Soft Bait
Correva l’anno 1949 quan-do, Nick Creme, pescatore dell’Ohio, stanco di scavare alla ricerca perenne di lombrichi da utilizzare come esche per insidiare i voraci black bass, ebbe un’intuizione geniale: sostituire il vivo con un’esca che oggi chiamiamo “gomma”. Grazie alla collaborazione del famoso Eleuthere Irénée Du Pont, fondatore dell’omonimo colosso chimico, e dopo vari tentativi infruttuosi, riuscì a trovare una mescola plastica adatta a realizzare artificialmente i suoi lombrichi, dando inizio, di fatto, ad un’incredibile evoluzione e trasformazione delle esche. Di anni, da allora, ne sono passati quasi settanta e le softbaits, nonostante tutto, continuano ancora oggi a proporsi in forme ed azioni sempre più diverse, sempre più funzionali. Tanto che oggi non esiste azienda commerciale che non ne abbia nel proprio campionario almeno una serie. E non esiste pescatore privo di una minima scorta. I più incalliti come il sottoscritto, conservano addirittura tante cassette straripanti di modelli, colori e pesi, quasi a scadere nell’accumulo patologico seriale di gomme. Nello specifico della pesca dalla barca, un aspetto importante da evidenziare è quello che vede le gomme protagoniste nelle tecniche verticali. Un enorme successo ha avuto e tutt’ora conserva, l’accoppiata jig-octopus dell’inchiku, e tai-kabura, dove l’ottima qualità “plastica” riveste un ruolo fondamentale nell’efficacia dell’esca.
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