Feeder Ieri Oggi e Domani
Orami è noto a tutti che il feeder è una tecnica che ha come antenata la vecchia pesca a fondo. Tecnica che si faceva con delle grosse e pesanti canne in fibra di vetro, abbinate a enormi mulinelli caricati con fili di diametro nell’ordine dello 0,40. Come esca si usavano mais e grossi vermi di terra; si lanciava il tutto ad una buona distanza da riva con l’ausilio di un bel piombo possente e si aspettava che il pesce iniziasse a mangiare l’esca. Non era importante quale tipo di pesce si portava a riva, doveva però essere il più grosso possibile. Con il passare degli anni, la tecnica della pesca a fondo si è suddivisa in tante discipline differenti e specifiche. Possiamo dire che da essa si sono sviluppate tutte le pesche statiche sul fondo, siano esse con esche naturali o con il vivo. Dalla generica pesca a fondo si sono evolute tecniche che adesso consideriamo molto diverse tra loro: carp fishing, il cat fishing e anche il feeder fishing.
Da fondo a feeder
Il feeder inizialmente chiamato ledgering veniva praticato in Inghilterra con delle piccole canne di lunghezza intorno ai 3 metri. Come zavorra si usavano dei piombi scorrevoli leggeri, (arlesey bomb) di massimo venti grammi, muniti di girella ad un’estremità per poterli collegare in modo scorrevole alla lenza madre. Si pescava a corta distanza e si pasturava con la fionda. I capostipiti di questa nuova tecnica divennero famosi, mitici, come Ivan Marks, unanimemente considerato il Messi della pesca a ledgering. Rispetto alla rudimentale tecnica precedente, questo era un approccio più leggero ma sempre di pesca a fondo si trattava. La vera svolta si ebbe negli anni ’70, quando sempre gli inglesi ebbero l’intuizione di utilizzare un accessorio per poter veicolare la pastura insieme all’esca. Il feeder ha definitivamente segnato la scissione tra pesca a fondo o ledgering e il feeder fishing. La traduzione letterale del termine feeder sarebbe “alimentatore”, ma noi tutti lo chiamiamo pasturatore. Come primo pasturatore venne utilizzato un banalissimo bigodino per capelli. Infatti si scoprì che questo oggetto aveva la capacità di tenere al suo interno una pastura senza che si disperdesse durante il lancio e se riempito di bigattini, questi fuoriuscivano lentamente dalle fitte trame del bigodino. Infatti, una volta che il bigodino arrivava sul fondo i piccoli vermi iniziavano a disperdersi, creando il giusto richiamo per i pesci proprio in prossimità dell’amo con l’esca. Agli inglesi si aprì un mondo. Da noi in Italia, a metà degli anni ‘80 fu Mario Molinari, esperto pescatore ed agonista, a far conoscere e divulgare la pesca a feeder, scrivendo nelle maggiori riviste del settore e collaborando per tanti anni con una grossa azienda che aveva ben pochi rivali nella produzione di canne da feeder.
“Uno dei punti di forza del feeder è la possibilità di avere sempre nella stessa area del fondo la pastura, richiamando i pesci molto vicino all’esca ”.
Le canne da feeder
Chiaramente non tutte le situazioni di pesca sono uguali e questo vale anche nella pesca a feeder. Attualmente si distinguono tre tipologie di approccio e ognuna delle tre tecniche ha fatto si che venissero prodotti tre tipi di canne da feeder differenti: light, medium e heavy. In tutti i casi le canne da feeder sono prodotte in tre pezzi, tutte fornite con dei vettini (tips) con sensibilità diverse. Per completezza diciamo che esistono anche delle versioni telescopiche che sono sì comode da trasportare ma non sono altrettanto performanti come le tre pezzi. La prima categoria riguarda le canne light, utilizzate in ambienti “piccoli”, tipo canali con acque ferme o piccoli laghetti poco profondi. Queste canne sono lunghe tra i 9 e gli 11 piedi, con casting tra i trenta e i sessanta grammi massimo. Il loro utilizzo è consigliato in questi piccoli spot e con totale o quasi assenza di vento. La seconda categoria racchiude le canne medium, quelle allround per capirci che coprono una buona fetta delle situazioni che ci possono capitare, quindi utilizzabili sia in acque ferme che in quelle più profonde e anche con presenza di correnti. La loro lunghezza varia tra i 12 e 13 piedi con un casting massimo di 90 grammi. Per chi inizia questa tipologia è quella da preferire, utile in quasi tutte le situazioni di pesca. Nella terza categoria troviamo le heavy e medium heavy, da utilizzare quando si deve pescare in acque veloci e lontano da riva con dei pesi importanti. Quest’ultime hanno una lunghezza di 14 piedi e un casting dai 120 grammi in su. Le heavy trovano un buon utilizzo nei laghi della nostra isola che spesso sono spazzati dal forte maestrale.
I mulinelli
Per quanto riguarda i mulinelli, essendo una classificazione di attrezzi molto vasta, possiamo dire che per le canne light un buon abbinamento sarebbe con mulinelli di taglia 2500 o 3000. Quando usiamo una canna medium, un 4000 o 5000 che arriva a 6000 per le heavy. Stiamo parlando di uno schema e di una classificazione molto generica. La scelta del mulinello sarà dettata dalle caratteristiche specifiche della canna.
I feeder
L’argomento pasturatori è veramente troppo vasto. Per parlarne in modo completo ed esaustivo è necessario elaborare un articolo dedicato che preso faremo e forse non basterebbe ancora. In commercio esistono davvero centinaia (se non migliaia…) di modelli diversi. La forma e il materiale di cui si compone un feeder determina la fascia d’utilizzo: corta, media o lunga distanza, tipo di sfarinato usato per la pasturazione, tipo d’esca, specie di pesci che vogliamo insidiare. Il consiglio, per chi si avvicina a questa tecnica, è di farsi consigliare da amici esperti e rivenditori, cercando di capire il giusto utilizzo per ogni modello.
Esche
Le esche utilizzabili sono tantissime, partendo da quelle naturali, fino a pellets, boiles, miniboliles e chi più ne ha più ne metta. Possono poi, eventualmente, essere utilizzate come pastura, in alternativa o in abbinamento agli sfarinati e veicolati nel punto di pesca con il pasturatore. In generale il loro costo è molto contenuto. Quindi, per un primo approccio generico, portiamoci una scatoletta di mais, dei bigattini e uno sfarinato dolce da usare come pastura. È vero, stiamo andando incontro all’inverno, stagione nella quale i pesci mostrano una certa apatia. Per chi pesca è il periodo più difficile, con poche catture. Ma questa sarà un’utile palestra che ci preparerà al meglio all’arrivo della primavera e di condizioni migliori.
Conclusioni
Abbiamo visto a grandi linee come è nato e si è sviluppato il feeder fishing. È una tecnica di pesca talmente vasta che bisognerebbe dedicare ad ogni argomento uno spazio molto grande. Nei prossimi mesi vedremo di conoscere più da vicino tutte le caratteristiche della pesca col pasturatore: canne, mulinelli, pasturatori, esche. Scopriremo che il feeder è un universo bellissimo, tutto da scoprire.
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