Il Pollice Verde
Tra le tante cose che si ricordano di una battuta di pesca una di queste è certamente lo sfottò. Diciamo che se la preda è la regina di 10 ore trascorse in barca, lo sfottò in ordine di importanza, viene subito dopo. Episodi o invenzioni da raccontare agli amici meno fortunati che non sono potuti intervenire nell’uscita, oltre la magnificazione di quel saraghetto di due etti come se ne pesasse 20, ne circolano a migliaia. Questa storia del pollice verde che si racconta e di cui non si conosceva l’origine si riferisce così come in botanica, alla sensibilita di un operatore capace di far fiorire e prosperare essenze non comuni, normalmente belle e invidiate dai cittadini poco avezzi alla vita oltre circonvallazione. E così in mare, a pesca, il pollice verde individua quei personaggi che hanno il senso del mare e che non perdono occasione per fare bella figura. Ma il collegamento marino di questo detto ai più è sconosciuto.
A occhialoni
Forse posso svelarvi l’arcano, partendo da una battuta di pesca a bolentino di profondità. Compagno di pesca Nicola Cocco, personaggio conosciutissimo e stimato, uno dei pochi esperti di traina a tutti i livelli e naturalmente appassionato di pesca in verticale, bolentino in primis, ma soprattutto riconosciuto “pollice verde”. Il bollettino meteo non è dichiarato ma, esperienza e fortuna ci fanno pensare che una puntatina al banchetto, 12 miglia a SE dell’isola dei Cavoli, sia giustificata. In navigazione incontriamo un’onda di circa 1/2 me-tro, via via più dolce e a destinazione, calma piatta. Fondo, sul sommo della secca, circa 130 metri. Corrente, praticamente nulla con fili di 0,20 mm e zavorra di 350 grammi. Inoltre ad assisterci un gran bel Minn-Kota da 80 lbs che ci pianta sul punto meglio di una catena. L’iniziale freschezza mattutina lascia spazio ad un piacevole e caldo sole di primavera ma, nonostante le diverse marcature, le pezzogne, quelle che cerchiamo, non mangiano con voracità. Le catture sono belle ma poche e inframezzate a spostamenti e periodi di inattivittà. Pare che i professionisti siano venuti a strascicare anche qui. Calamaro, gambero e sardina faticano, non sono convincenti!
“Rotto il ghiaccio e spenta l’emozione, ma abbandonata anche la fiducia in un’ortodossa sosta prolungata in attesa del branco, continuiamo il pellegrinaggio alla ricerca dello spot magico”.
La svolta
Fortunatamente la classe di Nicola ha il sopravvento. Lo capisco dalla piega della canna anche se le testate, pur evidenti, non sono costanti e decise come quelle di un grosso occhialone. Lui non parla e muove la leva del suo mulinello a tambuo fisso. Finalmente aggalla un pesce rosso, un cappone bellissimo di circa tre chili. Spolvero il retino e sollevo il pinnuto, avvicinandolo alle grinfie del mio compare. E’ qui che inizia la storia. Nicola infatti, mostra segni di imbarazzo e tratta l’animale col dovuto rispetto in ragione delle sue superfici alquanto irregolari. Per la bestia la sorte è segnata: qualche foto e via, un tuffo al fresco nell’Igloo. Rotto il ghiaccio e spenta l’emozione, ma abbandonata anche la fiducia in un’ortodossa sosta prolungata in attesa del branco, continuiamo il pellegrinaggio alla ricerca dello spot magico. Il tempo tiene e un po’ ci tranquillizza, quindi decidiamo di finire la giornata in mare, ma i pesci... Salpiamo ancora qualche occhione, un cappone più modesto del primo, tanto per riempire, quasi, il piccolo e unico Igloo (30 l) a disposizione. Nicola però non ci sta, forse il suo pollice verde non è sufficientemente “appagato” e ci dà come un matto per sfruttare al massimo la capienza della borsa. In altri casi avrei detto che manca ancora il pezzo, ma quel cappone non si può dimenticare. E intanto, sempre nel massimo silenzio, Nicola riprende l’attività. Quella manovella gira, lenta, fa qualche pau-sa quando le testate sono più forti. Ma il peso è tanto, la canna quasi soffre. C’è qualcosa di strano. Un occhione è probabile, ma non da solo. Potrebbe esserci anche un pesce con la bocca aperta. Un altro cappone? Un cappone ancora più grosso? No, si tratta di un bell’occhione e una bellissima mustela (Phycis phycis) di almeno 3 chili. Una chiusura col botto che ha riempito il frigo e ha svelato l’arcano. Nicola infatti, prima di maneggiare il bel pesce, ultimo della serata, ha sfoderato un paio di guanti verdi, da giardiniere, giusto per tenere a bada i denti appuntiti della mustela. Ed ecco quindi che una credibile interpretazione del “pollice verde” in mare, a pesca, sia da ricercare non solo nella bravura del pe- scatore, vedi Nicola Cocco, ma anche su come protegge le mani, appunto con guanti verdi da giardiniere.
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