Rocce e Schiuma
di Andrea Piras
Dopo le abbondanti piogge di novembre, il mese di dicembre ci ha regalato delle belle scadute di maestrale, ma nella prima parte del mese le temperature erano ancora troppo elevate. Finalmente, proprio in concomitanza con l’inizio dell’inverno, abbiamo potuto sfruttare la prima vera mareggiata, con freddo e bassa pressione che sono le condizioni migliori per il tipo di pesca che pratico più spesso: il rock fishing. Mi piacciono molto anche le uscite a surfcasting, specie se in buona compagnia, ma quando il vento dell’ovest si infrange sulle scogliere della Costa Verde, mi faccio trovare pronto. E così, grazie al fatto che la scaduta di maestrale coincideva con il mio giorno libero, sono subito corso a procurarmi le esche adatte all’occasione: seppie, cannolicchi e biboni e visto che questo è periodo di spigole, anche qualche mugginetto vivo. Quando sono partito il vento occidentale era ancora teso e c’era molto freddo. Al mio arrivo ho trovato un mare ancora molto “carico”. Per il momento era impossibile pescare ma il bollettino meteo prometteva vento in attenuazione. Sono arrivato sullo spot di pesca a metà mattina e da subito ho iniziato a cercare qualche sarago maggiore. Per me la pesca ai saraghi e una specialità che negli anni mi ha dato belle soddisfazioni. Per questa pesca utilizzo una canna che permette di sollevare di peso, dal mare agli scogli, anche prede sopra il chilo e più. Come esca uso soprattutto la seppia, intera se non è troppo grande o a strisce; anche il cannolicchio è ottimo, anche se meno resistente, tanto che spesso la turbolenza e la forte corrente lo consumano irrimediabilmente in pochi minuti. Durante le prime ore non ho avuto nessun segnale positivo, se escludiamo alcuni pesci da rilascio e qualche murena, una preda comune quando si pesca dalle rocce. Ho quindi deciso di cambiare assetto e punto di pesca, sfruttando le onde di riflesso, che si formano dopo sbattono sugli scogli. Proprio in quel punto ho visto che si era creata una situazione molto interessante, con schiuma e acqua torbida.
La scelta mi ha premiato e, durante la sera, sono arrivate le prime tocche interessanti: finalmente ho pescato i “veri” saraghi, quelli che noi chiamiamo “dai denti cariati”. L’attività è continuata sino al tramonto e poi tutto si è calmato. Il mare continuava la scaduta così ho deciso che sarei rimasto ancora per qualche ora. Ormai già da molto non vedevo più attacchi, ma sapevo che le condizioni erano molto buone e ho deciso di giocarmi la carta “muggine vivo”. In questo modo speravo di invogliare all’attacco qualche predatore. Non è passato molto tempo che ho assistito ad una bellissima partenza. Quando ormai il pesce si trovava sotto di me, nella schiuma a un passo dagli scogli taglienti, ho realizzato che si trattava di una grossa spigola, una preda molto ricercata nel surfcasting, figuriamoci in assetto da rock fishing! Infatti, quando si pesca dalle scogliere, la fase più delicata è quella verticale, quando, alla fine del recupero bisogna issare la preda sugli scogli. E questa volta la cattura superava di molto la pezzatura classica da rock. Insomma, ho dovuto dare fondo a tutte le mie doti di destrezza, esperienza, calma e molta prudenza, per evitare di essere sommerso dalle grosse onde che sbattevano sugli scogli. La pescata era al termine. Un breve scatto da condividere con la mia famiglia del Coxinas e ho fatto rotta verso casa. Credo che il motivo per il quale mi piace tanto il rock fishing sia la possibilità di fare catture inaspettate, non comuni e sempre con un mare fantastico.
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