Da sempre quella di Pistis è una spiaggia molto battuta nei mesi primaverili. In queste ultime settimane la fama dell’arenile dalle sabbie d’oro è salita agli onori della cronaca per alcune clamorose pescate avvenute in gare prestigiose. Se le condizioni sono giuste questo è uno spot che non delude.
Che si scelga come punto d’accesso il parcheggio nel villaggio di Pistis a nord, o l’area di sosta alla fine di via Scirocco a Torre dei Corsari, la nostra ultima meta è comunque il centro della spiaggia, chiamato dai locali s’Acqua e s’Ollastru. Ci sarebbe una terza via, l’accesso dal villaggio Sabbie d’oro, solo in apparenza più vicino alla meta perché sorge nella parte centrale del lungo arenile; ma da questo accesso il percorso sino al mare è molto accidentato, con alcune alte dune che sembrano fare da ostacolo naturale alla nostra voglia di surfcasting. Ma allora perché sobbarcarsi mezz’ora circa di faticosa camminata sulla cedevole sabbia per raggiungere il punto più lontano dai possibili parcheggi? A un primo sguardo sembrerebbe infatti di trovarci in una spiaggia uniforme, una spiaggia neanche immensa, visto che si estende per non più di due chilometri. Ebbene, i due settori a ridosso delle rocce a nord e a sud sono comunque interessanti ma molto meno pescosi del centro spiaggia. Il motivo è presto detto: un ampio canalone, sempre presente a s’Acqua e s’Ollastru a poche decine di metri da riva, richiama durante le mareggiate prodotte dai venti occidentali, tantissimi pesci. Questi sono attratti nel canalone perché contiene un sacco di cibo trasportato e depositato dalle onde. A seconda che la mareggiata sia più o meno intensa e persistente, la corrente scoperchia qua e là dei tavolati di roccia abbastanza liscia. Sopra di questi stazionano, anche a mare piatto, “palle” di occhiate e sugarelli. Quindi uno spot molto interessante anche in assenza di vento o con vento alle spalle, ma che diventa epico quando il bollettino meteo promette 2 metri d’onda.
Carrello, palle e sportenn - Una sacca con le canne e i picchetti o il tripode, un cassone con mulinelli e tutta l’attrezzatura necessaria, più alcuni beni di sostentamento necessari per superare con energia le ore di pesca. A questi bisogna aggiungere il peso della zavorra, visto che si dovranno usare piombi da almeno 150 grammi, con un vasto assortimento di forme per essere pronti a fronteggiare la forte corrente e le eventuali alghe. Insomma, se non vogliamo trasformare la nostra uscita di surfcasting in un supplizio inumano, è meglio non dimenticare a casa il carrello. Come accennato, il punto migliore si trova a circa mezz’ora o poco meno dai parcheggi; percorso che dovremo fare necessariamente anche a ritroso, stanchi e provati dalle lunghe ore di esposizione agli agenti atmosferici. Mai come a Pistis il carrello diventa un prezioso alleato. La necessità di minimizzare il carico consiglia di avere le idee ben chiare ancor prima di arrivare in spiaggia. La classica configurazione a tre canne da pesca, con relativi mulinelli e qualche bobina di ricambio, in questo caso di adatta alla perfezione.
"La mareggiata rende il fondo sabbioso molto morbido, condizione ideale per l’utilizzo dei piombi a palla. Ma gli stessi vanno controllati con frequenza per evitare che vengano inghiottiti inesorabilmente.".
Come accennato, meglio avere con noi zavorra a sufficienza: piombi a palla da 220 e 200 grammi per le situazioni estreme e sporten da 175 e 150 quando inizia la fase di scaduta. Questa spiaggia “tiene” bene il mare e con le zavorre più pesanti si possono affrontare anche onde da 2,5 metri. Il principio di funzionamento dei piombi a palla è nella loro capacità di affossarsi nella soffice sabbia; per lo stesso motivo bisogna però controllare periodicamente il loro stato per evitare che sprofondino troppo e rendano impossibile il recupero. Questa precauzione è necessaria e ben ripagata: i saraghi più grossi si pescano in condizioni quasi estreme. Il brutto e il bello del surfcasting.
"Una lunga striscia di seppia, bloccata sulle lenza del finale con del filo elastico, rappresenta l’esca migliore in condizioni di mare grosso e può rimanere in acqua, mantenendo inalterato il suo potere catturante, anche per più di mezz’ora.".
Esche da sabbie d’oro - Se il nostro obiettivo sono saraghi e orate, nello spot di Sabbie d’oro ci servono sostanzialmente tre esche: gamberi, seppie e bibi. Il gambero si innesca intero, senza testa e fissato alla lenza con del filo elastico. È un’esca che soffre l’azione delle onde e va controllata con buona frequenza (massimo ogni 20 minuti). La seppia è forse l’esca principe di questa spiaggia. Freschissima, se possibile, si può presentare in molti modi diversi: intera, se non supera i 15 centimetri di lunghezza, innescata su due ami, uno in testa e il secondo in coda; a bandiera e cioè tagliata a forma rettangolare e fissata alla lenza in un lato, in modo da far fluttuare l’inganno sotto l’azione della corrente; a strisce lunghe e sottili, fermate sulla lenza con del filo elastico. Quest’ultimo innesco è il più resistente, il migliore quando ci troviamo in condizioni di mare grosso. Infine possiamo usare il bibi, o meglio quello che in gergo si chiama bibbone. Anche in questo caso abbiamo un ampio ventaglio di possibili presentazioni: intero, se ha una lunghezza non superiore a 10 centimetri; a caramella, tagliando una parte del bibi e bloccando le estremità col filo elastico; rovesciato e sempre fissato con filo elastico, se questa esca è congelata e vogliamo sfruttare i luccicanti riflessi del suo mantello capovolto. A Sabbie d’oro si pesca per lo più con parature a un solo amo e solo se il mare lo permette possiamo aggiungere un bracciolo. Ma la fatica fisica e i sacrifici che questa spiaggia richiede sono molto spesso ripagati. E poi camminare fa bene, sempre.
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