Spinning al Siluro
Originario del Danubio, vive ormai nelle acque di quasi tutta Europa, in grandi fiumi come l’Ebro in Spagna, oppure in Italia nel Po (e tutti i suoi affluenti) e nell’Arno. Sono stati catturati alcuni esemplari anche in laghi e corsi d’acqua di Finlandia e Danimarca, fino alle lontane regioni della Grecia settentrionale e della Turchia. È stato introdotto addirittura in alcuni paesi fuori dall’Europa, come Algeria, Cipro, Tunisia, Cina e Afghanistan. Stiamo parlando del siluro, il più grande predatore d’acqua dolce del vecchio Continente che in tutti gli spot che abbiamo appena elencato si è introdotto in gran numero sconvolgendo la fauna ittica. È diventato il predatore all’apice della catena alimentare soppiantando specie autoctone come il luccio, il persico trota o la trota marmorata. È ormai molti anni che sono in corso studi e ricerche approfondite da parte di enti preposti, per verificare quanto questo super predatore influisca negativamente sull’ecosistema di fiumi e laghi italiani. C’è chi si schiera a favore del siluro e chi contro, da parte nostra non vogliamo entrare in questo delicato argomento e, mentre aspettiamo notizie e documenti ufficiali che facciano chiarezza, ci limitiamo ad analizzare i sistemi migliori per catturare il “baffone” con la canna da spinning.
In Sardegna non ci sono...
Per ora nelle acque dolci in terra sarda non si sono verificate catture di siluri e, vista la confusione che si sta verificando nel resto d’Italia tra pareri pro siluro, pareri contro, leggi non chiare e studi ancora poco approfonditi, ci auguriamo che nelle acque interne della Sardegna si continuino a pescare predatori “del posto” come black bass e persico reale. Per dovere di cronaca è bene ricordare che il black bass o persico trota è anch’esso un alloctono: è originario dell’America Settentrionale dove è presente dalla regione dei Grandi Laghi alla Florida centrale, dal Nord Dakota al Texas e al Messico nord-orientale. È stato introdotto in Italia agli inizi del ‘900 e sulla nostra isola tra il 1962 e il 1966. Per via della sua grande combattività è diventato il pesce simbolo dello spinning moderno ed è ormai considerato un pesce “italiano” perché presente ormai da più di 100 anni (40 in Sardegna). Tornando a parlare del siluro, possiamo quindi constatare che per ritrovarsi a fine lenza un esemplare da cardiopalma dobbiamo uscire da confini regionali e dirigerci sulle acque del Po o, meglio ancora, sconfinare ed andare sulle limacciose acque del Rio Ebro in Spagna. In questi posti esistono centri di pesca sportiva (possiamo trovarli facilmente su Internet) che forniscono un ottimo servizio guida, oppure la possibilità di affittare un’imbarcazione per un più avventuroso fai da te. Il nostro consiglio è quello di affidarsi sempre a persone esperte perché “domare” la forza smisurata del siluro non è cosa per neofiti della tecnica... Questo super predatore ha ormai appassionato una grossa fetta di lanciatori e lo spinning al siluro è una tecnica estrema che molte volte va al di fuori dai canoni classici della pesca con le esche artificiali. Per conoscere meglio il nostro avversario dobbiamo analizzare le caratteristiche del “baffone” che da questo periodo dell’anno intensifica la sua caccia sia di giorno sia di notte. Vediamo nel dettaglio i suoi sensi principali, vere proprie “armi” che gli permettono di riempirsi la pancia, e concludiamo con le esche artificiali più adatte per la cattura.
Altro che semplici baffi!
Quasi tutti i pesci che vivono a stretto contatto con il fondo (non solo i predatori, pensiamo a carpe e barbi) sono provvisti di barbigli più o meno lunghi. Queste protuberanze servono al pesce per la ricerca del cibo e lo avvertono della presenza di ostacoli sommersi oppure pericoli. Anche il siluro ha i “baffi” e precisamente un paio di barbigli molto sviluppati sulla mascella e due coppie meno pronunciate che spuntano dalla mandibola. Quelli più lunghi della mascella sono mobili e sono sensori molto ricettivi. Per spiegarci meglio, possiamo paragonarli a dei radar che captano la presenza di eventuali prede. A completare la funzione dei lunghi barbigli ci pensano i quattro più corti posti alla base dalla mandibola. Sono in grado di captare i segnali a breve distanza e quindi di individuare una preda ferma sul fondo oppure che si muove molto lentamente. Caccia a parte, alcuni studi sembrano dimostrare che i lunghi barbigli funzionano anche da mezzo di comunicazione tra i siluri: se puntati in avanti assumerebbero un atteggiamento intimidatorio verso un altro esemplare, mentre ribassati e paralleli al corpo dimostrerebbero una sorta di sottomissione.
Vista da Mr Magoo
Sicuramente il senso meno sviluppato del potente siluro è la vista, come testimoniano anche gli occhi molto piccoli “incastonati” in un testone quasi sproporzionato. Questo predatore sfrutta la vista solo per individuare bocconi o possibili prede a un palmo dal proprio naso. Al contrario, il suo sistema uditivo è molto sofisticato. Partiamo da un discorso più generale: i pesci possiedono un orecchio interno che ha il compito sia di percepire i suoni sia di conferire l’equilibrio. L’orecchio interno è composto da tre paia di piccoli ossicini (otoliti) che sono oggetto di studio da molto tempo poiché sono in grado di “dirci” l’età esatta del pesce. Per conoscerla, un biologo specializzato non fa altro che sezionare uno di questi ossicini e contare attentamente gli anelli concentrici, ogni anello “principale” (più marcato) rappresenta un anno di vita del pesce. Gli otoliti hanno anche il compito di “registrare” l’inclinazione del capo e l’accelerazione lineare, conferendo così equilibrio agli spostamenti del pesce, proprio come l’orecchio interno di molti altri animali e... pure di noi esseri umani. Tornando al siluro, gli otoliti sono composti da una matrice gelatinosa contenente numerosi piccoli cristalli di carbonato di calcio. In alcuni ordini di Teleostei, tra cui appunto i Siluriformi, la parte cefalica della vescica gassosa è collegata con il labirinto dell’orecchio interno attraverso l’apparato di Weber, costituito da una serie di piccole ossa derivate da parti delle prime vertebre. Questa interdipendenza funzionale tra vescica gassosa e labirinto è finalizzata, oltre che alla regolazione dell’equilibrio e della posizione del pesce; anche alla ricezione e alla produzione di suoni.
Una serie di sensori
La linea laterale è con ogni probabilità il sistema più antico che caratterizza l’evoluzione non solo del siluro ma di tutti i pesci, ed ha il compito di rilevare segnali pressori e acustici che provengono dall’ambiente circostante. La sua funzione principale è quella di percepire le variazioni di pressione sulla superficie del corpo dell’animale. La linea laterale, come dice il nome, corre lungo ciascun fianco del pesce, dalla zona caudale al capo, dove si biforca in maniera piuttosto complessa. Ciascuna scaglia al di sopra della linea laterale è perforata. Sostanzialmente, la linea laterale è costituita da una serie di piccoli canali che contengono dei neurorecettori, detti neuromasti. Nello specifico, il neuromasto è un organo a forma di cupola che poggia con la sua base larga sulla membrana basale, la sua sommità raggiunge la superficie epiteliale ed entra in contatto con l’ambiente esterno. Questi piccoli organi sono costituiti da una serie di cellule cigliate avvolte in una sorta di gelatina. Le ciglia di queste cellule rilevano gli stimoli esterni sottoforma di vibrazione e li trasmettono al sistema nervoso. Il sistema informa il pesce, fermo o in movimento, dello scorrere dell’acqua sulle sue squame. Tutte queste percezioni sensoriali vengono utilizzate dal siluro per cercare le prede.
Gli elettrorecettori
Per spiegare nel modo più corretto questi particolari organi sensoriali, partiamo sempre da un discorso più generale. Uno dei caratteri sensoriali più primitivi ed efficaci è la capacità, da parte di alcuni animali, di rilevare i campi elettromagnetici. Tra i pesci questa capacità sensoriale trova la sua massima espressione negli squali ma è presente anche in altre specie che usano l’elettricità per cacciare o come arma di difesa (pensiamo alla torpedine). Conosciamo due tipi diversi di elettrorecettori, a forma di ampolla (le Ampolle di Lorenzini) e a forma tubolare, entrambi naturali “prolungamenti” della linea laterale. Le Ampolle di Lorenzini sono, come dice il nome stesso, delle ampolle di tessuto epidermico che contengono un epitelio sensoriale connesso alla superficie del corpo da un canale ripieno di una sostanza gelatinosa (mucopolisaccaride), che ha un potere amplificante. Un pesce in movimento, durante le contrazioni e i rilassamenti dei propri muscoli, emette una piccola percentuale di elettricità, generando attorno a sé un debolissimo campo elettrico. Gli squali sono in grado di rilevare tale campo elettrico e di scovare la preda anche se questa è nascosta sotto la sabbia. Un’altra funzione ipotizzata, e molto plausibile, delle Ampolle di Lorenzini sarebbe quella di percepire il campo elettromagnetico terrestre al fine di guidare gli spostamenti dello squalo lungo le rotte migratorie durante determinati periodi dell’anno. Tornando al siluro, sembra che nel “baffone” esistano delle strutture molto simili alle Ampolle di Lorenzini di cui sono dotati gli squali. Sono distribuite su tutto il corpo e si concentrano in modo particolare sulla testa. Sembrano in grado di percepire anche i campi elettrici più deboli e quindi anche quelli generati dalle prede più piccole. Addirittura, pare che percepiscano i tenui campi elettrici dei metalli immersi in acqua, come quelli che compongono gli scafi di molte imbarcazioni. Forse questo spiega la strana curiosità del siluro nei confronti di determinate barche che passano o si fermano sopra la loro testa.
Artificiali vincenti
A questo punto abbiamo tante informazioni utili e possiamo azzardare delle conclusioni per quanto riguarda i modelli migliori di esche artificiali da destinare al “baffone”. Ognuno è libero di usare l’artificiale che più preferisce, ma di fronte a determinate caratteristiche del siluro e in certe situazioni particolari, sicuramente ci sono alcune esche che funzionano meglio di altre. Che siano bocconi in gomma oppure hard bait, la qualità più importante che devono avere tutte le esche da siluro è quella di farsi “sentire”. Un grosso shad montato su un’imbracatura tipo Drachkovitch e appesantito da uno o più piombi a pallettone, sicuramente crea una serie di vibrazioni che vengono ben percepite dal siluro. Se poi pensiamo a un crank con paletta deep che allo scodinzolio frenetico aggiunge il “dolce” suono dei rattlin, il potere attirante potrebbe essere ancora maggiore. Il punto di partenza è usare un’esca che certo non passi inosservata e che in acqua crei sicuramente più vibrazioni di un minnow da black bass. Per fare alcuni esempi, possiamo dire che quando il fiume si alza e le turbolenze aumentano, l’esca migliore è un “chiassoso” crank dotato di rattlin interni perché in questo caso dobbiamo far sentire molto bene la presenza del nostro boccone al siluro, distratto da tanti altri rumori. In condizioni di calma piatta, cioè quando le condizioni del fiume sono nella norma, ma soprattutto nel periodo invernale, quando il “baffone” preferisce bocconi che non scappano via come minnow o crank, è meglio presentare un esca che si muove più lentamente, come grossi grub o shad montati su jig o su imbracature tipo Drachko. Oltre alle condizioni del fiume, dobbiamo considerare anche le situazioni particolari. Per esempio, nel periodo che precede la frega (all’incirca prima di aprile) il siluro è piuttosto nervoso e per stimolarlo all’attacco non esiste cosa migliore di un’esca di reazione, come un crank con paletta di tipo deep lungo dai 5 ai 7 centimetri.
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