Lontano da Riva
Piena estate, mattina presto: tre sacche con rispettive attrezzature passano dal molo a bordo del gommone mentre il fuoribordo a quattro tempi dichiara di essere già acceso, con un getto d’acqua. Tre pescatori in apnea prendono il largo, dimenticando le spiagge, le code, la folla. Piena estate, mattina neanche tanto presto: il rito della vestizione è ormai terminato per l’unico sub nella spiaggia già superaffollata che sa più di olio abbronzante che di iodio. Eccolo il nostro eroe, che si destreggia tra bambini con paperetta gonfiabile, sguardi di commiserazione, una curiosità distratta e un “buonapesca” senza malizia, lanciato da un pensionato di passaggio, che consiglia un’aggiustatina alla muta, nella zona del cavallo. Eccolo che, dopo aver superato senza danni la fascia dei bagnanti, si inoltra temerario nella fascia dei natanti. Ci sono delle belle lastre, in poca acqua: uno sguardo si può dare; no, non si può neanche caricare il fucile, siamo ancora nella zona interdetta, dobbiamo pedalare un altro bel po’. Ecco, adesso dovremmo esserci, la spiaggia è lontana, si vedono ormai piccoli gli ombrelloni, coloratissimi: rossi, gialli, verdi, arancioni, celesti, azzurri, blu. Blu, un blu intenso, senza fondo, sotto lo sguardo desolato di uno che il fondo l’ha sempre visto da vicino. Ma che adesso un tuffo lo vuol fare, quasi per onor di firma: giù, sempre più giù (si fa per dire), il blu non cambia colore, sembra addirittura nero. Una risalita con velocità sempre più affrettata dall’ansia, poi finalmente la superficie. Nel cielo, di un azzurro neanche lontano parente del blu, al nostro sembra di vedere delle stelline che danzano e danzando disegnano un cartello: qui si può pescare. Questa volta ha davvero toccato il fondo (continua sul giornale).
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