Meglio in Tre
Piove, ma il governo questa volta non c’entra: dopo un’estate lunga e torrida all’improvviso fa capolino l’autunno, con la sua tavolozza di gialli, di rossi, di bruni. L’abbassamento della temperatura incide sull’entusiasmo degli ultimi bagnanti ma non su quello di alcuni irriducibili (tedeschi?) che stanno sguazzando felici in quella striscia di mare che riesco a vedere attraverso il vetro appena abbassato, dall’interno della mia macchina. Mi sono fermato, incuriosito da quella scena; in genere, soprattutto tornando a casa, il mare lo guardo scorrere, lo guardo sempre: sempre uguale anche quando è diverso, sempre diverso anche quando è sempre uguale. Credo che a noi pescatori subacquei, più che ad altri, capiti di vederlo, il mare, con occhi diversi. Andiamo oltre la superficie, lo “vediamo” anche sotto, con la memoria, se lo conosciamo, oppure con l’esperienza, guardando la conformazione della costa e i colori del fondo. Una fregatura, che ci fa amare il mare in modo incondizionato, che ci rende dipendenti dall’acqua salata, interamente stregati. Anche quando ci ruba uno di noi. Questa fine d’estate ha chiuso gli occhi di un altro ragazzo e ha bagnato quelli di chi lo ha perso, di chi lo amava, di chi lo conosceva. No, non lo conoscevo, ma quando se ne va via un ragazzo si porta dietro un piccolo pezzo di noi. Rimangono i perché, ci si interroga sul come, si valutano ipotesi: è giusto, anche se terribilmente in ritardo su una vita se ne può salvare un’altra. La pesca in apnea, inutile nasconderlo, è una attività dove chi sbaglia rischia di pagare la posta più alta: gli scongiuri non servono. Molto meglio pescare sempre in coppia, alternativamente, pronti a intervenire in caso di necessità (continua sul giornale).
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