Il grosso predatore col rostro non è certo una preda comune. Richiede un’organizzazione importante, senza se e senza ma. All’autore è andata bene, grazie alla preparazione teorica costruita sui consigli di pochi ma affidabili personaggi. Sentiamo un po’ cosa ci racconta.
Un pesce più di altri, nel corso della mia carriera da pescatore sportivo, era ricorrente nei miei pensieri, come una chimera, e le chiacchiere a riguardo erano mere fantasticherie che per gioco si facevano con gli amici e colleghi. In tutta sincerità, sono stato demotivato fin dal principio ad avventurarmi nella pesca allo spada, un po’ per l’attrezzatura che in testa mia era tanta da procurare, gli spot erano lontani dalla costa e le uscite avrebbero richiesto un impegno in tempo e denaro non indifferente, e un po’ perché le persone a cui chiedere informazioni erano poche, e quelle poche mi hanno dato consigli utili sì, ma molto discordanti tra loro, rendendoli difficili da decifrare. Come tutte le cose nuove in mare, ho capito che l’unico modo per imparare qualcosa, è andare a pesca mettendo insieme le informazioni tecniche e scientifiche di poche persone di cui ci fidiamo, e mixarle sapientemente con un po’ di intuito, buon senso e un pizzico di fortuna. Lo scorso luglio ho avuto la fortuna di avere come cliente, per una settimana, nel mio centro di pesca a Cape Cod, un luminare della pesca al pesce spada, considerato a detta di molti, uno dei numeri uno al mondo: RJ Boyle. Durante le nostre chiacchierate, emergeva la sua curiosità di come un italiano fosse finito a fare la guida di pesca in America, e gli ho raccontato del mio amore per il tonno, nato in Sardegna e sviluppatosi in giro per il mondo. Mi chiese se in Sardegna ci fossero i pesci spada. Io gli risposi qualcosa del tipo: “certo che sì! Ne ho visti saltare moltissimi negli anni, in spot sempre diversi. Ne ho allamato qualcuno e preso qualche altro a traina con il vivo mentre cercavo altri pesci. Gli amici con i palamiti ne prendono molti e qualcuno tra questi, si cimenta nella pesca mirata allo spada con la canna, e qualche volta ne prende. Dammi qualche consiglio su come affronteresti uno spot nuovo dove non hai mai pescato.”. Nel seguito di queste pagine, tutte le nozioni tecniche e le mie scelte, sono frutto dei consigli di RJ, degli amici, Sandro Onofaro, Umberto Fama e Max Molinari, i quali, con tecniche diverse, da anni si cimentano in questa bella disciplina. La pesca del pesce spada può essere interpretata in così tante sfaccettature che se dovessi descriverne la metà forse non basterebbero cento pagine; tuttavia dividiamola macroscopicamente in due categorie: la pesca diurna e quella notturna.
Di giorno - Nella stragrande maggioranza dei casi, tolte eccezionali catture in superficie a traina d’altura, durante il giorno il pesce spada vive, caccia e viene insidiato in profondità, tra i 300 e i 500 m, e la tecnica principe è quella americana della calata profonda o “deep drop”, in inglese. Questa tecnica prevede la presentazione dell’esca nella fascia d’acqua prima descritta e per arrivarci si usano grossi piombi a perdere che si staccano una volta toccato il fondo, e un piombo più piccolo da 7-800 g, posizionato a 8-10 m dall’esca, che ci aiuta a affondare la lenza mentre, con l’aiuto di grossi mulinelli elettrici, lo facciamo oscillare a intervalli di 30 o 50 m, recuperando e rilasciando filo. La barca, sia in calata che in fase di pesca, deve essere governata sapientemente, interpretando la direzione e la forza della corrente, pena un grande groviglio di filo e la perdita di molto tempo.
Le esche utilizzate sono molte, tra cui: tentacoli di polpo; strisce ritagliate di pesci azzurri quali tombarelli o alletterati; sgombri, calamari e totani, innescati spesso in combo con un polipetto in gomma morbida a fare da skirt all’amo. Gli ami utilizzati sono solitamente specifici da pesce spada, di tipologia quasi sempre dritta, con rare eccezioni di inneschi con ami circle, e di tipo in line, con la punta, quindi, in asse rispetto al gambo dell’amo. Fondamentale in tutte le pesche dello spada è cucire l’esca all’amo con ago e cotone cerato. Non sempre, ma spesso, questo pelagico “gioca” con l’esca prima di metterla in bocca, colpendola, con più o meno violenza, con la spada. Un innesco poco solido verrebbe fatto a pezzi con pochi colpi di rostro, separandolo dall’amo, cosa che ho imparato a mie spese non capitalizzando la mia prima abboccata di pesce spada qualche settimana fa. Il pesce spada è curioso e viene attratto dalle luci che, nel buio di quelle profondità, rappresentano per molti predatori abissali, delle vere e proprie oasi nel deserto. Sulla lenza, quindi, vengono posizionate solitamente 2 luci con elastici o clip apposite, una più piccola a 2 m dall’esca e una più grande a 10. La mangiata del pesce spada a quelle profondità è timida e leggerissima. Perdere d’occhio il cimino della canna, anche per pochi secondi durante la pescata, può essere deleterio e farci perdere l’occasione del giorno. Per aiutare i pescatori che praticano questa tecnica a vedere le abboccate esistono canne apposite, con schiene molto potenti ma vette morbidissime e sensibili alle minime vibrazioni. La tecnica diurna, tra tutte, è senza dubbio la più affascinante, difficile e ricca di variabili, ma è anche la più adatta per ricercare, nei mesi primaverili, gli esemplari più grandi, quelli sopra i 70 kg.
Di notte - La pesca notturna è senza dubbio di più facile esecuzione, a cominciare dal fat-to che non servono i mulinelli elettrici. Di notte, infatti, i pesci spada, non turbati dalla luce solare, si avvicinano alla superficie e cacciano negli strati superficiali della colonna d’acqua. Il lato negativo, se così può essere definito, è il buio. Mi rendo conto che non tutti han-no il piacere di passare la notte in mare, soprattutto in spot che spesso e volentieri si trovano a diverse miglia da casa, circa 20 nel mio caso. Gli spot rimangono più o meno invariati, compresi tra i 300 e i 600 m, ma in questo caso le canne vengono calate solo nei primi 200 m, a partire dalla superficie. Io, per esempio, pesco con due canne: una spiombata a galla, la cui esca è portata a fondo dal solo peso della luce strobo, e allontanata dalla barca con un palloncino; la seconda alla picca, sotto la bar-ca, con un piombo di circa un chilo, con la quale gioco, scendendo e risalendo a intervalli di 10-20 m, cercando di intercettare la fascia d’acqua in cui i pesci spada stanno in caccia. Nelle due uscite con successo che ho avuto quest’anno, il rostrasto ha abboccato una volta a galla, e una volta sulla can-na alla picca a circa 100 m. Risulta quindi ancora difficile, per me, poter dire quale delle due funzioni meglio. Gli inneschi sono gli stessi descritti prima per la pesca a deep drop, con la differenza che io di notte non ho usato skirt artificiali, e ho lasciato le esche più naturali possibili (sgombri e calamari decongelati nel mio caso).
Attrezzatura - Come attrezzatura ho utilizzato delle semplici canne da traina col vivo abbastanza pesanti, 20 e 30 lb, con mulinelli 20-30 imbobinati con trecciato da 50 lb e terminali in nylon del 120, niente di particolarmente specifico insomma. Il sistema di luci sulla lenza è lo stesso della pesca diurna, con la differenza che di notte si aggiunge anche un’altra luce sotto la barca, che funge da richia-mo non solo per i pesci spada, ma an-che per i piccoli pesci esca e totani, i quali costituiscono senza dubbio una mangianza naturale per qualsiasi predatore lì fuori.
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