Le Cernie in Fondale
Sono due le motivazioni che spingono il pescatore a depositare le esche sempre più in fondo. La principale, quella più datata è la ricerca della grossa preda, della bestia che “ne basta una per tutta la vita”. In effetti, a pensare ad animali che pesano 30 o 50 chili, non si fa fatica a credere che questa ricerca sia intrigante. Poi ci sono le variabili di circostanza legate soprattutto ai mezzi: la barca in primis e le attrezzature in secundis. Già, di barca si parla, non genericamente, proprio per distinguere tra vetroresina e tubolare. Inzialmente gli abissi venivano raggiunti grazie a grossi mulinelli elettrici, anche artigianali, da murata che più facilmente, anche tuttora, trovavano sistemazione in un portacanna incassato, piuttosto che in supporti di fortuna imposti dall’essere un “gommone”. Solo così il limite di ricerca dipende dalla quantità di filo contenuto nella bobina. Mille o duemila metri non sono eccessivi, soprattutto allora, quando il posto dell’attuale multifibra era appannaggio del cordino di dacron. Oggi, grazie alla tecnologia, si riesce a salpare bestioni immensi con i più moderni mulinelli elettrici da canna che necessitano comunque, in modalità “attesa”, di un supporto piuttosto robusto, non sempre disponibile in un gommone, specialmente se di dimensioni modeste. Tra questi bestioni, la cernia fa la parte del leone. La preda regina è quindi lei, la famelica Polyprion americanus, roba da due metri, abbastanza frequente anche a quote modeste, tra i 100 e 200 metri di profondità, ma anche a 500 metri o più.
Continua a leggere sul giornale...
Commenti ()