Passata l’estate, con gli impegni del suo noleggio di natanti, Federico si prepara in attesa del Campionato italiano assoluto di giugno. Ma vediamo cosa ci racconta del suo passato.
Dicono che gli algheresi non si muovono, riferiti ai subacquei, ai pescatori in apnea. Nel senso che si accontentano di quello che offre il loro mare, tutt’al più, quello di Stintino, nel versante occidentale. E una base di verità c’è senz’altro, motivata appunto dalla ricchezza delle loro acque, ma anche dalla geografia, tutto giustificato da un puro elemento economico tendente al virtuoso. In sintesi si potrebbe parlare di una scuola algherese che col minimo sforzo produce il maggior risultato. Anche in termini agonistici, visto i campioni che negli anni si sono affermati. L’ultimo, in ordine tempo e quindi non certo d’importanza, è Federico Giudice, classe 1995, uno dei pochi sardi che difenderà la bandiera dei quattro mori ai prossimi Campionati italiani assoluti di pesca in apnea che si svolgeranno a fine giugno a Portoscuso. Federico è fortunato. Nasce al mare che fin da piccolo ammirava dalla finestra di casa, aspettando il rientro in barca del nonno o del padre appassionato di pescasub. Respirava sale, e iodio, tanto che il babbo a soli 5 anni, lo invitò a seguirlo, a accompagnarlo in quel mondo che lui non poteva neanche immaginare, ma che ben presto lo rapì. Così, a piccoli passi, la passione si sviluppò, irrefrenabile, ancor più decisa dopo la prima cattura, sotto casa, a Las Tronas: una piccola mormora che forse non pesava neanche 100 grammi ma che fu un trofeo, condiviso con parenti e amici e consumato in un piatto nella più nobile delle tavole.
Quindi? Ormai non avevo altro in testa, calcio e pesca. Ancora giovane, conobbi Ivan Ferrigato, un espertissimo pescatore in apnea, algherese, maestro per tanti di noi, che mi prese sotto braccio e mi iniziò a una pesca più ragionata. Il cambio di passo arrivò prestissimo in maniera chiara e evidente.
Racconta. Siamo usciti a Castelsardo, verso punta Tramontana. Non dimentiche- rò mai quel carniere: un dentice, una leccia, una palamita e un serra. Al rientro, mentre discutevamo della prossima uscita, all’indomani, questa volta a occidente di punta Tramontana, verso La Ciaccia, mi chiama al telefono il mio allenatore di calcio per comunicarmi che “domani iniziano gli allenamenti.”. Rimasi senza parole, incapace di reagire, ma io volevo andare a pesca. E così, a mente fredda presi la decisione e appesi le scarpette al chiodo. Avevo 16 anni.
Eri già impostato? Beh, con mio padre si pescava in tana, ma con Ivan ho iniziato a spaziare gradualmente anche su altre tecniche. Sotto casa pesco a razzolo, a vista. Scendo un po’ d’estate, a dentici, ma non spessissimo. Al mare di fuori mi diverto con le cernie, in planata. Faccio apnee di quasi 2 minuti.
Il tuo limite operativo? Se ti riferisci alla profondità arrivo al massimo a -45 metri.
Ricordi un episodio particolare. Sì, certo, anche divertente. Qualche anno fa a Stintino, mare di fuori. Con due amici ci alternavamo su alcuni cappelli a 12 metri che salivano da un fondo di circa 35 metri. Non c’era molta attività, così decidiamo di fare l’ultimo tuffo. All’aspetto, a mezz’acqua, mi arriva una ricciola, dritta per dritta, di fronte a me. Io sono pronto e quando si avvicina a solo un metro di distanza sparo. Chissà, mi chiedo, se i miei amici si sono accorti dell’accaduto. Se hanno visto il treno di circa 20 chili che mi ha puntato e sì è fermato proprio davanti al mio naso. A interrompere questo brevissimo ragionamento, ancora prima che riuscissi a mettere il filo in tensione, arriva, improvvisa, una saetta che trafigge un’altra volta il predone. Era il mio amico che aveva anche lui scorto il movimento della ricciola, e, nonostante la posizione arretrata, per farmi uno scherzo ha tentato di anticiparmi. È finita tutti a ridere. Una ragione in più per fare grande festa e sentirci ancora i pescatori più bravi.
Un aneddoto serio? Con Ivan, a Capo Marrargiu. Una situazione quasi comica, perché ad attirare la nostra attenzione era un uomo su uno scoglio che si sbracciava. Era lì, mollato dagli amici perché esausto per una lunga nuotata. Sarebbero dovuti venire a riprenderlo, ma dopo ore non si vedeva nessuno. L’abbiamo imbarcato e accompagnato nelle barche in vista, ma dei compagni neanche l’ombra. Quindi siamo tornati allo scoglio di partenza e abbiamo continuato a pescare. Infine arrivano gli amici e tra sorrisi e smorfie si riprendono il pacco per la serenità di tutti.
L’agonismo? Ho iniziato nel 2015 con l’Asd Corallo sub. E non è andata male perché nel 2017 sono già in seconda categoria e in prima l’anno successivo. Mi ripeto nel 2019, prima dello stop per il Covid, non si è disputato il campionato. Nel 2021 arrivo sesto, ma l’anno successivo precipito di nuovo in seconda. Solo una pausa perché nel ’23 mi qualifico di nuovo in prima, a Casalvelino, e adesso sono pronto per la sfida assoluta di Portoscuso del 2024.
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