Nicola Tempesta
Il problema n. 1 per gli appassionati di pesca, in generale è il tempo. È infatti una ristretta minoranza di appassionati che può permettersi di uscire quando vuole, “mane o sera”, mercoledì o domenica. I più sono infatti costretti a organizzarsi in quella piccola, piccolissima finestra elastica di fine settimana, con la speranza che le condizioni meteo-marine siano favorevoli. I più svegli e motivati possono azzardare soluzioni alternative ma nel migliore dei casi si deve cedere a disagi fastidiosi, chilometrici! A meno che… a meno che non si parli di Nicola Fadda, giovane e esperto subacqueo il cui soprannome “Tempesta” la dice lunga sulla sua organizzazione e passione. Il Nicola di cui sopra, nato a Iglesias il 12 dicembre 1989, quindi quasi trentenne, papà di un futuro sub ancora troppo piccolo per saperlo, sta di base a Portoscuso e spende il suo tempo in famiglia, a lavoro nella vicina zona industriale e per il resto… a pesca. A pesca, senza preoccuparsi del mare e del vento, visto che le condizioni avverse, quando capitano, possono a lui risultare, addirittura favorevoli. Nicola inizia la sua avventura subacquea a 8 anni, d’estate, a Portu Banda, accompagnato dal diddino che lo inizia alla pesca, alla scoperta del fondo marino, naturalmente in pochissimi metri d’acqua. Quindi su indicazione dell’adulto scopre le prime tane e i meravigliosi e colorati abitanti tra cui scorfanetti, arrocali, polpi, cernie e saraghi. Due orette di nuoto, di felicità. E così fino a 16 anni circa. 8 anni di tirocinio, sempre al fianco di diddino. La maturità arriva con la sua prima cernia, a Porto delle Donne, alla sua prima uscita in solitario. “Ormai ero indipendente e maturo. Scendevo alla laveria di Nebida: 600 interminabili scalini, in discesa e... in risalita. Ma non li ricordo come un incubo. Nel periodo scolastico uscivo di pomeriggio, e di mattina presto durante le vacanze. Armato di un arbalete da 75, monogomma, scendevo già a 15-18 metri, dove, frugando in tana, su un lastrone di fronte a Nebida, sparo la mia prima preda record, un’orata di 5,5 chili. Già da allora uscivo col mare mosso, tanto che per i compagni oggi sono Nicola “tempesta” Fadda. Una volta patentato e automunito ho iniziato a spostarmi verso Cala Domestica, Sant’Antioco e le bellissime risalite di Carloforte”.
Qual è la tua tecnica preferita?
Preferisco l’agguato, misto all’aspetto, ma mi sento più agguatista. E mi affascina il mare mosso per la sua vivacità, gli scenari sempre nuovi dove l’immaginazione non ha limiti e neanche le sorprese.
Come prepari l’uscita?
Guardo le previsioni del tempo il giorno prima, giusto per capire se posso usare il gommone oppure no. Se le condizioni non lo permettono esco tranquillamente da terra.
Come sei attrezzato?
Ho un gommone, un Jocker Boat da 5,15 metri con un 40 hp Selva, ormeggiato a Portoscuso. A bordo porto almeno tre fucili, Matador, costruiti dal mio amico romano Riccardo Perfetti, pinne, maschera e boccaglio, muta liscio spaccato, mimetica solo la giacca e infine uno sgancio in caso di cernie su fondale profondo. Per l’estate, considerata la mia spiccata acquaticità, uso solo 3 chili di zavorra nella cintura con muta da 5 millimetri. D’inverno invece, per la pesca fino a 10 metri, aumento la piombatura fino a 5 chili in cintura e 4 nello schienalino e cresce anche lo spessore della muta: 8 millimetri per la giacca e 7 per il pantalone. Di recente ho cambiato la maschera e sono passato alla Seac sub, bioculare, in silicone morbido. In barca porto sempre acqua con sali minerali, in tutto 4 litri. Soprattutto d’estate perché pesco fondo e ne sento la necessità. Mi aiuta a recuperare e comunque previene i rischi di sincope e taravana.
I tuoi spot preferiti?
Sono registrati su un Gps Garmin, pochi punti, un centinaio circa, tutte tane di cernie e saraghi. Ho molte mire a terra. In complesso, tra Gps e testa sono almeno 500. Vado spesso all’Isola del Corno a Carloforte, di fronte a Capo Sandalo, sul versante nord occidentale, dove ho registrato molte tane di cernie. Il fondale è misto, con molte guglie dai 18 ai 35 metri, molto irregolare, su base granitica e spacchi anche profondi misti a posidonia bassa. Un posto per l’agguato con ma-re mosso da terra, un punto dove peschi subito. Oppure a Punta delle Oche, sempre a Carloforte, sulla costa che guarda a nord. La pesca qua si fa sui 25 metri e più giù fino ai 35, preferibilmente d’estate per la cernia, animale che, per via delle dimensioni, dà molta soddisfazione. Col mare mosso, d’inverno, mi dedico alle spigole, nella costa tra Fontanamare e Guroneddu, poco più a nord di Capo Altano.
Una bellissima ricciola, pescata a Cala Domestica |
La tua preda più grossa?
Una ricciola di 46 chili, a Cala Domestica, nel 2014. Era settembre, fine settembre, la mia ragazza mi faceva da barcaiolo. C’era una leggera brezza di Maestrale e mi trovavo su un fondale di 24 metri. Stavo controllando una tana nella speranza di trovare una cernia che evidentemente non c’era. Sollevo la testa sconsolato, quasi per risalire, ma lo sguardo viene catturato da una sagoma che piano piano si avvicina. L’aspetto e quando si fa sotto, a due metri di distanza, la trafiggo da capo a coda col mio 110. Grande giornata che naturalmente finisce lì. Un’altra preda da ricordare è senz’altro l’orata di 8 chili. Avevo 22 anni, ero a Porto Flavia, sotto costa, col mare grosso, tanto per cambiare. La scorgo in mezzo alla posidonia mentre mangiava. Ce l’avevo sotto tiro ma aspetto un attimo, giusto il tempo che si sollevi appena appena, tanto per liberare il fianco dalla vegetazione, e poi lo sparo: fulminata! E poi la fuga per il Libeccio montante.
E dell’agonismo cosa pensi?
Sono iscritto al Team Predator di Raffaele Seiello, ma le gare non sono motivo di entusiasmi irrefrenabili e sconvolgenti. Quest’anno ho fatto due selettive con risultati poco più che soddisfacenti, ma trovo più divertenti i trofei, i raduni, l’ambiente amatoriale in genere.
Ti ispiri a qualche personaggio?
Il mio idolo è Renzo Mazzarri, da sempre. Ma ho seguito molto i video di Giorgio Dapiran, soprattutto per l’agguato.
I tuoi compagni di pesca?
Fabio Dessi e Raffaele Seiello. Un altro togo è Sergio Oggiano, siamo molto amici. Siamo andati a pescare insieme a Castelsardo, Costa Paradiso e Isola Rossa: saraghi e molti capponi, anche uno da 2,6 chili, il mio più grosso, un record. È incredibile, i capponi che prendi lì in un giorno li fai in 5 anni nelle mie zone.
Cosa pensi dei parchi?
È giusto fare i parchi, anche come li facciamo noi, ma sarebbe meglio a rotazione. Anche per avere un feed-back meglio distribuito e dati da confrontare per una miglior gestione del parco Sardegna. Già perché la Sardegna è tutta un parco.
Ti sei mai trovato in difficoltà?
Qualche volta per il brusco cambiamento del tempo e d’estate per il via vai di barche, però mai lasciato andare al panico.
Cosa faresti della tua esperienza?
Solo tre anni fa, grazie a un corso di pescatore in apnea tenuto da Raffaele Seiello, titolato istruttore federale, ho migliorato la tecnica di respirazione e di idratazione. Mi sentirei quindi di portare a pesca un giovane per insegnargli la respirazione e le regole fondamentali di sicurezza.
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