Al fascino dell’esotico non si sottrae neanche il più esperto dei pescatori. Il clima, quasi sempre favorevole e caldo e l’avventura, sono elementi fascinosi che portano con sè catture altrimenti impossibili. Eccovi il sunto del primo viaggio dell’autore.
Quando, diversi anni fa, atterrai per la prima volta in Madagascar, capii subito di essere arrivato in una terra magica, piena di energia, che regala emozioni forti e indelebili che porterai dentro per il resto della vita. I primi viaggi in Madagascar li organizzai con un caro amico, Alessandro Righini, grandissimo pescatore e esperta guida di pesca con alle spalle decenni di viaggi nei miglior spot tropicali del globo.
Prima uscita - Per la prima uscita di pesca, l’appuntamento col gruppo di amici era alle 6:30, su una delle più belle spiagge di Nosy Be, dove erano ormeggiate le nostre barche. Dopo aver riempito in appena 5 minuti la vasca del vivo con oltre un centinaio di sugarelli mettemmo la prua verso alcuni banchi ad ovest in direzione Grand banc de l’entree. Dopo aver percorso qualche miglio incontrammo distese a perdita d’occhio di bonitos, centinaia di delfini, gabbiani in frenesia sulle mangianze e code di balenottere sullo sfondo all’orizzonte. Ripresa la navigazione, dopo poco più di qualche miglio, ci fermammo per ammirare un altro scenario mozzafiato: diversi pesci vela, di grosse dimensioni, cacciavano su piccoli banchi di pesce foraggio. Saturo di adrenalina, afferrai la prima canna che trovai a portata di mano, una canna da light spinning, una Shimano Kaibutsu 120 g PE 2-4 con un mulo Shimano Spheros 18000.

Con frenesia legai un amo J-hook del 7/0 con un nodo palomar allo spezzone di terminale 0,90. Presi uno dei sugarelli più grossi dalla vasca del vivo e lo innescai velocemente sul dorso senza badare troppo ai dettagli. Lanciai l’esca lontano e lasciai l’archetto aperto in modo che il sugarello potesse nuotare in naturalezza. Mentre guardavo filare metri del multi da 65 libbre dal mulinello, tre grandissimi pesci vela si avvicinarono in direzione del mio sugarello. Nel giro di pochi secondi uno dei tre (il vela e uno dei pesci più veloci dell’idrosfera), fece uno scatto fulmineo con rostrata fuori dall’acqua. Le spire dal mulinello uscirono con una velocità impressionante. Con sangue freddo contai fino a cinque, chiusi l’archetto e ferrai. Di solito i rostrati prima tramortiscono l’esca col rostro, poi ritornano per afferrarla con la bocca e infine ripartono a tutta velocità. In questa fase, non sempre ingoiano subito l’esca e, se dovessero avvertire una minima resistenza anomala, potrebbero sputare subito la preda. Pertanto, è assolutamente necessario avere il filo libero in modo da dargli il tempo di partire sen-za sospetti e ingoiare l’esca. Appena chiusi l’archetto, avendo un J-hook, ferrai con una bella botta ben assestata e da qull’istante iniziò uno dei combattimenti più belli della mia vita, con potenti e lunghe sfrizionate, seguite da continui e ripetuti salti spettacolari del vela fuori dall’acqua che cercava, in tutti i modi, di svincolarsi dall’amo e, col rostro, di tagliare il filo in bando nei continui cambi di direzione da una murata all’altra della imbarcazione. Era trascorsa meno di un’ora della mia prima giornata di pesca in Madagascar ma ero già appagato e consapevole che quelle emozioni vissute in quel posto le avrei portate per sempre con me. Questi spot, sono ideali per chi ama praticare differenti tecniche di pesca durante il soggiorno, alternando al più faticoso popping-spinning o vertical jigging, altre tecniche di pesca.
Vertical - Di seguito vediamo quali sono le principali tecniche di pesca da praticare in questo spot, quali attrezzature scegliere e quali prede è possibile insidiare. A vertical jigging non è raro incannare pesci veramente grossi, anche sopra il quintale di peso, come squali o mante giganti (a me è successo di incannare una manta con un’apertura alare superiori ai 5 metri di lunghezza). Altre prede comuni di questi spot sono cernie coralline spesso sopra i 30 kg e qualche bel GT, spesso sopra i 20 kg. Consiglio due canne per le tecniche verticali, una media PE 2-4 e una strong almeno PE 5-6, con fusti aventi elevate riserve di potenza per gestire artificiali con un casting variabile tra i 150 e i 300 grammi. Accoppieremo a esse mulinelli di eccellente qualità, fisso o rotante a seconda dei gusti e preferenze di pesca, che però abbiano dei dischi frizione con drag molto importanti di almeno 15-20 kg in chiusura. Nella cassetta di pesca non pos- sono mancare artificiali long, di grammatura variabile dai 150 ai 300 g; blatte per lo slow pitch di grammatura variabile dai 120 ai 250 g, con forme differenti per alternare, durante la sessione di pesca, i tre movimenti classici di questa tecnica: slow pitch jerk, hi pitch jerk e long fall jerk.

Popping-spinning - In analogia consiglio almeno due canne da popping-spinning con differenti range casting, medium e eavy, per artificiali dai 100 a oltre i 200 g e far lavorare in maniera efficace, grossi popper a bocca larga con le consuete frustrate e jerkate, note come wrapping, necessarie per far emettere all’artificiale quel suono molto catturante di richiamo in fase di recupero. Nella cassetta di pesca non potranno mancare almeno 6 popper a bocca larga (wide mouth) di varie forme con grammatura dai 60 ai 150 grammi, diversi stickbait di grammature e colorazioni varie, qualche casting jig dai 60 ai 120 g e qualche esca siliconica con testa piombata per tunnidi. Per chi pratica spinning e popping in gruppo dalla barca per una questione di sicurezza, prima di effettuare una battuta di pesca, consiglio di eliminare o schiacciare con una pinza gli ardiglioni degli ancorotti in modo da evitare incidenti a bordo. Importante avere almeno 4 mulinelli 18.000/20.000 (due con rapporti di recupero veloci per lo spinning e due con rapporti di recupero lento per le tecniche verticali) di altissima qualità, imbobinati con braid di almeno 80-100 libbre. Completeremo l’attrezzatura con diverse bobine di nylon e fluorocarbon di spessore variabile dal 70 al 120, cordini per assist da 200 libbre, ami e ancorotti di varie dimensioni e forme sia per armare i jig che gli altri artificiali. Nei miei viaggi in Madagascar abbiamo sempre alternato le giornate di pesca con differenti tecniche, partendo dal vertical jigging allo spinning-popping, traina d’altura per poi dedicare anche alcune ore della giornata al drifting su specifiche secche che hanno dei drop-off molto ripidi con fondali oltre i 1000 metri.
Altura - Nei lunghi spostamenti tra un banco e l’altro, specialmente in corrispondenza di batimetriche profonde, conviene trainare sui 7-8 nodi e calare almeno 5 artificiali con la speranza di allamare qualche bel black marlin, sail fish, dog tooth tuna o wahoo. Una configurazione, per barche con baglio non ampio e senza divergenti, è quella che prevede di calare 4 canne sulle due murate con 4 grossi Kona di varie colorazioni distanziati dai 60 ai 100 metri dalla poppa fuori scia e un grosso minnow con paletta deep centrale affondato nella scia dei motori a circa 30 metri dalla poppa.

Drifting - Una volta arrivati invece sui banchi per effettuare drifting, consiglio di innescare sempre un’esca viva come un grosso bonito o skip jack di almeno un kg, con un generoso circle o j-hook dal 9/0 al 12/0 con innesco catalina dedicato alla pesca di enormi GT o black marlin. Con tale tecnica, sui banchi all’estremo nord ovest, abbiamo catturato un grosso marlin nero di circa 400 libbre che non rimase indifferente a un bonito di circa 2 kg ma che per sua sfortuna lo ingoiò e purtroppo, a nostro malincuore, non fù possibile effettuare il doveroso rilascio di questo esemplare stupendo del re dell’Oceano Pacifico.
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