Bravura... fortuna? Sono importanti! Ma cercare altri punti di vista è la chiave del successo, lo dice Salvatore Palla.
Sono tante le specie di pesci che troviamo nell’ambiente marino e ognuna di queste, nel sistema alimentare, ha un proprio ruolo. Spesso si prende in considerazione quest’aspetto per trovare l’esca giusta in funzione del periodo: per esempio, nella pesca col vivo, classifichiamo le esche per abitudini, velocità, grandezza e carica proteica, sperando così di aver scelto l’esca giusta da far mangiare al nostro ricercato predatore. In una tecnica che prevede l’uso di esche artificiali mai “sporcate” con esche naturali, come nello slow jigging, la valutazione da fare è diversa, Come detto in precedenti articoli, vista l’estrema necessità di operare in verticale, il nostro punto cardine rimane sempre una giusta attrezzatura. Tutto deve essere perfetto. Partendo da queste basi si può affrontare lo step successivo, ossia come sfruttare appieno quei pesci collaterali che spesso sono preda dei nostri assist.
Altri pesci - La maggior parte dei pescatori di tecniche verticali che ho conosciuto, ha sempre sottovalutato l’importanza, che invece ha per me, di riconoscere ogni singola specie che l’ecoscandaglio presenta sotto forma di marcatura, grande o piccola che sia. Alle immense o piccolissime pallette di foraggio, piccoli branchi staccati dal fondo o attaccati sulle pietre, corrisponde un pesce o un cefalopode che per noi diventano difficilissimi da interpretare solo e unicamente con l’ecoscandaglio. Nessuno al mondo può avere la certezza matematica di sapere a che pesce corrisponda quella palla di foraggio.
Gli approcci - Esistono due approcci differenti di ricerca dei predatori. In primis troviamo l’opzione classica, quella di calare l’esca su quegli archi ben definiti (mark), che per noi rappresentano un ipotetico predatore. Altrimenti ci concentriamo sulla lettura del come e dove si muove il foraggio. Ma anche in questo caso, basandoci esclusivamente sulle indicazioni dell’ecoscandaglio, non avremo mai la certezza circa l’identità dei pesci rilevati, se non pescandoli. Solo così possiamo decidere, in funzione delle nostre esperienze, se quel foraggio, se quella specie di pesce, sia o meno di nostro interesse e quindi, se utile o meno per la pesca dei predatori. Entriamo ancora di più nello specifico… Immaginiamo di aver iniziato a far fare alle esche il solito saliscendi sugli spot, senza alcun risultato. Poi arrivano delle piccole tocche e anche delle catture dello stesso pesce foraggio che una volta arrivato a bordo andiamo, senza nessun interesse, a rilasciare in acqua o, come molti fanno, dentro una frittura, ma comunque senza alcun interesse. Nulla di più sbagliato. Ogni pesce imbarcato, in teoria, ci dà delle informazioni. Dobbiamo iniziare a farci delle domande, a ipotizzare come mai quel pesce sia lì. Poi dobbiamo interrogarci sul nostro movimento e valutare se sia corretto.
Infatti, proseguendo con quella solfa, continueremo a stuzzicare solo la curiosità incosciente di quel foraggio, il quale arriverà sicuramente prima sul nostro jig, rispetto al predatore, di norma, quest’ultimo, molto più furbo, esperto e astuto. Quel pesce pescato ci sta dicendo che quel movimento è d’interesse sì, ma suo e non del predatore. Dobbiamo pensare che quella specie ci sta dando altre informazioni importanti su un possibile predatore. Un occhione, ad esempio, ci riporta subito alla cernia. Ma la cattura, può darci informazioni anche sulla tipologia del fondo, vedi la tracina che vive sulla sabbia. Ci può dire se sono prede veloci o lente: ad esempio lo sgombro per i primi e la lucertola per i secondi. Possiamo prendere spunto dal colore del pescato e proporre esche di pari cromatismi. Ormai, per me, questi pesci non sono più pesce foraggio per i predatori, ma pesci messaggeri che danno sempre utili informazioni ai fini della pesca. Possiamo, quindi, interpretare e dare un significato davvero concreto alle marcature del nostro ecoscandaglio. Questo ci serve anche a imparare a conoscere il nostro strumento, affiancando al feedback, a ogni disegno che ci mostra, un pesce o una tipologia di foraggio. Infine, cosa fare per incuriosire un pesce importante? Possiamo utilizzare un jig di altra foggia; possiamo cambiare colorazione o magari solo rallentare il movimento; possiamo calare l’esca leggermente prima o poco dopo rispetto alla posizione del foraggio, sperando di trovare il nostro predatore in agguato.
Pagelli, tanute, occhialoni, capponi, sciarrani, sugherelli, sgombri, lanzardi, boghe, menole, lucertole, tracine e chi più ne ha, più ne metta. Alcuni sono buoni, altri meno, ma ognuno di essi può fornirci indicazioni utili al fine di gestire con profitto la nostra pescata. È così! Dobbiamo utilizzare ogni indicazione che il mare ci trasmette, e sono sicuro che da oggi in poi, tirando su una di queste specie, un pensierino in più lo farete e certamente vi sarà utile. In mezzo a quel foraggio che spesso ci fa anche divertire, potrebbe esserci il nostro predatore, magari non sarà nel mezzo, ma potrebbe essere poco dopo o poco prima. Interpretando le immagini dell’eco e i flussi di corrente, possiamo trovare quei “messaggeri” che piacciono al nostro predatore. Ora, la domanda nasce spontanea: come faccio a calare il jig e evitare quegli famelici pesci esca, cercando invece di intercettare il vero predatore? E se voglio pescarli per divertimento, come faccio a prendere gli esemplari più grossi? Beh, questo ve lo dirò nei prossimi articoli.
Sapevi che... - La pezzogna vive su fondali misti ma la troviamo spesso su fondali fangosi. È un pesce ermafrodita e raggiunge la maturità sessuale tra i 2 e i 7 anni. Il pesce lucertola è un predatore, si nutre di invertebrati e predilige i fondali sabbiosi. Lo scorfano rosso o cappone, è un pesce solitario e sedentario. Sta su fondali rocciosi, sabbiosi o fangosi e si nutre di pesci, crostacei e molluschi. Lo sciarrano si trova spesso sopra le rocce, su letti di posidonia, oppure su fondi di sabbia e fango e si nutre di pesci, cefalopodi e crostacei. Il sugherello, da adulto forma grandi banchi nelle zone costiere con substrato sabbioso. Si nutre di pesci, crostacei e cefalopodi. Il pagello vive di solito su fondi soprattutto a sabbia grossolana, tra 5 e 150 metri di profondità. I giovani sono più costieri. Si nutre di invertebrati e anche di piccoli pesci. La tracina predilige fondali sabbiosi e si nutre di pesci e crostacei. Lo sgombro ha una dieta onnivora: plancton, meduse, piccoli pesci, uova e larve di pesci, gamberi, vermi e molluschi. Predilige fondali medio alti, ma nel periodo invernale abita prevalentemente profondità elevate, fino ai 200 m. La boga, popola le acque costiere, si trova su fondi variabili ma soprattutto rocciosi e a posidonia È meno legato al fondo rispetto agli altri sparidi mediterranei e si può definire come semipelagica può trovarsi anche lontano dalle coste . È una specie onnivora, si nutre prevalentemente di materiale vegetale, crostacei e zooplancton. La menola, vive in branchi sterminati sulle praterie di posidonia, a basse profondità, anche se, occasionalmente, è stata pescata oltre 150 metri.
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