Andare controcorrente a volta porta risultati. Anche nella traina col vivo. Ecco l’esperienza pluriennale e consolidata di un affermato angler del Golfo che ripete: “... non fossilizzarsi ai passaggi in corrente”.
Esistono tanti modi di interpretare la traina col vivo. Per me l’essenza di questa tecnica, a prescindere dall’esca e dai pesci, è quella con la canna in mano. Ciò nonostante, capita anche a me di utilizzare ripetutamente il portacanna, ad esempio quando pesco con più attrezzi contemporaneamente, ma trovo che la traina con la canna in ma-no dia la percezione di ciò che succede “lì sotto”, dall’inizio alla fine, e penso che questo sia impagabile. La discesa dell’esca sul fondo, la gestione della stessa con l’ausilio del piombo e la fase di traina per calibrare al meglio la velocità: sono momenti in cui, avere la sensibilità che ti trasmette la canna, può fare la differenza. Avvertire sulla mano che l’esca sta scappando, che sta nuotando male, che siamo troppo veloci o troppo lenti… la canna tra le mani ci suggerisce qualcosa che, con l’e- sperienza, ci permette di regolare ogni nostro movimento e reazione. Utilizzando questa tecnica è dunque fondamentale pescare con attrezzature estremamente leggere ma con una notevole riserva di potenza nascosta. È inutile salire troppo con i diametri perché si va a limitare l’azione di pesca, rendendo tutto troppo facile, una volta allamato il pesce. Per me, in questo genere di pesca, le sensazioni la fanno da padrona e smorzano quella monotonia che tanti riscontrano quando, avendo troppe “armi”, rendono tutto poco adrenalinico, mentre “complicarsi la vita”, in maniera intelligente, è davvero più esaltante!
Attrezzature
Complicarsi la vita in maniera intelligente vuol dire utilizzare fili sottili, ma di altissima qualità, ciò che di meglio offre il mercato; canne e mulinelli leggerissimi e maneggevoli ma, allo stesso tempo potenti per assorbire le fughe devastanti e spesso difficili da fermare di un bestione. Un assetto con cui è improbabile competere in termini di leggerezza, maneggevolezza e potenza è l’accoppiata G750 di Borderlinefishing e il Valiant 400 di Accurate. A parità di condizioni e spot, pescare con un terminale da 0,52 fa una grossa differenza. Rispetto allo 0,70, per esempio, ci sono molte più probabilità di far mangiare un predatore; e se anziché un trecciato da 0,40 usiamo uno 0,26 o 0,28 si riesce a sentire perfettamente come sta lavorando il filo in acqua, quanta resistenza sta facendo, si taglia la colonna d’acqua con molta più efficacia presentando perfettamente l’esca, in maniera del tutto naturale.
Ami e terminale
Nella traina abbiamo adoperato qualsiasi forma d’amo, adeguato ami di altre tecniche, utilizzato modelli storti e dritti, circle o no. Chi pesca si è fatto mille domande e ha buttato bustine di ami dopo averne magari usato uno solo, vuoi perché si spuntava sui palati dei pesci, oppure perché troppo invasivo su alcune esche, troppo pesante, troppo leggero, perché ha slamato pesci… Insomma… dietro la scelta degli ami ci sono mille teorie. Io ne utilizzo solo due tipologie: circle inline e heavy Bkk di misura 8/0 o 9/0 pescando con finale a due ami e il monster circle Bkk di grandezza non inferiore all’8/0 con finale ad amo singolo. Ricordiamoci che le fauci dei nostri predatori sono davvero grandi, pertanto non bisogna aver paura di mettere ami di misura grandicella. Il terminale, come tutto l’apparato pescante, è estremamente semplice e per nulla appesantito dall’utilizzo di ferri per bloccare ami, nodi eccessivamente ingombranti che irrigidiscono troppo, ecc. Il tutto deve essere armonico e sinuoso e assecondare quanto più possibile la naturalezza dell’esca. Allo shock leader di Varivas 40 lb (o al massimo 50) lungo 2,50 m, si inserisce un tubicino di redancia che serve per proteggere il nodo sul ferrante legato con un semplicissimo palomar. Il trainante è legato con un elastico da roubaisienne con 6-7 mezzi colli, stretti al massimo in maniera che sia abbastanza rigido sullo scorrimento qualora il pesce mangiasse lì. Per unire il terminale al preterminale ci vuole una piccola girella che serve a scaricare eventuali torsioni legate alle fughe del pesce e a tenere perfettamente in pesca i movimenti dell’esca, ad esempio le infiniti swiwel di Bkk misura 3, piccole e potenti, hanno tenuta di 90 kg. Come preterminale va bene un nylon da 40 lb, massimo 45, New kuro di Yamashita Maria che risulta elastico al punto giusto per scaricare ancor più in fase di combattimento, laddove necessita chiudere un po’ la frizione; anche qui il palomar risulta il nostro nodo, ma ora tutto il terminale passa all’interno dell’asola così da chiuderlo al meglio. È bene utilizzare un pre-terminale coto d’inverno (8-10 m) e lungo d’estate. Per unire il nylon al trecciato ci vuole un nodo fatto col bobbin knotter, dopo averlo chiuso sullo stesso, non dimentichiamoci di fare un’asola per poi agganciare il piombo guardiano, che sarà lungo da 1 m a 1,5 max. Lo sgancio deve essere fluido, comodo, facile, veloce e deve essere fatto con una sola mano.
Io ne utilizzo solo due tipologie: circle inline e heavy Bkk di misura 8/0 o 9/0 pescando con finale a due ami e il monster circle Bkk di grandezza non inferiore all’ 8/0 con finale ad amo singolo.
La ferrata
Come fare a stabilire quando è il momento di dare la “stoccata” vincente? Ci vuole un po’ di esperienza e un po’ di fortuna, soprattutto le prime volte. Non si deve avere fretta: alle volte si ferra con violenza se la mangiata non è aggressiva, altre in maniera leggera solo per sistemare bene gli ami se la mangiata è molto decisa. Oppure si fa il contrario dell’uno e dell’altro; capiterà anche, in alcuni casi, di dover aprire la frizione per far mangiare bene l’esca prima di chiudere e ferrare… e questo non vale solo per le ricciole. Ci vogliono tante ferrate a vuoto per capire tutto ciò. Avere la canna in mano dà tutte le indicazioni, noi dobbiamo “leggerle” in maniera da ridurre gli errori. Io dico sempre di aspettare il momento in cui sembra che il pesce voglia portarci via dalle mani la canna, ma anche questa non è una regola scritta.
Navigazione
È fondamentale navigare in maniera perfetta, cercando di tenere una velocità costante in assetto di pesca, aiutandosi con piccole ancore galleggianti, riduzione dei giri motore, motori ausiliari o al meglio un motorino elettrico come il Minn Kota; ciò consente di avere una velocità costante per far lavorare l’esca là dove vogliamo, alla velocità preferita: per me 0,8 nodi, max 1,2 con i cefalopodi e fino a 2 nodi se l’esca è un pesce. La prima passata, a parer mio, è la più importante. Va fatta con estrema cura e attenzione, percorrendo la nostra rotta e passando sopra o intorno alla pietra in maniera precisa. Se il primo passaggio è in corrente il secondo va fatto contro, in ogni caso con piccole curve per presentare l’esca totalmente libera.
La frizione
Per evitare spiacevoli conseguenze, la frizione va sempre calibrata in base a tutto il sistema pescante, io la taro tra i 3 e i 4 kg, mai oltre; poi, dopo le prime sfuriate, stabilisco se è necessario chiudere ulteriormente.
Un segreto?
Mai fossilizzarsi ai passaggi in corrente, spesso controcorrente si vincono le partite.
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