Timoneria Idraulica
di Mario Curridori
Barca o gommone che sia, il 40 cavalli fuoribordo è certamente la motorizzazione più diffusa nei piccoli natanti, almeno qui in Italia. E la ragione naturalmente c’è, si tratta infatti del limite di potenza oltre il quale è richiesto il conseguimento della patente nautica entro le 12 miglia. Di fatto, però, la potenza effettiva di questa fascia di motori è andata via via aumentando fino a raggiungere o millantare potenze di circa 70 hp. Grazie a questo notevolissimo incremento di potenza, troviamo il 40 cavalli installato sulle poppe di barche più importanti, fino a raggiungere i 6 metri circa di lunghezza. Tutto ciò senza modificare gli impianti di guida che seguono tuttora e solo per inerzia, la vecchia traccia del collaudatissimo monocavo, riservando solo alle potenze superiori l’adozione della più confortevole e sicura timoneria idraulica o idroguida. Forse, però, è giunto il momento di rivedere gli equilibri ma, prima di tirare le somme, vediamo più in dettaglio di cosa si tratta.
Monocavo
Il sistema cosiddetto “monocavo” consiste in un impianto di guida composto da una più o meno elementare scatola di ingranaggi che demoltiplica i giri del volante e grazie a una lunga vite senza fine che arriva fino al fuoribordo, consente a quest’ultimo di girare a destra e a sinistra.
Idroguida
L’idroguida è un impianto che consente di muovere con precisione e facilità anche i più grossi e attuali motori fuoribordo. Consiste in una pompa collegata al volante di guida che gestisce un flusso di olio circolante in due tubi che arrivano al fuoribordo e che, attraverso un pistone, muove il motore a destra e a sinistra. Si tratta certamente di un sistema più complesso e costoso e per questo finora utilizzato solo nelle motorizzazioni da 100 cv in su. Tra gli aspetti negativi, costo a parte, almeno per la realizzazione base, c’è un aumento dei giri del volante per un’eguale rotazione del motore rispetto al monocavo. Ma, come abbiamo visto, i tempi cambiano e forse è giunta l’ora di rivedere gli equilibri. Partiamo dall’uso comune di un 40 hp che spinge ad esempio un gommone di 5 metri, cioè lo standard del pescatore in apnea e di tanti trainisti e appassionati della pesca a bolentino. A secco, se l’installazione del fuoribordo è corretta, il volante ruota con estrema fluidità, tanto da non far supporre che in mare, a seconda delle condizioni, si possa avvertire un certo disagio. In navigazione tutto è perfetto finché si naviga in scioltezza. La messa a punto è regolare e il motore gira come un orologio. Ma, a ben vedere, a velocità sostenuta, il volante inizia a diventare più impegnativo e richiedere uno sforzo maggiore via via che aumentano i giri del motore. Non parliamo poi di cosa succede col mare mosso. E non arriviamo al caso in cui è necessario andare spediti tra le onde e magari col trim disassato. Situazioni che induriscono il volante e che sottopongono a stress il monocavo. Il fenomeno è ancora più marcato se lo scafo è più lungo (6 metri). A prescindere dall’argomento o dal punto di vista, un metro di differenza, in mare, non è una sciocchezza, e non passa inosservato. Infatti il mezzo è più stabile, più spazioso, più impegnativo, anche in termini di sicurezza. E siccome la sicurezza in mare non va mai sottovalutata, l’ipotesi di estendere l’idroguida, anche al 40 hp, oggi minimo 60, non è roba da scoppiati. Il monocavo, purtroppo, non sempre dà inequivocabili segni di cedimento e se questo si rompe tra le onde, governare anche un leggero 40 hp può essere un’impresa difficile e comunque rischiosa. In commercio si trovano già sistemi di guida idraulica proporzionati al “senza patente”, forse è il caso di prenderli in considerazione.
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