Sardegna, pensaci tu
Calamità naturali, incendi boschivi, disastri industriali e scempi costieri hanno segnato l’isola nel fisico e nella mente. Da qui nasce una sensibilità popolare, naturalmente riferita all’ambiente, che in un certo senso anticipa i tempi. Così è anche per la pesca amatoriale, ricreativa e sportiva. Ad esempio le misure minime di legge dei pesci, quelle nazionali, sono sempre state superate dalle norme regionali, in senso restrittivo, vedi su tutti i 60 centimetri della Sardegna per la lampuga (Coryphaena hippurus), che doppiano i 30 centimetri proposti dalla Fipsas per la sua attività agonistica e umiliano gli anacronistici 7 centimetri della legge nazionale. È una forma di coerenza isolana che evade da un argomento specifico. In forza di questa sensibilità, però, sarebbe opportuno che la scuola sarda continui il suo percorso magari rispolverando quella tabella delle misure minime dei pesci che non è del tutto priva di lacune e avrebbe bisogno di un aggiornamento. Il documento in questione, infatti, non fa riferimento ad alcune specie che in questi ultimi anni sono diventate stanziali a causa della “meridionalizzazione del Mediterraneo”. E il caso del pesce serra (Pomatomus saltatrix), specie ormai diffusa lungo tutte le coste della Sardegna la cui misura minima in virtù dell’ingiustificato “oblio” (anche nazionale) risulta di soli 7 centimetri. Stesso discorso vale per l’aguglia imperiale (Tetrapturus belone). Scientificamente questo rostrato è quasi sconosciuto, ma, sportivamente, è uno dei pesci più apprezzati nella pesca in traina d’altura, soprattutto in Sardegna. Ebbene nella tabella regionale non compare, al pari di quella nazionale e pur raggiungendo dimensioni di due metri e mezzo, l’attuale misura minima risulta di soli 7 centimetri. In ambiente agonistico però l’aguglia imperiale è giustamente valutata con misure minime che vanno dai 100 ai 125 centimetri. È un evidente suggerimento… Sardegna, pensaci tu.
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