Copertina e editoriale
La presenza massiva dell’aguglia imperiale nelle acque del nordest sardo, rappresenta un’incredibile risorsa per gli appassionati della traina d’altura, senza la quale sarebbero costretti a emigrare verso altre latitudini, per il piacere di confrontarsi con questo o quel rostrato. Tra i suoi simili, il Tetrapturus belone è certamente la specie più minuta, non paragonabile allo spada e neanche avvicinabile al marlin, ma allo stesso modo, per la nostra realtà, rappresenta un pesce di gran valore. Non si sa molto di questo animale e per questo, associazioni e istituti scientifici, collaborano per scoprire di più sulla sua biologia e sulle sue abitudini. In questa attività che va avanti da anni, e vede sportivi e scienziati, gomito a gomito, sono state rilevate misure e campionati tessuti, ma anche applicati costosi tag satellitari, quasi sempre frutto di donazioni o raccolte estemporanee nel mondo sportivo. Questo interesse, sempre più vincolante, ha portato a un approccio sempre più gentile, nei confronti dell’aguglia imperiale, tant’è che prima si pescava con attrezzature da 50 lb, poi 20 e domani, per la prossima gara all’aguglia imperiale che si svolgerà in Sardegna, con fili e attrezzature ancor più leggere, della classe 12 lb. Fa specie quindi che dal basso si registri una certa sensibilità, mentre per il legislatore l’aguglia imperiale è quasi inesistente. Dico quasi perché a livello nazionale la specie non viene menzionata nella tabella delle misure minime dei pesci e quindi, come tutte le specie non contemplate, possono essere pescate al raggiungimento di 7 cm. La regione Sardegna che da sempre è attenta alla salvaguardia della fauna ittica, in questo caso non brilla e propone un fallace 30 cm. Solo le regole Fipsas arrivano a un congruo 125. Che non è la misura minima di cattura è solo un indice per validarla. In ogni caso, infatti, in ambito sportivo, l’aguglia deve essere sempre rilasciata, viva. C’è da sperare che la Sardegna riproponga presto una misura più credibile per questo pesce. Ma, soprattutto, che a Roma, dando uno sguardo al Mare Nostrum, si accorgano che nelle nostre acque c’è anche il Tetrapturus belone.
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