Spigole d'Inverno
Qualche settimana fa, per un malaugurato accidente, una rete di contenimento di un impianto di allevamento ittico offshore si lacerò, liberando in un istante migliaia e migliaia di giovani e baldanzose spigole. Immagino la scena: bambini al luna park. Spazi infiniti, ambienti sconosciuti, un mondo senza rete: da vivere tutte insieme, a stretto contatto di pinne perché abituate alla folla fin da piccole, in uno spazio sempre più ridotto dalla loro crescita; sempre meno acqua e sempre più spigole costrette in girotondi infiniti. Ma adesso no, è una sensazione nuova – avranno pensato – gli uomini la chiamano libertà; non abbiamo neanche un leader, ognuna di noi può prendere la testa della corsa e guidare il gruppo fin quando ce la fa, e poi un’altra e un’altra ancora in una continua alternanza; gli uomini la chiamano democrazia. Ma tutto questo movimento ci fa sentire strane, proviamo tutte, chi più chi meno, una sensazione nuova, mai avvertita prima: gli uomini la chiamano fame. Ma dove sono quelli che ci danno da mangiare? Dovrebbero essere già qui, forse sono vicini a quella rete laggiù, ma si, andiamo, devono essere loro. Gli uomini la chiamano fregatura. Alcuni la chiamano anche in un altro modo ma noi non lo ripetiamo: siamo spigole educate, siamo spigole d’allevamento, mica spigole selvatiche (continua sul giornale).
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