Pesca 2.0
Perché andiamo a pesca? Non della serie “chi me lo fa fare?”, ma in senso più ampio alla ricerca della scintilla che ci fa amare “l’arte della pesca”. La pesca ricreativa ha assunto la sua accezione di sport solo quando ha iniziato a sdoganarsi dal suo concetto primigenio, di cattura per il proprio sostentamento. Per lungo tempo il consumare le prede catturate è stata la conclusione più logica e indiscussa. Se un tempo il portarsi a casa le catture e consumarle era l’ovvia conclusione di una uscita di pesca, ora si è arrivati a maturare pensieri alternativi sulle sorti dei nostri amati pinnuti, concedendo spesso la libertà alle nostre catture. Le tecniche sono diventate sempre più specialistiche, gli appassionati sempre più tecnici, ma una cosa è rimasta sempre la stessa: la voglia di condividere i propri successi alieutici, il bisogno del consenso da parte degli altri, rispetto la nostra abilità di pescatori. Sfido qualsiasi pescatore sportivo a dirmi di non aver mai avuto voglia di mostrare ad amici o familiari una bella cattura. Credo che questo bisogno di condividere il proprio successo abbia origini ataviche, legate fortemente al sostentamento. Già nella preistoria l’uomo andava a pesca, e se riusciva a tornare con qualche cattura la mostrava agli altri membri della tribù, diventando un membro importante della comunità, garantendo il sostentamento del suo gruppo.
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