Ancora oggi il Belone resta una delle esche più redditizie e in alcune situazioni e periodi dell’anno può svoltare positivamente una giornata iniziata storta.
Nell’ultimo decennio c’è stata una strana moda divulgata da molti addetti ai lavori, secondo cui l’unica esca per catturare dentici di rilievo o cernie o ricciole, fosse il calamaro. Ma, centinaia di ore di registrazioni che ho effettuato, smentiscono questa teoria e infatti, molto spesso il calamaro, seppure ben innescato, non viene attaccato da ricciole e dentici, neanche dopo averlo seguito per centinaia di metri. In questi casi, un’esca più dinamica, veloce e reattiva, quale una grossa aguglia, molto probabilmente è più indicata. Per l’approvvigionamento delle aguglie ci sono due possibilità: la matassina o il verme, coreano o americano. Questi vanno trainati a due nodi e mezzo con un terminale di fluorocarbon dello 0,20 con due ami piccoli lasciando la parte terminale del verme libera di fluttuare per aumentare il potere attirante. Questa tecnica è molto divertente anche per i bambini perché risulta molto semplice e redditizia anche alle spese di altre specie, vedi occhiate, sugarelli, sgombridi, lecce stella. Il problema è che le aguglie spesso si feriscono con l’amo e perdono in vitalità. Invece con le matassine le aguglie restano impigliate nei filamenti coi piccolissimi denti e non hanno possibilità di ferirsi. Negli anni ‘90 il colore più utilizzato era il giallo. Attualmente la proposta è molto interessante, con tinte adatte alle varie condizioni di luce e di torbidezza dell’acqua. La montatura ideale è la “mitraglietta”, un trave in fluorocarbon di 240 cm circa del diametro di mm 0,20-0,25 su cui praticare tre grosse asole (15-18 cm, così che le matassine siano libere di ruotarci all’interno) a distanza di 60 cm tra loro, due col nodo Dropper loop e la terza, finale, col nodo Perfection loop.
Questa configurazione simula un branchetto di pesci foraggio in fuga. Inoltre consente una ferrata efficace perché la matassina è libera di ruotare qualora l’aguglia non sia stata ferrata al primo tentativo. In alcuni casi lascio altri 40 centimetri di fluoro a cui collego un minnow da 7-10 cm che simula un predatore in caccia sul branchetto di tre pesciolini. Spesso sul minnow in coda ottengo catture di esche più grandi come lanzardi, sgombridi o sugari. In alternativa si può tagliare l’eccendenza della gassa finale (dropper loop o perfection loop) per la lunghezza di 5 cm, alla cui estremità si lega un ametto del 10. In questo modo oltre le aguglie è possibile catturare anche altri pesci. Va bene una canna con punta molto flessibile e leggera, tipo spinning, da 240 a 270 cm con cw di qualche decina di grammi, con mulinello a bobina fissa e nylon dello 0,25. Il mio normale assetto di pesca è costituito da tre canne: una prima sulla murata destra con terminale a “mitraglietta” a tre senza zavorra; una seconda sulla murata di sinistra con montatura a “mitraglietta” a tre con un piombo ad oliva da 20-50 g in battura sulla girella tripla di congiunzione del terminale; infine la terza canna filata a centro poppa con una matassina singola a svolazzo. Velocità di traina sopra i tre nodi con andatura variabile e punte anche superiori ai tre e mezzo. L’aguglia rimane un’esca formidabile in quanto può essere trainata anche sopra i tre nodi, l’ideale per la traina alle ricciole specialmente quando sono molto diffidenti. Se il target è la lola si può optare, a seconda delle preferenze, per un terminale classico a due ami beak, oppure un bel circle da inserire nel mascellare dell’aguglia. Con l’aguglia è possibile effettuare carnieri multipli di serra, nel sottocosta o fuori zone portuali. In questi è preferibile un innesco a due ami con cavetto in titanio di 30 libbre a salire, a seconda delle dimensione dei predatori. Altro predatore ghiotto di aguglie è il barracuda, da insidiare nel sottocosta su secche poco profonde intorno ai 25 metri. Anche in questo caso vanno bene i due ami e cavetto in titanio di almeno 40 libbre. Spesso mi è capitato di effettuare belle catture di lecce amia che sono predatori molto ghiotti dei cefali ma spesso preferiscono cacciare aguglie su fondali anche di 10 metri nelle giornate di acqua bianca, dopo la scaduta della mareggiata, nelle zone portuali o in prossimità delle foci fluviali.
Qualora trainassimo più al largo su batimetriche sopra i 100 metri, intorno a mede o detriti e materiale di risulta galleggiante sulla superficie marina, nei mesi di settembre e ottobre, potremmo effettuare interessanti catture di lampughe. Trainando una bella aguglia di generose dimensioni, sulle batimetriche attorno a cappelli di secche, a profondità sopra i 40 metri, può capitare la cattura di grosse cernie brune, interessanti dentici e qualche grosso scorfano rosso che pur di non farsi scappare la bella preda sopra la testa è capace di scatti fulminei.
L’aguglia (Belone belone) appartenente alla famiglia dei Belonidi, ha un corpo molto affusolato e dorso azzurro verdastro e corpo argenteo molto luccicante. Presenta entrambe le mascelle molto allungate, con l’inferiore più lunga di quella superiore e sono dotate di tantissimi denti piccoli acuminati più grandi nel mascellare inferiore. Da adulta può raggiungere dimensioni ben sopra i 50-60 centimetri, ma le attuali taglie medie sono di circa 30-40 centimetri. È un predatore famelico carnivoro, che si nutre di stati larvali e giovanili di clupeidi, sgombridi e di altri piccoli organismi plantonici.
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