Il Mondo di Mezzo
Il grande successo che riscuote il bolentino di profondità deriva dalle probabili e “facili” catture di grossi pesci. Occhioni e cernie su tutti. E per accedere a questo menù, il pescatore con la lenza in mano è disposto a sacrificare la sensibilità, le magie del vettino piegato o della manovella piantata con la speranza che la preda ceda un po’ di spazio in verticale. In tutto ciò si inserisce una nuova “figura”: la componente elettrica. Il mulinello, infatti, non è più soggetto a improvvise soste, perché all’olio di gomito si sostituisce un piccolo motore, per l’appunto elettrico. Quindi fili, batterie, lampade. Insomma un bolentino senza dubbio più pesante a cui non si può rinunciare se le quote operative arrivano e superano i 150 metri. Ma soprattutto se si desidera combattere le grosse cernie di fondale. E va bene, ma dagli ottanta metri ai 150 come ci dobbiamo regolare? Nel golfo di Cagliari, ma non solo, il bolentino tradizionale è in sofferenza. Le poste dai 30 ai 60 metri non sono più ricche come un tempo, vista l’attività della pesca commerciale, sempre più alla ricerca dei sempre più rari carnieri. A questo punto per noi il passaggio a batimetriche più impegnative diventa una “facile soluzione”, ma tutta da costruire. Da una parte infatti la presenza dei pescherecci è molto rarefatta, dall’altra però ci inoltriamo in un terreno inesplorato, da mappare per tipo di fondo e possibili prede. Il concetto è quello di spingere sempre più giù, al limite dei 150 metri i nostri tentativi tradizionali, aggiustandoli là dove incontriamo probabili difficoltà.
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