Sinking nella Schiuma
Non mangiano, oggi i serra non mangiano. Li vedo, nuotano a un metro dal mio popper, altre volte vincente. Ma oggi no, nessun attacco, nessuna “schiena” che emerga in superficie. I serra oggi si spostano più in profondità e scrutano le prede in controluce, dal basso. Forse mi sto intestardendo sull’esca sbagliata. È ora di cambiare strategia, il forte vento non mi aiuta a pensare. Quale soluzione dovrò estrarre dalla mia cassetta (più cassette, forse troppe…) delle esche? Possiamo catalogare gli artificiali da spinning utilizzando diversi parametri, come ad esempio il materiale di cui sono composti: parleremo di esche molli (soft) o di dura plastica o ancor più duro metallo (hard). E così potremmo elencare diversi modi utilizzati dagli spinner per separare le esche all'interno della propria cassetta. Ma di sicuro, un parametro molto utile e per questo riportato sempre nella confezione a corredo di una nuova esca artificiale, è la quota d'utilizzo. In generale si distinguono tre varietà fondamentali: gli artificiali floating (abbreviato con la lettera F), i suspending (tra i tre i meno frequenti) e le esche sinking (S). Tre termini inglesi che esprimono in modo chiaro dove le esche trovano il loro utilizzo. Floating stà per esca che galleggia in superficie; suspending è l’artificiale in grado di rimanere fermo, in sospensione a una quota fissata; sinking è il comportamento proprio di un’esca affondante. Fin qui l’interpretazione più elementare che permette di chiarire da subito, a grandi linee, dove andremo a utilizzare un artificiale piuttosto che un altro. Ognuna di queste tre tipologie possiede caratteristiche che superano la banale distinzione in quote. In più, forme, pesi, lunghezze e materiali influiscono notevolmente sulle caratteristiche del singolo esemplare.
Sinking è la risposta giusta
Ora, io mi trovavo nella difficile situazione di chi prepara un’uscita a spinning pensando di anticipare i tempi, valutando spot, condizioni meteo e prede. Lo spot erano dei grossi lastroni lisci, comoda location in scogliera. Il meteo annunciava una leggera brezza di grecale ma tanto leggera non si era dimostrata nella pratica, visto che mi sferzava il viso. Le prede le avevo trovate, ma a differenza del solito, i serra non mangiavano, non attaccavano, si limitavano a seguire le mie esche per poi abbandonare con uno scarto improvviso. Cambio di strategia, si impone una variazione alla routine dichiarata. E allora eccomi a dover riconsiderare opzioni che avevo scartato a priori. Proprio il forte vento mi accende una speranza, riportando la mente a un’esperienza di pochi anni fa, quando durante una grecalata esagerata, con l’amico Stefano, decidemmo di affrontare lo stesso il mare è lui ebbe un epico strike (un dentice…) con un sinking di peso in un mare in burrasca. E allora, più che pensare alla sola quota operativa, decido di affidarmi ad altre proprietà delle esche affondanti. Salvo pochi casi le sinking hanno un peso elevato, in proporzione alle dimensioni. Già modelli sui 15 centimetri “girano” intorno ai 27 o 30 grammi. Questo si traduce in una maggior capacità di raggiungere lunghe distanze in fase di lancio. Altro aspetto importante è la paletta, nei sinking ben evidente. Questa, oltre che tenere l’esca vicino al fondo, la fa vibrare, permettendo di sentire la sua azione anche con molto vento e lontano da riva. Primo lancio: mi accorgo subito che il mio Shore Line Z della Daiwa, grazie ai suoi 27,8 grammi, arriva ben più lontano delle esche fin lì provate. L’artificiale non lo vedo, ma lo sento, eccome! Nuota a quasi due metri dalla superficie e il primo recupero va liscio, nessun attacco. Aspetto una tregua alle forti raffiche ed ecco il secondo lancio. Va ancor più lontano e poi, dopo due giri di manovella, bam! L’attacco tanto aspettato. È vero, stiamo parlando di condizioni particolari, i serra quasi sempre attaccano in superficie. Ma queste righe non vogliono stravolgere le consuetudini; servano invece per riconsiderare esche e loro utilizzi. Non c’è niente di scontato a pesca.
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