Seppur difficilmente constatabile, viste le bizzarrie meteorologiche di questi ultimi tempi, si potrebbe ora affermare con discreta sicurezza che ormai la bella stagione è decisamente in arrivo, con tutte quelle aspettative che ogni pescasub coltiva per gran parte dell'anno. E' infatti il momento in cui le acque si fanno più calde, la visibilità aumenta e le prestazioni atletiche sono decisamente migliori; nel contempo fanno la loro più frequente comparsa le prede più importanti ed ambite, le quali risalgono dagli strati più profondi in cerca di cibo o per soddisfare il bisogno riproduttivo in taluni casi. Ancora una volta, si avvicina il momento lungamente atteso da molti sportivi, che potranno finalmente mettere a frutto gli allenamenti ed i sacrifici di un lungo periodo in cui, vuoi per il maltempo o gli impegni di diversa natura, le possibilità di una immersione in mare risultano spesso meno frequenti. Se a ciò si aggiungono poi le comodità di poter finalmente indossare mute più sottili, e conseguentemente una zavorra meno gravosa, oltre quella di non dover soffrire troppo per il freddo durante le fasi di vestizione (spesso nelle primissime ore del mattino), ecco che gli stimoli per una buona nuotata si fanno davvero irresistibili. Inoltre come detto, fortunatamente tale momento coincide (generalmente) con una maggiore presenza di prede, per cui anche le chance di cattura di qualche bell'esemplare crescono decisamente rispetto ai freddi mesi precedenti, in cui molto probabilmente gli incontri importanti sono stati meno frequenti. Già nell'immediato sottocosta, quindi senza necessariamente spingersi in profondità, diventa più frequente appunto l'incontro con le orate, spesso anche grosse, e con tanti saraghi che, a seconda del luogo, tendono ora a presentarsi in grosse “pallonate”, talvolta con gli esemplari più defilati che raggiungono dimensioni esagerate (oltre i due chili, per intenderci…), specialmente nei punti in cui il fondale degrada poi velocemente. Allo stesso tempo, in appena 2 metri d'acqua o anche meno, si presentano nuovamente grossi cefali che in alcuni casi possono arrivare a svariati chili e, in particolari momenti ben conosciuti dai pescatori più assidui, in branchi di diverse decine o addirittura centinaia di esemplari.
“la tecnica più produttiva per le orate resta l'agguato, in superficie o in parete, mirato a sorprendere gli sparidi che si nutrono prevalentemente durante le prime ore del mattino quando”
Tali spettacoli sono ancora possibili, in limitati periodi di tempo ed in zone ben delimitate, e spesso è possibile effettuare più di uno sparo sullo stesso branco prima che esso si dilegui, senza una particolare tecnica, ma semplicemente costringendolo verso una insenatura della costa dove si troveranno in difficoltà per via dell'acqua bassa, permettendoci dunque la cattura. Per quanto riguarda le orate, la tecnica forse più produttiva resta l'agguato, in superficie o in parete, mirato ad ogni modo a sorprendere gli sparidi che si nutrono, prevalentemente durante le prime ore del mattino quando, ancora indisturbate per tutta la notte, grufolano vicino alla costa. Con il sole alto le orate tendono ad allontanarsi, forse perché spaventate da qualche incontro con i subacquei, in questi periodi decisamente più numerosi, e risulterà conveniente tentare qualche aspetto verso il largo. In alcune giornate particolarmente fortunate capita di avvistarne ed avvicinarne veramente tantissime, anche se la cattura vera e propria ci farà spesso faticare, ricordandoci che abbiamo sempre a che fare con una preda molto difficile ed ambita. Una silenziosa discesa su di un posidonieto ed una breve attesa possono tuttavia avere ragione su tale preda, anche se la sua imprevedibilità la porterà a fuggire semmai avvertisse il minimo accenno di pericolo. In una giornata di pesca ideale, perlomeno per quanto mi riguarda, dedico un'ora circa all'agguato nel sottocosta concentrandomi sui saraghi e sulle orate, per poi allontanarmi per qualche discesa più fonda, attualmente non oltre i venti metri, nel tentativo di sorprendere qualche altra preda comune durante questi mesi, tra cui corvine, cernie, dentici e ricciole principalmente. Preferisco le coste con grossi massoni granitici che creano estese franate, lungo le quali effettuo planate di perlustrazione prima di lanciarmi sul fondo per uno sparo in caduta, o semplicemente per appostarmi per un aspetto nel caso non avvistassi alcun pesce. In questo contesto, pare più produttivo il momento del tramonto, durante il quale spesso si avvistano belle corvine, in branco o isolate, mentre si plana verso il fondo ed in certi casi direttamente dalla superficie mentre ci si ventila. Se la caduta è stata eseguita a regola d'arte, silenziosamente e in maniera non aggressiva, si può arrivare a sparare prima che fuggano nei loro rifugi inviolabili, al cui interno solo la mano del buon tanista può avere qualche possibilità di recuperare. Con le stesse condizioni si possono avvicinare le cernie, anche se in linea di massima sono sempre più fonde, e catturarne di grosse (almeno 10 chili) entro i 25 metri pare ormai una cosa fuori da ogni aspettativa. Solamente in certe occasioni se ne ritrovano diverse nei pressi della costa, su fondali più bassi, magari in cerca di cibo in quelle zone dove esso è più abbondante. Resta comunque una preda per gli amanti della profondità e da affrontare una volta raggiunta una certa maturità, per via delle difficoltà e rischi che si corrono soprattutto durante l'estrazione degli esemplari più grossi che si sono intanati. Alla base delle stesse franate, o di scogli isolati, si incontrano invece i dentici, i quali si aggirano in caccia nelle prime ore della giornata, ma si possono trovare anche al tramonto o col sole alto, anche se all'alba pare sia più indicato insidiarli. Risulta importante la considerazione della profondità del termoclino, dal momento che un'improvviso taglio di acqua fredda troppo in alto rispetto al fondo (dove essi amano stare) può voler dire che non ne troveremo in circolazione e sarà opportuno cambiar zona, verso lidi meno profondi. Nelle stesse zone dove si incontrano i dentici può capitare l'incontro con la ricciola, spesso presente in numerosi branchi di esemplari più piccoli, verso cui è conveniente l'aspetto sui cappelli delle secche dove, tra l'altro, possono avvicinarsi altri pelagici come palamite, leccie o tonni. Per chi ne avesse la possibilità, una tecnica vincente è l'agguato profondo, che mescola agguato ed aspetto e si caratterizza per la grande difficoltà e pericolosità di esecuzione. D'obbligo ricordare che questo periodo è il preferito dalla maggior parte dei bagnanti, che già da tempo raggiungono a frotte le coste lungo le quali è vietato praticare la pesca in apnea entro ben determinati limiti di distanza ed orari. Si considerino soprattutto i rischi derivanti dal traffico di natanti, spesso pilotati da capitani poco attenti alla guida, per cui la stessa boa di segnalazione può rivelarsi insufficiente e solo l'indispensabile presenza di un fidato compagno con cui immergersi aumenterà il livello di sicurezza, che necessariamente dovrà essere tenuto piuttosto alto anche in considerazione dei pericoli che la pesca profonda stessa nasconde. In conclusione, un periodo bellissimo per il nostro sport, con tante note positive quali la presenza di prede e la possibilità di liberarsi delle ingombranti attrezzature invernali per cimentarsi con immersioni più profonde, ed alcune negative tra cui i rischi dovuti alla circolazione di natanti nonché i pericoli, più specifici dell'apnea, come malori, sincope e samba, contro cui la presenza del compagno che vigili durante tutta la nostra immersione, resta ancora l'unica soluzione davvero efficace.
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