Il Pagro Quando Dove e Come

Il Pagro Quando Dove e Come

Mi rimbombano in mente i racconti e le foto dei pescatori che, fino agli anni 2000 catturavano frequentemente pagri anche di grandi dimensioni, negli spot canonici della traina col vivo, anche su batimetriche relativamente basse, comprese tra i 30 e i 50 metri. Quegli stessi spot ad oggi sono ancora battuti da tanti pescatori. Di tanto in tanto regalano bellissime catture, ma il grosso pagro è ormai una preda più unica che rara in quei fondali, almeno dalle mie parti. Ho iniziato a incontrarlo con frequenza in determinati periodo dell’anno, su determinate batimetriche, innamorandomene follemente per la reazione e la resistenza che oppone alla cattura.


Quando
Il pagro può essere insidiato tutto l’anno, tuttavia i mesi nei quali ho riscontrato la maggiore attività degli esem- plari più grandi sono febbraio e marzo, mesi dai più riconosciuti poco proficui per la pesca col vivo in generale, se non per questi pesci che, contro tendenza con il resto degli sparidi e pelagici italiani, sembrano radunarsi in grandi branchi, su pianori di medio alto fondo, e essere nel pieno della loro attività predatoria. Queste loro abitudini gregarie li rende vulnerabili, soprattutto se li troviamo nella loro finestra di attività durante la giornata: è sempre bene autoregolarsi con le catture per non decimare il branco e eventualmente cercare uno spot analogo sperando di trovare pesci e branchi diversi. È incredibile come questi pesci possano essere in gran numero, e molto aggressivi nei confronti delle esche un secondo, e scomparire del tutto un secondo dopo, o viceversa, apparire magicamente in uno spot letteralmente a distanza di pochi minuti.

Queste loro abitudini gregarie li rende vulnerabili, soprattutto se li troviamo nella loro finestra di attività durante la giornata: è sempre bene autoregolarsi con le catture per non decimare il branco e eventualmente cercare uno spot analogo sperando di trovare pesci e branchi diversi.

Dove
I fondali dove ho trovato i pagri sono sempre stati compresi tra i 70 e i 120 metri; è un range di profondità molto vasto me ne rendo conto, ma gli spot hanno quasi sempre caratteristiche analoghe: piccole secche satellite (pianori o “gobboni” come li chiamo io) nei paraggi di rilievi e secche più importanti. Da quello che ho notato cercandoli, i pagri non amano stazionare su cadute, cigliate, secche o strutture troppo evidenti, bensì gradiscono fondali abbastanza uniformi con risalite morbide di 1 o 2 metri. Mi piacerebbe scoprire un giorno la composizione dei fondali dove pesco i pagri, se ghiaia, roccia bassa o sabbia, tuttavia, solo osservando l’ecoscandaglio, questa risposta ancora non l’ho.

Come
La traina col cefalopode vivo è sicuramente una buona strategia soprattutto quando andiamo alla scoperta di spot nuovi, per mappare il fondo e battere più acqua possibile, e eventualmente trovare dove stazionano i branchi di pesci. Su profondità superiori ai 70 metri la traina col vivo richiede condizioni di vento e correnti quasi assenti affinché le lenze riescano a pescare il più vicino possibile al fondo. È necessario che i trecciati siano fini e taglino bene l’acqua (diametri 0,18-0,25) e la distanza piombo-esca non superi i 6-8 metri, per rendere la ferrata più efficace, con tutti quei metri di filo fuori. Il bolentino col vivo sicuramente è la mia tecnica prediletta per insidiare il pagro, ma essendo una tecnica abbastanza statica potrebbe rivelarsi un’arma a doppio taglio: è necessario sapere esattamente dove sono i pesci, per evitare il rischio di scarrocciare a vuoto per tanto tempo senza vedere attività. Infine, possiamo insidiare questo pesce con gli artificiali, soprattutto con la tecnica dello slow jigging: blatte, siliconici e inchiku; questi ultimi li utilizzo senza l’apporto di alcuna esca naturale (quali classiche strisce di calamaro o tentacoli di polpo) per selezionare la taglia della preda, e mantenere pura la scelta di pescare con l’artificiale.