Il jig scende, scende sempre più giù. Come tocca il fondo la punta della canna si raddrizza. È il momento di iniziare a “pompare”, jiggare in modo ritmico. Una danza che spesso è interrotta da uno strike fulmineo, potente, entusiasmante. Vediamo come avvicinarci all’arte dello shore jigging.
di Christian Laconi - Tra tutte le possibili varianti della pesca con gli artificiali da riva, lo shore jigging è quella che promette le catture più grandi: cernie, dentici, palamite, alletterati, lampughe e la magnifica ricciola. A questo elenco, di per se stellare, andrebbe aggiunto il tonno rosso (Thunnus thynnus), ma per descrivere la pesca al più potente predatore in assoluto ci sarebbe bisogno di uno o più articoli completi. Per intenderci, ho avuto 11 volte in canna un tonno rosso ma ancora non sono riuscito a portare a termine un recupero. In queste pagine vogliamo introdurre la tecnica, mostrando quali canne, mulinelli e artificiali siano i più adatti per iniziare. Intanto vediamo di chiarire cos’è lo shore jigging. È una tecnica che si può praticare dalle scogliere e dalle aree portuali che si distingue per l’utilizzo di esche in metallo che non hanno un nuoto proprio ma vanno “animate” con un sapiente ed energico movimento della canna. Iniziamo quindi a descrivere l’attrezzatura.
Canna e mulinello - Rispetto alla classica canna da spinning, quella da shore deve essere lunga tra 2,7 e 3,2 metri. Un fusto lungo agevola la fase di recupero del jig e permette di gestire al meglio grosse prede anche da posizioni rialzate. La canna deve avere una potenza tra i 60 e i 120 grammi, range di peso della maggior parte delle esche utilizzate. Il mulinello, con misure che possono andare da 5000 a 8000, deve essere molto robusto, dotato di una frizione precisa, un archetto grosso e con la chiusura sicura e una manopola ergonomica. In bobina scegliamo trecciato intorno alle 50 libbre. Personalmente preferisco l’8 fili perché più morbido. Comunque è sempre opportuno aggiungere circa 3 metri di fluorocarbon, con sezione intorno allo 0,60. Il fluorocarbon è più resistente del trecciato all’abrasione, pericolo costante quando si pesca in scogliera.
Colori naturali - Vediamo adesso quali artificiali non devono mai mancare nella cassetta da shore jigging. Abbiamo anticipato che dobbiamo orientarci su grammature da 60 a 120 grammi circa. In questa tecnica ha molta importanza la forma e il colore dell’esca. Sono 2 i tipi di artificiali più comuni: il jig tipo aguglia, molto allungato e quello più tozzo e corto, simile alla sardina. Anche i colori non devono discostarsi troppo da quelli naturali: argento chiaro per i jig allungati che assomigliano alle aguglie; azzurro con striature nere per i modelli che imitano sardine e piccoli sgombri. Solo nei cambi di luce e nelle poche occasioni di pesca notturna si usano colorazioni più vivaci, fluo. Ma, in generale è sempre meglio praticare lo shore jigging di giorno, perché si hanno più possibilità di vedere qualche strike e perché con la luce ci si può spostare tra le rocce in tutta sicurezza.
A fondo e in superficie - Il jig sostanzialmente è un piombo che quindi tende a raggiungere il fondo se non viene in nessun modo sollecitato. È possibile effettuare il recupero in modo da tenere l’esca a diverse quote operative. Una volta lanciata l’esca in acqua si aspetta che questa raggiunga il fondo. Per avere maggiori probabilità di vedere degli strike è preferibile pescare da scogliere che si affacciano su batimetriche importanti e comunque con almeno 15, 20 metri d’acqua. Quando l’esca tocca il fondo la punta della canna si raddrizza; a questo punto inizia il recupero. Con un recupero veloce e con poche pause, il jig tende a raggiungere la superficie ed a stazionarci; al contrario, alternando ampie jercate con periodi di pausa l’esca va su e giù sul fondo. In questo modo è possibile selezionare le prede. Alletterati, palamite e lampughe sono pesci che cacciano in superficie, in branco e in velocità. Se il nostro obiettivo sono loro il recuperò dell’esca sarà frenetico, senza soste o al più con rari stop and go. Al contrario, la ricciola, il dentice, la cernia vanno cercati in profondità o a mezz’acqua. In questo caso il recupero sarà meno ansiogeno con l’esca che toccherà frequentemente il fondo.
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