Traina o Scarroccio?

Divenuti sempre più smaliziati, i predatori di fondo necessitano di tecniche sempre più sofisticate e soprattutto di una mano molto sensibile, negli ultimi tempi si è talmente rallentata l’andatura di traina, da preferire lo scarroccio, con ottimi risultati.

Nonostante gran parte dei pescatori sportivi denunci il drastico impoverimento dei nostri mari, alcune specie non solo non sono diminuite, ma sono soltanto diventate molto più sospettose nei confronti degli inganni proposti dai pescatori. Tra queste specie dentice, pagro, cernie, corazziere e perfino grandi orate sembrano essere particolarmente attratti da esche che procedono lentissime e vicinissime al fondo. Da questo nasce la pesca a scarroccio, che seppur limitando la direzione della barca, consente un andamento lentissimo, consentendo alle esche di navigare a pochi centimetri dal fondo. Con l’avvento dei nuovi motori elettrici di prua, che permettono di condurre la barca a velocità di scarroccio controllandone la direzione, questa tecnica sta avendo risultati incredibili. C'è tutta una serie di predatori interessantissimi per la pesca sportiva che prediligono la fascia d’acqua in prossimità del fondo, ne consegue che la loro ricerca deve essere effettuata radendo il fondo. Questi predatori bentonici e semi-bentonici vivono e cacciano a stretto contatto con il fondo sfruttando gli anfratti e le cigliate per celare la propria presenza ad eventuali prede. Alla luce dei fatti risulta molto più proficuo pescare a scarroccio a velocità inferiori al mezzo nodo, e con terminali cortissimi in modo da non permettere all'esca di sollevarsi.

Gran bel sampietro: la prova che muovere un'esca viva sul fondo, molto lentamente, porta ottimi risultati.

Pianori ed affini - Alla luce dei fatti, sostituire la traina lenta con lo scarroccio sembra essere la soluzione che dà i maggiori risultati. Questa tecnica può essere effettuata a qualsiasi profondità compresa tra i 20 ed i 90 metri. Il concetto di base parte dalla conoscenza del fondale e di conseguenza dalla passata da far fare alle esche, spinti dal vento e dalla corrente. Questo non significa che la nostra azione di pesca dovrà essere concentrata in una zona limitata, ma almeno dovremo avere un’idea della conformazione del fondale, delle cigliate e della secca in generale. Verificata la direzione della barca, ci si deve portare ad inizio secca per compiere una passata quanto più possibile ottimale per passare nelle aree in cui potrebbero stazionare i predatori. Sono ovviamente da preferire i grandi pianori che alternano grandi formazioni rocciose a tratti sabbiosi, situazioni in cui la passata è molto lunga e consente un'azione di pesca prolungata.

Affrontiamo la secca - La prima operazione da compiere quando si inizia a pescare su una secca è quella di capire come camminerà l’imbarcazione spinta da vento o corrente. Per far questo ci si ferma in un punto qualsiasi e s’inserisce la traccia sul cartografico. La piccola linea creata dalla traccia, ci segnalerà in modo inequivocabile la direzione che la barca prende. Fatto questo si risale a monte della prima posta da battere, si ferma la barca e si cala. Il concetto di base è quello di idealizzare la passata a scarroccio che si vuole effettuare per passare sui punti individuati e fermare la barca a monte dell’area interessante. Già dalla prima passata si verificherà l’esattezza delle previsioni di scarroccio, correggendo la posizione di inizio nelle scarrocciate successive. 

Il dentice corazziere, purtroppo non è diffuso lungo tutte le nostre coste, ma non si sottrae neanche lui di fronte a un'esca sapientemente trainata sul fondo a bassissima velocità.

I fondali fangosi - Le secche generalmente poggiano su fondali sabbiosi, meta di piccoli pesci grufolatori, che al confine tra roccia e fango trovano ricche riserve di cibo. Questi piccoli pesci sono preda dei predatori più grandi, che compiono rapide incursioni alla base della secca. Tali scorribande durano pochi minuti, in quanto in un contesto di acqua libera, i predatori non hanno anfratti in cui celare la loro presenza alle prede. Anche alla base delle secche la pesca va effettuata cercando con l’eco sia i segni dei grandi pesci, che quelli della mangianza, in special modo se quest’ultimi sono molto vicini al fondo.

 Pesca al tocco - Per ottimizzare questa tecnica è necessario utilizzare canne lunghe, flessibili e di potenza non superiore alle 12 libbre, con piccoli rotanti, oppure canne da bolentino pesante con mulinelli a bobina fissa. Il mulinello dovrà, insieme alla canna, sopperire alla rigidità del multifibre, che sta alla base di questa tecnica. Il multifibre infatti, offre dei vantaggi enormi. Si utilizza multifilamento da 30 libbre, che ha un diametro sottilissimo consentendo di affondare senza problemi con piombi leggeri, nell’ordine di 150 - 250 grammi. La totale assenza di elasticità permette di avvertire in tempo reale la toccata del pesce e di ferrare immediatamente trasmettendo il colpo dalla canna agli ami, immediatamente. Ma è proprio l’assenza di elasticità a diventare un handicap, in particolar modo per chi è novizio di questo filo. Al contrario del nylon, che con la sua elasticità perdona qualche errore di frizione e di pompaggio, il multifibre non consente errori. Ne consegue che il recupero di una preda con tale filo in bobina va eseguito con la frizione molto più lenta rispetto al nylon, tenendo ferma la bobina con la mano durante la pompata ed allentando immediatamente quando il pesce chiede filo. Il multifibre va collegato al terminale mediante una girella. Il terminale, lungo 2-3 metri, sarà tutto in fluorcarbon 0,40-0,50-0,60. La pesca si effettua rigorosamente con la canna in mano o a strettissimo contatto visivo con essa. Molto spesso infatti, il predatore ci concederà una e una sola possibilità di ferrare e la disattenzione potrebbe essere fatale. Per avere una maggiore sensibilità durante lo scarroccio, si può tenere due dita sul multifibre che esce dal mulinello, in modo di avvertire anche le vibrazioni dell’esca negli attimi precedenti l’attacco.

La cernia è anch'essa una classica preda ricercata sul fondo, quindi non stupisce se ad abboccare, qualche volta sarà proprio una bella bruna.

L’attacco del dentice - Il dentice quando è in caccia è in genere molto aggressivo e attacca le sue prede con violenza e decisione. Molto spesso però, la sua aggressione sulle nostre esche non è determinata da una vera e propria esigenza alimentare, ma da aggressività innata e da una forte territorialità che lo porta ad aggredire chiunque entri nel suo territorio di caccia, in particolare durante il periodo degli amori. Questo comportamento è spesso motivo di aggressioni bizzarre che si risolvono con l’uccisione dell’esca senza avere la possibilità di ferrare il pesce. Non è raro ad esempio che il dentice morda esattamente al centro del corpo oppure sulla coda, evitando accuratamente gli ami, altre volte riesce con un sol morso a dilaniare l’esca senza dar modo al pescatore di ferrare. È proprio questo comportamento che ci ha fatto ottimizzare la traina con il vivo, riuscendo ad avere il minor numero di attacchi a vuoto.

In equipaggio, non è raro fare una doppietta di dentici, anche se di specie diversa.

Esche ed inneschi - Le esche vive migliori sono il calamaro e la seppia, ma anche l’alaccia, l’occhiata, la menola, il sugherello e lo sgombro. Non sono da sottovalutare le perchie, i minci, le castagnole, le boghe e tutti i pesci che si trovano in natura vicino al fondo. La seppia ed il calamaro sarebbero ottimi anche morti, ma la loro durata in pesca è facilmente compromessa da pagelli, tanute e tutti i piccoli pesci che li aggrediscono volentieri. Se c’è poco scarroccio il vivo s’innesca sotto pelle sul dorso inserendo il primo amo vicino alla coda ed il secondo più vicino alla testa, mentre se la velocità è sostenuta s’innesca esattamente come nella traina con il vivo, ovvero inserendo il primo amo dal basso verso l’alto a chiudere la bocca e il secondo in prossimità della pinna anale. Un’esca difficile da trovare viva, ma che è micidiale è la triglia, se si dispone di un certo numero di questo pesciolini, la cattura è assicurata. Le esche si possono tranquillamente procurare sul luogo pescando con calamenti da bolentino ultra leggeri ed innescando pezzettini di calamaro, seppia o gamberetto.