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Classica serata estiva a caccia di mormore, tre canne piazzate con l'immancabile arenicola, passa il tempo ma la serata non sembra delle più proficue. All'improvviso un sussulto, l'ascensore vola via come fosse uno Shuttle della Nasa, la frizione inizia ad intonare quella dolce sinfonia che noi pescatori tanto amiamo e la canna si curva più volte. Tutti a correre verso la canna, una delle mie. La tolgo dal picchetto e ferro. Inizia il combattimento con un qualcosa di inaspettato per il tipo di esca; è veramente forte. Noi tutti iniziamo a fantasticare, sappiamo che non può essere una mormora. La lenza continua a uscire dal mulinello e le testate iniziano a farsi sempre più insistenti. I pensieri continuano a viaggiare, in un limbo mentale che ci assale sempre più: sarà una spigola? Oppure, vista la forza, l'orata della vita? Iniziano le prime preoccupazioni, resisterà il terminale dello 0,18? Se forzo troppo il recupero, rischio di rompere la lenza e non sapremo mai cosa fosse quel “mostro”. È tutto un gioco di frizione, attesa, lenti progressi… dopo circa mezz'ora eccola, affiora la sagoma della preda che ci ha fatto sognare tutti; ma c'è qualcosa che non va... Forse non è il pesce da sogno, sembra una razza. No, non può essere una razza, non tira con il suo classico modo a "ventosa" che la contraddistingue. Un ultimo sforzo sul gradino, entro in acqua per non forzare la lenza oltre il limite (ampiamente superato…) e finalmente la preda è spiaggiata. Si tratta di un bellissimo esemplare di aquila di mare. La guardo sbigottito, è veramente grande; la stimiamo sui sette, otto chili. Non è il pesce della vita, ma quant'è bello quando il cervello si estranea e inizi a fantasticare. Il tempo di qualche foto e via a solcare nuovamente i mari e magari a far sognare, prima o poi, qualche altro pescatore. Un grande saluto da Giuseppe Corongiu. |
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