gare di trota lago, ossia pesci intorno ai 100 grammi l’uno. Pian piano sono nati laghetti dedicati, quasi sempre per affiancare e completare l’offerta delle strutture gia esistenti. La gestione ha seguito i dettami delle area trout nipponiche, consentendo lo sviluppo di circuiti agonistici sfociati in campionati nazionali e anche, dal 2021, nei campionati mondiali. Dalle 6 nazioni del primo mondiale “promozionale” del 2021 si è arrivati in sole 4 edizioni a triplicare il numero con 18 partecipanti nel 2024. Oltre l’Italia, che è attualmente numero 1 del ranking mondiale (il Giappone ha partecipato per la prima nel 2024, vincen- do), il trout area è praticata in Europa e con numeri importanti, in Lituania, Lettonia, Romania, Bulgaria, Slovacchia, Germania e Georgia. Ma in numerisono in forte crescita anche in Polonia, Spagna e Belgio.
Italia e Giappone - Come anticipato, i pionieri nazionali della disciplina hanno importato in Italia un po’ tutto il concetto nipponico, copiando le attrezzature ma anche cercando di capire il concetto a base della tecnica e, successivamente, anche regolamenti e modalità di organizzazione agonistica. E’ ovvio però, come abbiamo già accennato, che importare degli elementi tecnici ed organizzativi sia più facile che importare la filosofia che ci sta dietro considerando anche che non è possibile sradicare le radici per impiantarle su un terreno con storia e tradizione molto differenti. Una delle differenze principali sta nella disponibilità stessa del materiale ittico, più che tripla nel nostro paese come produzione annua a fronte di una popolazione che è la metà di quella Giapponese. Questo ha influito molto nella gestione delle strutture dedicate ed anche dei campi gara per quanto riguarda la densità di pesce presente in acqua ed il rapporto fra pesce “fresco” di immissione e quello “stanziale” ossia immesso da tempo.
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