Copertina e editoriale
In mare come sulla strada! È un fatto che in certi periodi dell’anno, le coste delle più affollate località turistiche, siano trafficate, in mare, al pari delle più importanti arterie autostradali, con conseguenti e seri rischi per la sicurezza dei naviganti e dei bagnanti. Così, motivata da recenti e luttuosi fatti, è in discussione in Parlamento, la proposta Balboni, di introdurre, nel codice penale, il reato di omicidio nautico, tale e quale a quanto già previsto per gli automobilisti. Fermo restando che i reati comportano una pena, e chi sbaglia deve pagare, c’è da sottolineare una non trascurabile differenza tra chi si muove in mare e guida un’imbarcazione e chi invece, più comunemente, va per l’autostrada con la propria vettura. Infatti, la stragrande maggioranza dei primi ha libero accesso al diporto nautico senza l’obbligo di aver conseguito una patente e oltretutto a soli 16 anni. Su strada invece l’età minima per la guida è di 18 anni e inoltre è previsto l’obbligo di patente. Di fatto si vorrebbero equiparare due attività, di non paragonabile impatto sociale, senza tener conto delle basi su cui si fondano. Da una parte ci sono cittadini formati e educati, da secoli, a un comportamento civile e rispettoso, dall’altra troviamo gli stessi cittadini, con l’aggiunta dei sedicenni, che solo in epoca recente si sono avvicinati al mare, ma del quale, tutti, sanno solo che è salato e dei laghi conoscono solo il colore scuro. Forse sarebbe stato più opportuno se il legislatore fosse intervenuto su quest’aspetto, per porre le due classi a un livello di preparazione comune, paragonabile, e tale da giustificare una logica parità di pena, in questo caso, da due a sette anni di reclusione. Altrimenti si corre il rischio di scambiare un atto legislativo con una risposta a caldo, emozionale, o con un’irragionevole volontà politica spinta da un altrettanto irragionevole desiderio di rivalsa. E entrambi i casi, di solito, non sono una buona soluzione.
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