Predatori sull'onda
Non è casuale la distribuzione biologica dell’idrosfera. Tutto è messo lì, a puntino, da una regia perfetta, secondo una tecnica la cui semplicità risulta disarmante. Ed è, infatti, la filosofia elementare del sistema che garantisce la sua sopravvivenza anche in seguito agli attacchi dei suoi primi fruitori. Per questo il Mediterraneo, tanto per fare un esempio, non è ancora morto. Giusto perché il suo equilibrio è basato su pochi elementi. Così resiste all’inquinamento e al prelievo sconsiderato e per ora continua a produrre.Per queste stesse ragioni il surfcaster continua a pescare, trovando ancora animali che aggrediscono le esche, da quelli piccoli a quelli più grandi, fino a quelli che nel surf si trovano in cima alla catena alimentare: i predatori. Anche se per gli italiani la pesca dalla spiaggia si identifica soprattutto con la pesca della mormora, quando il mare è mosso e quindi si verificano le condizioni per praticare il surfcasting, le prede possibili diventano tante, molto più impegnative, molto più aggressive dello sparide tigrato. Tra queste ce ne sono anche molto particolari con abitudini essenzialmente diverse dalle prede tipiche del surf. Prede che per il loro comportamento spingono il surfcaster a ragionare diversamente e provare strade che un po’ si allontanano dal mare mosso, ma soprattutto dall’oscurità. Del resto come fare, al buio, a vedere i riflessi argentei di un predatore che sfreccia in mezzo all’onda che si rovescia? (continua sul giornale).
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