Non gira pesce
Non gira pesce! Con questa affermazione perentoria, che fa tanto pescatore consumato, Federico riemerse dall’acqua. Sugli scogli, ad aspettarlo, la sua Ica, fidan- zata da poco tempo, per la prima volta con lui nel “suo mare”. Federico si era studiato la scena, da attore di teatro. “Mi sfilo le pinne e salto fuori sugli scogli” pensava, “tiro dentro la pancetta e contraggo i bicipiti...”. Il resto l’avrebbe fatto il sole basso, tipico dei tramonti in costa ovest e la muta da 3 millimetri, perché il nero snellisce, slancia; l’uo-mo nero, si sa, riscuote sempre grande successo sul pubblico femminile. E così fece, in piedi su uno scoglio, in posa, recitò la sua parte: “Non gira pesce! Neanche una pinna... acqua torbida...”. Ica lo guardava e rideva. Non sorrideva soltanto, rideva di gusto e oltre che guardare lui, ogni tanto osservava più lontano, dietro a lui. Istintivamente Federico si voltò e... a neanche dieci metri ecco un’altro pesca- sub, seduto sugli scogli. Non un semplice sub, Nettuno in persona, ogni muscolo definito e ben visibile, anche attraverso il neoprene; ma soprattutto, quella sorta di divinità marina, portava appesa, alla vita stret- tissima, una poderosa cintura di saraghi e corvine. Il confronto era ingiusto, impossibile. Federico si voltò verso la sua bella, i loro occhi s’incontrarono e... non smisero di ridere per tutta la sera. Una sera unica, indimenticabile, ogni tanto interrotta da un “non gira pesce”.
Una formazione costante
Federico Tedeschi, classe 1987, sanverese doc. Il rapporto strettissimo col mare è conseguenza naturale del comune di nascita e della provenienza paterna: babbo Luigi è barese. Quindi, tanto per iniziare, vale la regola aurea: “In una famiglia può mancare tutto, ma non riso, patate e cozze!”. Federico non è un garista e di certo non è un campione, ma rappresenta il prototipo, il modello virtuoso, del semplice pescatore con le pinne, quello “normale”. Il suo non è l’esempio mirabolante, con catture da copertina e racconti di pesci da record. Molto di più. Federico ci mostra come dovrebbero approcciarsi al mare la maggior parte dei pescasub, quelli detti della domenica (che poi, con i ritmi di oggi, manco la domenica...). La sua passione per il mare è stata sempre viva, dalle prime esperienze infantili, fatte di giornate estive, trascorse tra le “roccette” di Mandriola, verso Capo Mannu e oltre. Con babbo Luigi catturava granchi e raccoglieva ricci, ma pochi, solo il giusto per uno spuntino sugli scogli. Ancora non era nata la passione per la pesca subacquea, ma il mare era la meta di ogni sua uscita. I risultati altalenanti a scuola l’hanno costretto ad alcune “pause di riflessione”, da tradurre nel classico “se non studi scordati il mare!”. Una volta raggiunta l’università, Federico ha trovato però la sua strada; le sue due strade, per la verità: quella a terra, fatta di arte medievale e insegnamento; quella in mare, insieme al cugino Stefano, col quale ha iniziato a immergersi. All’inizio con muta e fucile prestati. La scoperta del mondo sommerso ha cambiato tutte le prospettive. Ogni minuto libero, magari ogni fine settimana, non poteva trascorrere senza un’immersione. Quasi sempre brevi uscite nei paraggi ma a volte stava in acqua sino a quando glielo permetteva la muta, combattendo il freddo più con la testa che con la sottile muta. Queste prime esperienze hanno convinto il giovane sardo pugliese che, come nel lavoro, anche a pesca è importante la formazione. L’aneddoto del “non gira pesce”, vero in ogni suo dettaglio, l’ha spinto a migliorare la tecnica. Ica ha assecondato la passione, regalandogli un corso d’apnea di primo livello da Airsub. “Tutti dovrebbero farlo!” afferma adesso Federico con convinzione. Il corso, oltre che dare i consigli basilari per una corretta respirazione e postura, ren-de più consapevoli sui pericoli di una condotta sbagliata, ignorante. Le sedute in piscina sviluppano la sensibilità ad ascoltare se stessi; quelle in mare fanno emergere le potenzialità dell’apnea come disciplina per vivere il mare con assoluto rispetto per questo elemento. Ma c’è di più, il corso ha permesso a Federico di aumentare il raggio d’azione, raggiungendo profondità intorno ai 10, 15 metri, sempre rispettando i tempi di recupero tra un’apnea e la successiva. “Quanti errori, quante cazzate si fanno in acqua” riconosce Federico “se non si hanno almeno delle informazioni base”. Anche la sua attrezzatura ha subito un primo restyling: restituita la logora muta da 3 millimetri, adesso s’immerge con una Seac da 5 millimetri, indispensabile nella stagione fredda. Federico affida i suoi tiri a un fucile Cressi ad aria compressa che spera di sostituire a breve con un modello a elastici, più potente e preciso. Il nostro eroe, se non è con Stefano, si accompagna con un barcaiolo d’eccezione, la sua Ica che lo segue, quan- do il mare e il freddo lo permettono, in canoa. Il mare ancora abbastanza selvaggio dell’oristanese fa il resto. Certo, per lo più i carnieri sono composti da polpi e seppie (buttali via), murene e gronghi che in questa costa possono raggiungere dimensioni notevoli. L’approccio nuovo, più consapevole e rigoroso ha portato un incremento tangibile nelle catture ma soprattutto a una maggiore consapevolezza. I cappotti non mancano, sono un bagaglio insostituibile per tutti i pescatori (dico tutti!). Ma adesso Federico è più attento, guardingo; e quando riemerge dall’acqua senza prede, si guarda intorno, in allerta alla possibile presenza di altri pescasub, prima di recitare il classico “non gira pesce” per poi scoppiare in una risata fragorosa.
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