La sicurezza in mare dipende anche dalla conoscenza delle leggi che regolano il comportamento dell'unità galleggiante, sia essa una barca in vetroresina o un gommone.
Archimede, col suo noto principio, ci dice che un corpo immerso in un fluido, riceve una spinta dal basso verso l'alto di intensità pari al peso del volume di liquido spostato; il peso del liquido spostato in caso di un corpo galleggiante come quello delle imbarcazioni, è pari al peso del corpo stesso (dislocamento). Il problema dell’equilibrio di un corpo immerso, quindi di uno scafo, nasce dal fatto che le due forze in gioco, peso del corpo e spinta di galleggiamento, non sono applicate nello stesso punto. La prima (peso), è applicato al baricentro del corpo “G”, la seconda (spinta di galleggiamento), in un punto definito centro di spinta che si trova sempre sulla verticale del cosiddetto centro di carena “B” (la carena è la parte immersa di uno scafo). Il corpo trova un equilibrio quando baricentro “G” e centro di carena “B” sono allineati sulla verticale (fig. 1). Due sono le cause che possono cambiare questa condizione di equilibrio: uno spostamento di peso (di baricentro) oppure uno spostamento del centro di spinta, che deriva dal cambiamento della forma della sezione immersa dovuto ad uno sbandamento causato, ad esempio, dal moto ondoso o dal vento. (fig 2 – 3 - 4). In pratica succede che se durante queste variazioni il baricentro si trova esterno (dalla parte dello sbandamento) rispetto al centro di carena, lo scafo si rovescia trovando un’altra posizione di equilibrio diversa da quella iniziale e sicuramente meno gradita. Se invece, come normalmente avviene in uno scafo correttamente progettato, il centro di carena in caso di sbandamento si trova esterno rispetto al baricentro, l’equilibrio è stabile, nel senso che le due forze “lavorano” per trovare di nuovo un allineamento verticale. Questo allineamento tornerà ad essere uguale a quello iniziale se lo sbandamento è dovuto ad una causa temporanea (onda o raffica di vento), oppure potrà trovare una nuova posizione in caso di spostamento di peso permanente o di azione costante del vento su vele o sovrastrutture. Non è questa la sede né vi è interesse a trattare anche i casi di equilibrio indifferente, di corpi neutri o totalmente immersi, e di tutti gli altri argomenti correlati che non siano propedeutici alla corretta lettura del nostro articolo.
La stabilità - Parlare di stabilità senza tirare in ballo formule, grafici e grandezze fisiche non è semplice e comporta il rischio di esporre un argomento in modo inesatto o incompleto. Cercherò comunque di andarci leggero, riportando le grandezze indispensabili nelle figure a margine del testo, cercando di sviluppare il discorso dal punto di vista per quanto possibile intuitivo. Proviamo: cosa si intende per stabilità di un natante? Prima di rispondere frettolosamente vi do la definizione corretta del termine stabilità: un natante è tanto più stabile quanto maggiore è la sua tendenza a ritornare rapidamente nella posizione iniziale (piano di galleggiamento di progetto) dopo che una causa esterna ne avesse determinato l’allontanamento. In base alla definizione data diventa chiaro che lo scafo dal rollio più “duro” è anche più stabile, rispetto a quello che oscilla mollemente. In questa sede ci occuperemo di stabilità trasversale, responsabile appunto dell’entità del “rollio” dell’imbarcazione, visto che normalmente tale caratteristica è molto più critica rispetto a quella longitudinale da cui dipende il “beccheggio”. Discuteremo solo di stabilità iniziale (metacentrica... ops...) per piccoli angoli di sbandamento, diciamo 10°, massimo 15°, in quanto la trattazione della stabilità ad angoli maggiori è argomento che interessa più il progettista navale che il lettore di una rivista specializzata. Sull’effetto che ha la velocità dell’imbarcazione sulla stabilità discuteremo in un prossimo articolo dedicato alla tenuta di mare. E interessante invece, in questa sede distinguere fra stabilità di forma e di peso.
Stabilità di forma - Più una sezione immersa, a parità di area, è distribuita in larghezza, più darà luogo ad un comportamento stabile (caso estremo quello del catamarano); è evidente che questo comportamento dipende solo dalla geometria della sezione per cui prende appunto il nome di stabilità di forma.
Stabilità di peso - Esaminando attentamente le figure 2-3-4 si può osservare come ad un baricentro più basso corrisponde un braccio della coppia raddrizzante (quando ci vuole ci vuole) più favorevole e viceversa, quindi baricentro basso significa maggiore stabilità (caso estremo quello di barche appositamente zavorrate per essere non capovolgibili). Essendo questa qualità dipendente dalla distribuzione dei pesi prende comunemente il nome di stabilità di peso. Anche in questo caso non ci lasceremo prendere la mano dai mille esempi e casi possibili in quanto la sintesi riportata dovrebbe essere sufficiente ad affrontare l’argomento centrale dell’articolo.
Stabilità iniziale - Prima di affrontare la lettura di queste righe è opportuno, per chi non fosse ferrato sull’argomento, dare una scorsa ai riquadri su equilibrio e stabilità dei corpi immersi ed alle figure complete di didascalie esplicative; questi strumenti dovrebbero, nel loro complesso, fornire le nozioni minime sufficienti ad una corretta comprensione di quanto vado ad esporre. Per non girare inutilmente intorno all’argomento comincio subito con una affermazione che considero incontestabile: sia che dipenda dalla tipica forma della sezione (fig. 4) che dal fatto di avere il baricentro in genere più basso, a parità di larghezza al galleggiamento un gommone è più stabile di una barca rigida; questo fatto oltre che intuitivo è confermato dall’esperienza quotidiana ed è, al bisogno, dimostrabile con formule e grafici; ne consegue che scrivere un articolo dedicato a comprovare o enfatizzare questo fatto non avrebbe gran senso e quindi non lo farò. Quello che invece mi preme sottolineare è che questo vantaggio è tanto più accentuato quanto più il nostro gommone sia progettato e costruito in ossequio a quelle caratteristiche che ho elencato in apertura e che costituiscono il filo conduttore di questa serie di appuntamenti.
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