Spigole nella Schiuma
Come ogni anno, seguendo una ciclicità che ben conosciamo, siamo nel bel mez-zo della stagione della pe- sca alla spigola con esca viva. L'inver-no che ancora per un mese abbondante ci accompagnerà, per la verità non si è manifestato con temperature troppo rigide, anzi. E le piogge abbondanti di novembre e inizio dicembre sono state seguite da un’ampia “finestra” di tem-po mite. Eppure bastano un paio di giorni di vento sostenuto, uno scroscio improvviso, una momentanea diminuzione della pressione atmosferica, per creare le condizioni favorevoli alla pe-sca col vivo. “Radio pesca”, quell’insieme di notizie raccolte sui social, sui forum e nei negozi di pesca, ci mantiene ben informati e assicura che an-che quest’anno le spigole hanno atter- rato in prossimità delle foci, regalando tante catture. È vero, molti racconti so-no “da pescatori”, un po’ gonfiati, arricchiti e non proprio veritieri. Ma fa- cendo la tara possiamo affermare che anche questa stagione della pesca alla spigola trascorre col segno “+”. Non tutti, per la verità, hanno raccolto quel-lo desiderato. Ma chi può dirsi soddisfatto lo è perché ha seguito alcuni, fondamentali, accorgimenti. A un pri-mo sguardo disattento infatti, la pesca con l’esca viva sembrerebbe una tecnica rozza, certo meno raffinata delle varianti light, dominate dall’utilizzo di terminali leggeri, quasi invisibili e dedicati alla ricerca di prede utili nel mondo dell’agonismo. Ma se ci pensia-mo un attimo, ci accorgiamo che i pescatori più bravi lo sono sia col mare piatto che tra le onde, inverno e estate non contano; i pescatori migliori, quelli sempre presenti nelle classifiche delle gare di surfcasting, sia a picchetto che a campo libero, sanno pescare in tutte le condizioni e applicano lo stesso scrupolo per la ricerca di una grossa spigola, come di una piccola sparlotta, spesso indispensabile per vincere un trofeo. Quindi, anche quando usiamo esche voluminose e braccioli intorno allo 0,35, è necessario seguire alcuni fondamentali accorgimenti. Partiamo dall’esca.
Tanti ma di egual taglia
L’esca classica per la pesca alla spigola è il muggine vivo. C’è chi preferisce procurarsela personalmente, chi la compra. In ogni caso bisogna custodirla con delicatezza. La taglia ideale dei muggini da utilizzare come esca si aggira intorno ai 10, massimo 15 centimetri. In ogni caso scegliamo esemplari tutti della stessa taglia e conser- viamoli in un secchio che sia abbastan-za ampio da permettere all’esca di nuotare con una certa libertà. Se acciden- talmente mischiamo esemplari di diverse dimensioni, quelli più grandi, nel loro nuoto caotico, urteranno i più piccoli indebolendoli in tempi veloci. Attrezziamoci con un potente ossigena- tore (o più ossigenatori) in modo da mantenere una buona turbolenza dell’acqua all’interno del secchio. Se abbiamo la necessità di conservare l’esca per molti giorni sostituiamo parte del-l’acqua con altra nuova, facendo attenzione che la temperatura di quella im- messa non si discosti di troppo da quel-la già presente nel secchio. Durante il trasporto e quindi nel viaggio verso la spiaggia, evitiamo di sottoporre i muggini a bruschi scossoni; se possibile manteniamo una guida equilibrata. Un discorso a parte va fatto sulla quantità d’esca da avere a disposizione. Il calcolo è abbastanza semplice. Il muggine è un’esca delicata, da maneggiare con cura, innescare con precisione, lanciare senza stress. Insomma… una rogna! In condizioni normali, se abbiamo fatto le cose per bene, un muggine rimane ben vispo in acqua per non più di 40 minuti (massimo!). Se pensiamo di trascorrere una notte in pesca, diciamo quindi almeno 10 ore in spiaggia, ogni canna dedicata al vivo avrà bisogno di alme-no 15 esche pronte come riserva. Un’alternativa molto più comoda è l’anguilla. Questa ha tutta una serie di caratteristiche di gran lunga più adatte rispetto al muggine. Nonostante sia un po’ meno facile da reperire, il suo costo è molto minore. Ma soprattutto l’anguilla si conserva più facilmente, anche senza ossigenatore. Quelle più catturati non superano i 20 o 25 centimetri. Una volta innescata, un’anguilla può “durare” in acqua, mantenendo la naturale vivacità, anche per molte ore. Quindi abbiamo bisogno di meno inneschi pronti per la sostituzione. L’anguilla soffre meno lo stress del lancio e la turbolenza delle onde e della corrente. Ma… C’è un solo, ma fondamentale, “ma”. Alla spigola piace di più il muggine. Nonostante alcuni pescatori sostengano il contrario, l’esperienza di- mostra che in condizioni ottimali il muggine fa la differenza. Comunque, che si parli di muggini o anguille, facciamo attenzione alla presentazione dell’esca. Purtroppo si vedono sui social dei video nei quali l’innesco viene fatto nel verso sbagliato. Ricordiamo che la spigola caccia in corrente e quindi aspetta la sua preda frontalmen-te. Questo le permette di ingoiarla con più facilità. Quindi dobbiamo innescare il vivo nel verso giusto e cioè l’amo deve avere la punta rivolta verso la coda.
Qui sopra: Marco Anedda con una spigola pescata a Feraxi Piccola.
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Paratura
La semplicità paga, sempre. La paratura per la spigola è costituita da un solo bracciolo. Questo deve essere il più lungo possibile in modo da permettere all’esca un nuoto naturale. A parità di sezione del filo, la lunghezza sarà determinata da quanta turbolenza è presente in mare. Maggior turbolenza abbiamo, minore deve essere la lunghezza del bracciolo, per limitare le parrucche. Come sezione non esageriamo. Un buon fluorocarbon dello 0,30 ha un carico di rottura da “spigola da copertina”; in più, questa pesca, si svolge per lo più a ridosso di foci, su fondali sabbiosi con pochi ostacoli e quindi possiamo usare fili sottili e “giocare” di frizione con tutta calma. Come amo scegliamo un Aberdeen, il classico amo a gambo lungo con curva ampia e punta affilatissima. La grandezza dell’amo si deve adattare alle dimensioni dell’esca. Non ha senso par- lare di numeri visto che in commercio, al variare della marca, le misure cambiano anche di molto. L’innesco del muggine va fatto partendo dalla coda. Si infila l’amo appena sotto la pelle del muggine, due centimetri prima della coda. Lo si fa fuoriuscire e si infila nuovamente appena davanti alla pinna dorsale, ma mai troppo vicino alla testa. Una volta innescato immergiamo l’inganno nel secchio con acqua e controlliamo che l’esca sia vivace. Nel lancio prestiamo molta attenzione e cura, stando attenti ad evitare un movimento a scatti. Comunque non possiamo pensare di lanciare questa esca troppo lontana. Se abbiamo bisogno di raggiungere distanze maggiori allora diventa indispensabile l’utilizzo dell’anguilla, dalla pelle più spessa e coriacea e quindi più adatta allo stress causato da un lancio potente. In alternativa possiamo usare esche diverse e su tutte seppie freschissime e vermi a-mericani o coreani. Ma dell’utilizzo di queste esche parleremo in un altro articolo. Un’ultima riflessione. Non sempre il punto migliore si trova proprio a ridosso della foce di un fiume. Dobbiamo osservare il gioco di correnti presenti nello spot. A volte in superficie ci sembra che il mare si muova in una certa direzione ma correnti più profonde trascinano i sedimenti in altre direzioni e noi questo lo dobbiamo tener presente. Meglio quindi posizionare le canne abbastanza distanziate le une dalle altre per sondare un tratto di mare il più ampio possibile. L’alba e tramonto sono determinanti ma le esperienze di questi mesi sembrerebbero premiare la pesca “a luce”; sì, proprio in pieno giorno, un’alternativa spesso snobbata che invece val la pena provare. E poi di giorno si può scegliere con più attenzione lo spot, evitando zone con accumuli di alghe eccessive o piane troppo tranquille e sterili.
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