Sale Inglese
Come vi avevo anticipato nello scorso numero, nei prossimi mesi abbandonerò momentaneamente la pesca nelle acque interne e mi dedicherò elusivamente a quella in mare, andando a rispolverare le canne inglesi e quelle da ledgering e proprio in questo numero parleremo della pesca all’inglese in mare.
La pesca all’inglese
Quando negli ormai lontani anni 60/70 arrivò in Italia la pesca all’inglese, ci fu una delle più grosse rivoluzioni nel campo della pesca sportiva, inizialmente agonistica e poi amatoriale. Il grande frastuono che fece questa tecnica tra gli agonisti, fu tale che all’inizio vennero surclassate di gran lunga le tanto amate canne bolognesi e fisse, che fino a quel momento erano le più utilizzate essendo appunto la “bolognese” la tecnica italiana per antonomasia e che tutti gli altri paesi cercavano di scopiazzare. I limiti delle bolognesi e delle canne fisse vennero messi in evidenza proprio con l’arrivo della tecnica d’oltre Manica e ben presto nelle competizioni si incominciò ad utilizzare quasi esclusivamente le canne inglesi che permettevano di insidiare i pesci, con il galleggiante, anche a lunghe distanze e spesso oltre i sessanta metri con una precisione che le altre tecniche non potevano garantire soprattutto in presenza di pioggia e forte vento. Verso gli anni ’80 invece, la pesca all’inglese creò un altro “boom”, ma stavolta a farne le spese furono i pescatori di mare che in men che non si dica riuscirono a praticare, con i dovuti accorgimenti, la pesca all’inglese anche in mare. Ci sono alcune differenze tra le acque interne ed il mare, sia come habitat, vedi ad esempio la conformazione degli spot, che come specie di pesci presenti ed ovviamente per la scelta delle attrezzature bisogna tenere conto proprio di questi fattori.
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