Negli ultimi anni le tecniche di pesca per i cefalopodi, hanno letteralmente spopolato: eging e tataki per prime. Queste ultime hanno convinto anche i pescatori più sospettosi, visto che risultano alla portata di tutti e che in poche ore si possono ottenere ottimi risultati.
Negli ultimi anni le tecniche di pesca per i cefalopodi, hanno letteralmente spopolato: eging e tataki per prime. Queste ultime hanno convinto anche i pescatori più sospettosi, visto che risultano alla portata di tutti e che in poche ore si possono ottenere ottimi risultati. In verità, esistono diverse tecniche verticali per i cefalopodi e variano in base al terminale e alle esche utilizzate. In particolare il tataki, l’ika metal e l’ika sabiki.
Tataki - Essa prevede 1 montatura a 3 o a 5 oppai distanziati dai 30 ai 50 cm con terminali che vanno dallo 0,25 fino allo 0,35 in fluorocarbon, con la possibilità di unire gli oppai direttamente alla lenza oppure a uno snap col classico nodo dropper loop. Quest’ultimo metodo è molto versatile, in quanto permette di intercambiare gli oppai in maniera agevole. In questo specifico caso i bracciolini non devono superare il centimetro, questo perché gli oppai devono essere frustati con colpi di canna per richiamare i cefalopodi. Per agganciare il terminale e sostituirlo con rapidità è necessario un moschettone con girella cosi come per il piombo. Il terminale non deve superare di troppo la lunghezza della canna, altrimenti l’imbarco del calamaro diventa più com- plicato. Nell’azione di pesca, risulta fondamentale arrivare al fondo e tenere il piombo appoggiato mentre si frusta la canna, per poi sollevare le esche lentamente, regolarmente. Questo procedimento va ripetuto più volte prima di abbandonare lo spot.
Ika metal - Questa tecnica prevede una montatura identica a quella del tataki, ma i braccioli, in questo caso, sono lunghi 7 cm, con la possibilità di inserire anche i toto sutte che hanno un nuoto diverso rispetto agli oppai. E, al posto del piom-bo, ci va un’omori sutte, una sorta di oppai piombata e con girella incorportata. Con questa montatura, caratteristica per i braccioli più lunghi, il movi- mento deve essere morbido e accompagnato, necessariamente staccando la parte piombata dal fondo.
Ika sabiki - Anche in questo caso è prevista una montatura identica a quelle precedenti, piombata, ma con braccioli ancora più lunghi, 10-20 cm, in modo tale da permettere alle totanare di spaziare nel fluido e fluttuare con maggior eviden-za. L’esca ideale è il toto sutte, l’upper, o i classici egi, non piombati, che necessitano di un movimento per essere animati. Spesso, dato che preparo da me le montature, mi diverto a mischiare le carte, alternare il piombo a un’ika metal, mettere i toto sutte insie-me agli oppai… Insomma, conoscendo queste 3 tecniche, in maniera consapevole siamo in grado di unirle e creare una nostra montatura, anche perché il calamaro è il primo a mischiare le carte, variando le sue abitudini senza darci poi troppe certezze.
In azione - È buona norma utilizzare sempre 2 canne, con montature diverse tra loro. Io, nella prima metto una classica montatura da tataki e nella seconda un ibri-do, cioè una montatura da ika metal ma al posto dell’omori sutte piombato, una classica zavorra. Questo perché la canna con la montatura da tataki va gestita in continuo, mentre l’altra, “abbandonata” sul portacanna, con un minimo di moto ondoso e un po’ di corrente sul fondo, riesce a tenere in movimento le esche, rimbalzando, con le totanare in un assetto orizzontale. Un aspetto imprescindibile per un buon risultato è la ricerca con l’ecoscandaglio. Non esiste aspettare che la preda passi sotto la nostra imbarcazione. Un buon ecoscandaglio con una buona sonda ci permette di trovarli e riconoscerli, anche se marcature e settaggi variano a seconda del sistema. Ma una cosa è certa: il calamaro non ha la vescica natatoria! Il che si traduce in una marcatura particolare, tipica del proprio tipo di elettronica. Una volta individuato il segnale, sapremo quando fermarci per calare le esche. Dalle mie parti, nel sudovest della Sardegna, i calamari si trovano su batimetriche che partono dai 20 e arrivano fino a oltre i 50 metri, soprattutto nelle ore di luce forte. Di solito si trovano sui fondi regolari o su cadute che digradano lentamente, su misto di posidonia, sabbia e fango, molto spesso in mezzo al foraggio: sugherelli, sgombri, boghe ecc..
A questo punto ci sono due opzioni: per coloro che hanno anche l’alternativa del motore elettrico basterà impostare la funzione ancora (spot lock) allo strumento sulla marcatura per poi, una volta ancorato, calare le esche. Invece, per chi non ha o non vuole utilizzare il motore elettrico, sarà opportuno avere grande prontezza di riflessi, mettersi in corrente e iniziare a fare la ricerca. Una volta che spuntano le marcature basta aprire subito l’archetto del mulinello e dare un colpo di retromarcia in maniera tale da verticalizzare la lenza per poi staccarla. Sempre con l’aiuto della retromarcia, in verticale, una volta toccato il fondo, dovremo lasciare lì il piombo e frustare svariate volte la canna, così da imprimere il giusto movimento agli artificiali, per mettere in tiro la lenza e sollevare le esche lentamente. Di solito io lo faccio 2-3 volte e se non arriva la mangiata mi sposto e ripeto la stessa azione. Quando arriva la mangiata dovremo, con prontezza di riflessi, recuperare subito mantenendo la tensione del filo costante, così da non far sganciare il calamaro, ma neanche strappare il tentacolo. Una volta sotto barca, occorre issarlo a bordo, sperando che frequenti spruzzi non ci colpiscano.
Attrezzatura - Qui si apre un mondo, sia d’interpretazioni che di preferenze di utilizzo, per cui consiglierei mulinelli da casting, per la velocità in discesa e per evitare le parrucche, guidafilo e frizione magnetica. Vedi il Daiwa Fune xt 150, compatto leggero e con recupero mediamente lento (4,8:1 pari a circa 50 cm), frizione a stella, manovella lunga, pomello comodo. Il filo è un trecciato 8 capi sottile, vedi l’Avani eging di Varivas pe 0,8 o pe 1, mai oltre. Fluorocarbon Avani eging, shock leader Varivas 0,26 o 0,28 raramente 0,30. Girella di giunzione e girella del piombo Five swivel Yamashita 1 o 1/0 che ha 5 barilotti in tandem che permettono di scaricare le torsioni del piombo ma soprattutto del calamaro che spesso durante il recupero si gira nell’artificiale. Snap di Nt stive, misura 2 o 3. Piombo da 100 fino ai 200 g. Per la canna va bene una 2 m con azione nervosa sul fusto per “sbacchettare” a dovere e punta morbida ma molto sensibile per avvertire le mangiate anche durante i momenti di apatia, vedi la Solid Tip di Borderline Fishing che racchiude tutte queste caratteristiche.
Esche - Preferisco acquistare un oppai poco più costoso fidandomi di chi c’è dietro e del fatto che non si sia limitato a colorare con delle vernici fluorescenti dei pezzi di plastica flottanti. In caso contrario me li auto-costruirei. Ricordandoci che i Giapponesi oltre ad essere i pionieri di queste tecniche sono anche quelli che investono di più in ricerca e sviluppo di tutte queste chicche che ci piace usare.
Consigli - Tra un’uscita e un’altra, cambia spesso le parature perché il calamaro usura il fluorocarbon. Pulisci sempre i cestelli degli artificiali perché il nero, che spes-so rimane, per i calamari è segnale di pericolo. Assicurati che non si siano piegati i cestelli. Usa sempre artificiali diversi tra loro per capire quale, in quel momento, va di più. I calamari si trovano durante tutto il giorno ma ai cam-bi di luce sono più facili e durante le ore di luce preferiscono stare su batimentriche più alte. Distanzia sempre il piombo dal primo artificiale in funzione anche del fondale, ad esempio, se c’è posidonia risulta più adeguato staccarlo di almeno 50 centimetri.
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