Il Futuro della Pesca Sportiva
Fa veramente molto rumore la notizia che le regioni costiere aprano i porti alla pesca sportiva. Salvo poi riscontrare che Lazio, Toscana e Liguria non sono le prime amministrazioni in Italia ad attivarsi, bensì le seconde, sulla falsa riga di quanto è già successo in Sardegna, Sicilia e Puglia, dove, però, a distanza di anni, poco o nulla si è mosso. Il fatto in questione è un protocollo d’intesa tra regioni, capitanerie e enti a titolo e associazioni, a cui farebbe seguito un regolamento e una destinazione di spazi esclusivi anche attrezzati per la pesca sportiva. Per quanto se ne sa, però, in tutti i porti, dalle intenzioni ancora non si è passati ai fatti, salvo qualche raro e limitato caso. Ma il punto è un altro, l’apertura alla pesca sportiva, nel messaggio che passa, non è nella realtà così come s’immagina. Di fatto le limitazioni spaziali (non tutti i porti sono interessati) e temporali sono quasi sempre molto pesanti, comunque determinate in periferia e non è escluso che nei regolamenti sia previsto addirittura un titolo oneroso. Questa precisazione è doverosa, giusto per collocare la notizia e gli entusiasmi scaturiti nei binari giusti. Ciò detto, il “protocollo d’intesa” rimane comunque un fatto molto positivo. La discussione, l’accordo e speriamo in tempi brevissimi anche il “taglio del nastro”, sono il principio di un percorso irrinunciabile, la base di un processo complicato ma fattibile, su cui costruire il futuro della pesca sportiva. È d’importanza fondamentale battere il ferro finché è caldo, quindi riattivare, oggi, i canali sopiti e stimolare senza sosta quelli nuovi. Chissà, magari, con la giusta o generosa dose di fortuna, e la determinazione necessaria, in tempi ragionevoli... qualche effetto positivo...
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