Siamo o non siamo?
Siamo o non siamo? Questo è il dilemma! Mentre si avvicina la scadenza del permesso gratuito di pesca italiano, tutt’ora attivo in seguito alle ripetute e forse inutili proroghe, l’Unione europea promuove una ricerca sull’impatto socio-economico ed ambientale della pesca ricreativa nell’UE. 120.000 euro e 14 mesi di lavoro per stilare un documento, il cui titolare sarà noto a breve, dove il fenomeno viene tradotto in cifre. E fin qui c’è solo da sperare che i soldi non finiscano prima che gli scienziati approdino in Italia. Ciò che non mi quadra è che anche questa, seppur meritevole iniziativa, parte da un presupposto che non ci rende merito. Lo studio infatti sarà così intitolato: “Pesca ricreativa e di semi-sussistenza - il suo valore e il suo impatto sugli stock ittici”. Non so se per l’occasione la semi-sussistenza assuma accezioni a me sconosciute, altrimenti dobbiamo intendere un’attività che prevede almeno la metà del prodotto destinato alla vendita. Ciò, pertanto, confermerebbe che alla base, quindi anche in Europa, vale il principio per cui da una parte regna la pesca commerciale, dall’altra tutto ciò che non lo è e quindi anche la pesca ricreativa. Come tutti attenderò gli esiti di questa ricerca convinto che la categoria ne trarrà sicuro giovamento, ma i miei timori, le mie ansie, non si placheranno se non cesserà questa promiscuità che tende a farci ombra e negarci un’identità, pulita e cristallina, diversa e non per forza in antitesi con la pesca commerciale.
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