Spigola col Ghiozzo
di Mattia Angioni
Tutto è iniziato lo scorso Natale, quando ho deciso di riavviare il mio acquario marino da 300 litri che avevo fermo da svariati anni. L’idea era quella di creare un acquario da ammirare e ovviamente di tenere le esche vive nel miglior modo possibile. Avendo inserito due spigole il problema del cibo era ovvio: cosa dare da mangiare a due “reginette”? Gamberetti e bigattini sono graditi, ma io avevo un’arma in più, i ghiozzi presi a bolognese non mancano e ho avuto la brillante idea di inserirli nell'acquario. Ma dopo pochi minuti quei ghiozzi erano letteralmente spariti e le spigole avevano la pancia che per poco esplodevano... Bingo! A settembre ho trovato in una nassa un ghiozzo enorme, lungo circa 20 centimetri. Con cura l’ho portato a casa, immesso nell'acquario e l’ho allevato dandogli da mangiare ghiozzi piccoli. L’ho nutrito, cresciuto, nell’attesa del momento giusto per sfoderare il mio jolly. E così sono iniziati i mille calcoli mentali sul dove, come e quando usarlo, anche perché era un pesce molto vispo e aggressivo e avevo deciso di liberarmene, ma sempre nella maniera più proficua possibile.
La notte del ghiozzo
Avendo ormai l'abitudine di controllare il meteo praticamente ogni giorno ad ogni ora, a fine novembre ho notato una bella sciroccata e ho deciso che era arrivato il momento giusto per testare la mia teoria: è possibile prendere una spigolona XXL con un ghiozzo… XXL? L'unica certezza era l'orario. Causa lavoro sono libero dopo le 21, quindi mi sono organizzato per avere tutto pronto e preparato al meglio quando ormai è buio. E così, prima di andare a lavoro, verso le 14, mi sono recato nello spot che avevo scelto, il Poetto, per vedere le condizioni del mare e cercare di capire come affrontarlo. Qualche altra spigoletta l'ho già presa con bibi e cannolicchio, ma questa volta volevo puntare più in alto senza neanche dovermi stressare troppo. Il mare era bellissimo, con onde perfette e neanche l’ombra delle alghe ma con acqua torbida, a causa della mareggiata di Scirocco. Come previsto sono arrivato sullo spot con il mio compagno di pesca Yari alle 21:45 circa e ho preparato immediatamente i calamenti e l'attrezzatura: ho deciso di utilizzare una telescopica Olympus, con potenza 150-200 grammi, abbinata al mio fedele Daiwa Jupiter Z, taglia 6000, imbobinato con nylon diretto dello 0,40, a parer mio l'unico mulinello in grado di assicurarmi di poter trainare praticamente qualsiasi cosa. Per il calamento ho deciso di utilizzare uno short rovesciato di 2 metri dello 0,40, con finale dello 0,37 in fluorocarbon Trabucco XPS Saltwater da 120 centimetri. Prima di lanciare ho controllato ogni singolo nodo e snodo della montatura per assicurarmi che fosse il più resistente possibile, ma anche sensibile. Mi sono diretto verso il secchio con il ghiozzo; era letteralmente furioso, tanto che ho fatto molta fatica ad acchiapparlo per innescarlo. Devo ammettere che quasi mi ha fatto pena, dopo che per mesi l’avevo nutrito ma qualcosa mi diceva che non sarebbe morto invano. Ho innescato il ghiozzo utilizzando l'ago da vivo con occhiello. Ho scel-to di usare due ami in acciaio della Jaguar, gli Aeternum 528/P a paletta, tipo beak del numero 2. La paratura era legata così: il primo amo lo inserisco con l'ago ad occhiello per vivo lungo la spina dorsale, con l'amo che fuoriesce sopra la testa dove inizia la prima pinna dorsale; il secondo, legato su un finale di 30 cm, appuntato nella seconda pinna dorsale e unito al finale principale, creando una forcella. In questo modo ho ridotto lo stress del lancio. Come zavorra avevo un spike da 130 grammi, sia per bilanciare il peso del ghiozzo che pesava praticamente quanto il piombo, sia per avere un piombo che regga sul fondale ma che risulti al tempo stesso fluido da recuperare. Per la fretta avevo preso da casa una sola bustina di starlight, convinto che fosse doppia... in spiaggia, con un solo starlight, la testa mi dice di metterlo ovviamente nella canna con il vivo.
Un blocchetto di cemento
Ho effettuato un lancio accompagnato, posizionando l’esca nel primo canale, a circa 30 metri dalla riva. Ho sistemato la canna nel picchetto, regolato la frizione circa al 70% e ho notato che il ghiozzo nuotando riusciva a muovere il cimino anche se in maniera minima, quindi era sicuramente bello vispo. Dopo circa tre quarti d'ora sono andato a controllare la seconda canna che avevo lanciato, una Falcon Sea 2020 da 180 grammi con il fratellino Daiwa Jupiter Z 5500, ma non ho notato nessuna attività. Proprio in quel momento con la coda dell'occhio ho visto lo starlight muoversi velocemente; sono corso verso la canna che si stava inarcando e ho deciso di ferrare. La sensazione iniziale è stata quella di aver preso un blocchetto di cemento o qualcosa di simile, quando subito dopo ho sentito una forza contraria decisa. Ho tarato la frizione ed è iniziato il tiro alla fune. Il pesce non era lontano da riva e il recupero non è durato tanti minuti ma 30 interminabili secondi. A quel punto mi sono fatto aiutare dall'onda nel gradino ed eccola lì, la mia spigolona XXL finalmente portata in salvo. Dopo la cattura, le foto di rito, le telefonate e i festeggiamenti, sono rimasto un'altra ora per vedere comunque se c'è altra attività, ma ormai i giochi sono fatti. Ho smontato soddisfatto di una cattura da ricordare per sempre, soprattutto per aver avuto ragione su un qualcosa di cui nessuno mi aveva mai parlato e a cui, probabilmente, non avrei creduto nemmeno io: un ghiozzo, una spigola.
Commenti ()