Quando il gioco si fa duro
Sempre più spesso sento parlare di metri, soprattutto tra i giovani, calcolati con una formula che sta a mezz’aria o, se preferite, a mezz’acqua, dove la variabile di turno è costituita dal valore che sivorrebbe raggiungere ma che varia anche in funzione della credibilità, vera o presunta, nostra e dei nostri interlocutori. Capita così di sentire racconti di pesci strappati dal fondo della loro tana, a oltre venticinque metri, e di vedere inutili tentativi di raccogliere il proprio coltello scivolato su un fondo di neanche diciotto, e dietro la maschera lo sguardo supplichevole di chi un attimo dopo ti parlerà di difficoltà di compensazione o di un fiato non ancora “rotto”. La cosa migliore da fare è raccogliergli il coltello, senza fare commenti, e soprattutto senza risatine o sfottò, per evitare alterazioni nel comportamento o, peggio, innescare una voglia di dimostrare a tutti i costi che sfocia in una sorta di competizione assolutamente pericolosa. Sempre più spesso si sente parlare di fucili sempre più lunghi, di elastici sempre più corti, di metri sempre più elastici. Non per tutti. Mi chiama Bruno De Silvestri; un paio di giorni prima l’ho intervistato sulla sua partecipazione al prossimo Campionato del mondo di pesca subacquea che si svolge questa metà di settembre a Lussino, in Croazia. Sabato andiamo a pesca. Gli dico OK, prendiamo accordi, gli dico ciao. Ciao. Poi ci penso: sabato andiamo a pesca. Sabato mi è chiaro; è l’andiamo a pesca che mi turba: che cosa avrà voluto dire? Opto per un plurale maiestatis (continua sul giornale).
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