È notte, fa molto freddo e sarebbe preferibile muoversi di continuo, per mantenere i muscoli caldi e non cedere alla voglia di mollare tutto e tornare a casa. Ma il nostro obiettivo sono le seppie che si pescano nei mesi invernali con le totanare (egi in giapponese) e di notte. Tutto, in questa tecnica, funziona al rallentatore: l’artificiale guadagna il fondo un centimetro alla volta e appena capiamo che è arrivato alla quota operativa (vedremo tra poco qual è quella giusta), iniziamo il recupero lentissimo; se poi finalmente una seppia attacca la totanara, per evitare che la preda si liberi, bisogna continuare col recupero lento e costante; a questo punto si adagia delicatamente il coppo sulla superficie del mare e si trascina la seppia al suo interno.
Questa pesca è un elogio alla lentezza che premia la maestria e la pazienza. Marea e temperatura dell’acqua sono fattori non secondari, ma su tutti, un elemento è imprescindibile se vogliamo godere di molte catture nell’arco di poche ore: la corrente. Le seppie sembrano attivarsi in presenza di questa, come confermano le esperienze dei pescatori che in questi anni si sono dedicati con costanza allo studio dell’eging in “salsa sarda” e che ormai padroneggiano la tecnica. I miei due cari amici Marco Anedda e Marco Cuccu, dedicando preziose ore notturne rubate al sonno, ormai si muovono con destrezza nell’ambiente eging e ci descrivono una paratura semplice da preparare e come usarla al meglio.
Paratura per le seppie - L’idea alla base è che l’artificiale si deve muovere in modo naturale, con un assetto orizzontale e con il cestello degli aghi leggermente inclinato verso il basso. Si utilizza una lenza con sezione intorno allo 0,40. Il moschettone si ingabbia con una brillatura (il raddoppio del filo ottenuto rotolando i due capi di questo con al centro il moschettone) creando un bracciolo lungo circa 15, 20 centimetri. Con un nodo semplice si blocca la brillatura. Una estremità del filo si unisce alla lenza madre. All’altro estremo, lungo 30 cm, si fissa la zavorra, costituita da piombini spaccati. Il bracciolo rimane sempre ben separato dalla lenza madre e in posizione perpendicolare a questa. La paratura può essere preparata anche direttamente sul posto in non più di 5 minuti. Il calcolo della zavorra va fatto osservando le condizioni del momento. Con poca corrente si fissano solo i pallini necessari a trascinare lentamente l’esca verso il fondo; in condizioni di forte corrente la zavorra aumenta. La quota ideale è quella a pochi centimetri dal fondo. E questa paratura ci aiuta a trovarla. Infatti, oltre che conferire alla totanara il giusto assetto, questa configurazione ha una seconda utilità: i pallini di piombo, durante la calata, ci avvertono quando l’esca sta per raggiungere il fondo, evitando che l’egi entri in contatto con questo e minimizzando quindi gli incagli. Non ci resta che individuare i punti nei quali ci sembra che la corrente sia maggiore e lasciare che questa trasporti l’esca, recuperando lenza molto lentamente. Se ci troviamo in un’area portuale, possiamo calare in verticale, a pochi centimetri dal molo e, muovendoci sempre con molta lentezza, recuperare la totanara mantenendola il più possibile in assetto orizzontale. L’attacco della seppia non è violento ma si manifesta con una improvvisa trazione sul filo che deve essere recuperato con calma, senza fretta, lo ribadiamo, lentamente.
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