Leggeri per le Spigole

Leggeri per le Spigole

Stefano l’ho quasi perso, è andato avanti, superando un piccolo promontorio che separa due calette. Per qualche minuto mi sono intestardito in un punto che mi sembrava buono. Ma nulla, nessun attacco. In quel breve lasso di tempo il mio compagno di pesca ha deciso di proseguire oltre. Siamo in cammino da più di un’ora e stiamo “sondando” un tratto di misto a Costa Rei, nel versante orientale dell’isola. La fase montante di una “grecalata” che nei giorni successivi metterà a sconquasso tutta la zona, ci ha spinto a provare. Personalmente non sono molto attratto dalla fase montante, decisamente molto meno propizia di una scaduta. Ma tempo e lavoro dettano l’agenda di pesca: oggi potevamo spinnare, oggi abbiamo affrontato il mare. Dal principio eravamo consci che in situazioni del genere difficilmente basta andare in un solo punto, un solo spot, per trovare pesce. Lo spinning quasi mai è un’attività statica, men che meno in questi casi. Il nostro obiettivo sono le spigole, da cercare nella schiuma creata dalle onde, possibilmente in acqua bassa e con corrente. Le foci non sono ancora praticabili, aspettiamo le piogge. Parafrasando il nome di un noto artificiale, oggi “walking the man”, si va a spasso e la cosa non mi dispiace, visto che prima o poi dovrò decidermi a fare  movimento assiduamente. Vestiario e attrezzatura sono modulati sulla tecnica di pesca. Ci sposteremo anche di molto dal punto di partenza e quindi non potremo contare su un “campo base” attrezzato e raggiungibile in caso di necessità. Tutto quello che ci serve dobbiamo averlo a portata di mano. Se possibile, meglio sentirci comodi, sta-re al caldo, leggeri e avere tutto l’indispensabile per le condizioni che il mare ci presenterà. Con Stefano siamo partiti da casa per tempo, nel primo pomeriggio. Possiamo sfruttare tutto il tramonto e poche ore di buio, in modo da esser a casa per le 22. Lui ha portato una sola canna, una due pezzi che non arriva ai 2 metri di lunghezza, sottile e sensibile: quella che in gergo chiamiamo un fioretto, ideale per un utilizzo con artificiali sino a 25 grammi, ottima con le gomme innescate su testina piombata; da sempre un must per la pesca alla spigola. Io sono in configurazione più heavy, conscio che negli ultimi anni anche questa costa ha conosciuto l’invasione dei serra. La mia 270 centimetri è meno comoda da gestire pescando sul livello del mare, ma permette di utilizzare anche artificiali più consistenti, come grossi wtd, “matitoni” e darter sui 25 o 30 gram-mi. Il vento inizia a soffiare, anche se non ancora con l’intensità che le previsioni annunciano imminente. Il mare non è del tutto formato ma a riva e negli ultimi dieci metri, in molti tratti, si vedono delle belle “schiumate”. Canna, mulinello, uno zainetto per gli artificiali e basta. Abbiamo dovuto limitare la nostra attrezzatura, decidendo cosa ci sembrava indispensa- bile, utile e superfluo.

Indispensabile
Partiamo dalla testa o dai piedi? Stiamo considerando una situazione standard invernale, con freddo, possibilità alta di pioggia e vento. Il comfort in questi casi è indispensabile. Ancor pri-ma di scegliere la perfetta configurazione canna, mulinello, esca, ci dobbiamo soffermare su quegli aspetti che ci rendano l’azione di pesca se non comoda, almeno accettabile. Io quindi partirei dai piedi. Lo spinning nomade, praticato su un terreno misto, con piccole spiagge collegate da brevi e ripidi promontori, ci costringe a camminare, a volte per chilometri. Scordiamoci di riuscire a fare una pesca a piede asciutto. Anche se lanciamo lontano dalla riva e non ci avviciniamo mai al limite delle scogliere, prima o poi un’onda più intensa delle altre o un tratto di spiaggia più cedevole, ci bagneranno o ci costringeranno a mettere i piedi in acqua. Quindi sono obbligatori gli stivali impermeabili, alti sino a sotto il ginocchio e calzati sopra i pantaloni. Esistono stivali che offrono un microclima da salotto, con il “calduccio” tipico delle pantofole da camera. Interno imbottito, protetto dall’esterno in gomma spessa. I modelli migliori sono quelli monoblocco, senza saldature, per escludere del tutto l’acqua. Ricordiamoci di scegliere un numero largo, abbastanza da permetterci di vestirlo con calzettoni grossi, abbastanza da non costringere il piede in una posizione che limita il movimento delle dita. E dai piedi saltiamo direttamente alla testa. Indispensabile è una luce frontale. Dopo il tramonto, nel caso di questo racconto, o prima dell’alba, la prima regola è la sicurezza. La spiaggia non presenta troppi pericoli, escludendo possibili buche accidentali; di- verso è il discorso quando ci muovia-mo tra le rocce. La luce frontale aiuta a vedere chiaramente il suolo, evitando cadute, goffe, dolorose se non addirittura pericolose. Basta, tutto qui. Una volta che abbiamo garantito la sicurezza possiamo passare a vedere cosa considerare utile o superfluo.

Utile
La mia lunga camminata per il momento non ha regalato delle catture. Il sole è tramontato e mi muovo guidato dalla luce fioca della luna al primo quarto. All’ennesimo lancio noto che il trecciato non è uscito in modo fludo, lineare. Recupero e mi accorgo che ho un fiocco sulla lenza; per la verità è più di un fiocco, è proprio una parrucca. Succede, quando si pesca con vento in faccia e si usano artificiali con grammature tra loro molto diverse. Se non adattiamo il nostro lancio al cambio dell’esca c’è il rischio di far uscire dalla bobina, durante il lancio, delle spire di trecciato tutte insieme e la frittata è servita. Utile, in questo ca-so, è avere con noi una bobina di ricambio, pronta con già legato il finale in fluorocarbon. Al buio, con vento e con le mani intorpidite dal freddo, non è semplice sbrogliare una matassa, specie se umida e fatta di trecciato sottile. Altrettanto utile è avere un solo zainetto con tutto l’occorrente. Meglio se si usa uno spallaccio. In commercio troviamo dei modelli che permettono di fare tutto senza dover ogni volta appoggiare la canna da una parte, togliere e rimettere lo zaino in spalla. Infine, trovo utile avere sempre con noi alcuni artificiali armati con ami, al posto delle classiche ancorette. Questa pesca ci porta a lanciare anche tra le alghe e spesso le spigole sferrano i loro agguati in acqua bassa, in piane di roccia semi sommersa, dove le ancorette trovano troppi appigli. Al contrario il singolo amo minimizza gli incagli e le conseguenti perdite di artificiali. Attenzione però che la ferrata deve essere più pronta e decisa rispetto a quando usiamo le ancorette.


“Se vogliamo divertirci e fronteggiare vento e freddo, è indispensabile mantenere i piedi asciutti e caldi. Avere i piedi caldi non è un optional!”.

Superfluo
Lo confesso, sono esausto. Ho camminato per più di tre ore. Trovo stupefacente che Stefano non dia segni di stanchezza, ma lui è più in forma e allenato. Le mani, i polsi, iniziano a farmi male. Solo adesso mi accorgo che ho con me il raffio; lo tengo in mano insieme alla canna quando mi sposto e tende a sbilanciare il polso, co- stringendo questo a una trazione continua. A cosa ca..o mi serve il raffio oggi? A nulla, peschiamo per lo più dalla spiaggia o su basse scogliere dove le catture si fanno scivolare a secco. Non sono stato attento, non ho eliminato tutto il superfluo. Eppure, quando abbiamo lasciato la macchina mi sono liberato di tante cose inutili. Ho svuotato la cassetta da tutti i modelli di artificiali superflui. In questo caso inutili sono i minnow, tutte le esche affondanti, le gomme troppo leggere, i jig in metallo, le dieci, cento cassettine di ancorette, testine piombate e altro che sono sicuro non userò questa volta. Inutile è una seconda canna, un coppo, troppe batterie di ricambio per la torcia, bobine di fluorocarbon di 3 o 4 sezioni diverse. La regola è “togliere”, alleggerire, concentrare i nostri sforzi nella ricerca e nei lanci. Stefano mi fa un fischio, lo osservo in lontananza, tenendo la luce spenta. La sua canna è piegata. Superfluo dire che anche questa volta mi ha battuto.