Elettrico & Manuale

Elettrico & Manuale

Elettrico e manuale? Questa è la realtà! Almeno in tema di bolentino di profondità, naturalmente. L’immaginario collettivo, però, in gran parte, si rifà a un cliché abbastanza scontato, ma non esattamente attuale. È così che diventa protagonista il mulinello elettrico da murata, quello prodotto industrialmente, ma anche quello artigianale, frutto dell’invenzione di un abile meccanico, scopritore, allora, della potenza dei motori elettrici utilizzati per i tergicristalli, in particolare delle Fiat 131. Accanto a questo marchingegno voluminoso e impegnativo, ma indispensabile per le profondità abissali e le prede over size, ha preso piede e guadagna sempre maggiori spazi il mulinello elettrico per la canna, con risultati eccellenti a coprire la quasi totalità delle esigenze. C’è ancora un universo da scoprire in fondo al mare e grazie agli attuali strumenti di bordo con potenze fino a 3 KW, l’orizzonte si è spostato più in là, più in giù, dove nessuno si è mai spinto. L’immensa colonna d’acqua che ci separa va “percorsa”, metro per metro, con attrezzi e aspettative diverse. In genere, mettendo nel calderone tutti i generi di mulinello elettrico, più questo è grosso e più è corta la canna. Viceversa, al diminuire delle dimensioni, aumenta la lunghezza della canna. Infatti, all’apice della scala, troviamo i mulinelli da murata, quelli per le massime profondità, che sono accoppiati a una canna cortissima, robusta, ma senza possibilità di manovra. Un sistema decisamente poco sensibile, di scarso coinvolgimento, quindi non sportivo, direi quasi da scartare, se non fosse che risolve le situazioni più dure e impegnative, alle massime profondità, con mostri marini a volte sconosciuti.

Ignazio Senis, altro castigatore degli alti fondali, mentre, sul set, maneggia agevolmente la preda e il mulinello elettrico.
 

Mulinelli da canna
L’alternativa al mulinello da murata è il mulinello da canna, sempre elettrico. Una vera rivoluzione che consente l’uso della canna in mano, ridà quindi sensibilità e divertimento all’azione di pesca e in particolare al combattimento e al recupero, seppur limitato da volumi ancora impegnativi, pesi rilevanti e cavi “ignoranti”, mai al loro posto nella concitazione della manovra. Per la precisione, l’elettrico da canna, non è proprio un’alternativa a quello da murata, ma, più precisamente, uno strumento appropriato per la stragran-de maggioranza dei nostri tentativi. Ancora oggi, infatti, le esche calate dai 150 ai 1000 metri o giù di lì, sortiscono risultati soddisfacenti, anche facendo a meno di appoggiarsi alle mu- rate. Ma, per focalizzare l’argomento, suggerirei di suddividere la tecnica in due categorie, il bolentino di alto fondale (m 300-1000) e quello che ci avviamo a trattare, il bolentino di medio fondale.

Medio fondale
Le quote che interessano questa tecnica variano da 100-150 metri a 300, oltre i quali si parla appunto di bolentino di alto fondale. Le prede più frequenti e ricercate sono gli occhialoni (Pagellus bogaraveo), ma è facile catturare anche sgombri, sugarelli, capponi, naselli e, dulcis in fundo, cernie, in particolare la canina (Epinephelus caninus). Diciamo che la parte del leone è prerogativa di quest’ultima specie, per la mole importante, ma soprattutto dell’occhialone o pezzogna, visto che vive in branchi numerosi e risulta un pesce voracissimo. Quindi, come affrontare un’uscita sul medio fondale? La tradizione consiglia una calata promiscua, quindi una paratura con più braccioli robusti (almeno 0,50 mm) e corti (non più di 30 cm) da innescare con sardina, meglio fresca, o gambero, va bene surgelato, su ami 1-2/0, anche circle per una presa più sicura. E in fondo, l’amo per la cernia: un 7-10/0 che striscia sul fango misto a roccia, con uno spezzone di nylon dello 0,80, lungo 60-70 cm, arricchito con un’esca importante (polpo, calamaro ecc.) proporzionata alla specie. Quest’organizzazione, però, non è abbastanza moderna e sportiva. Consiglierei, infatti, di dedicarci in modo specifico alle diverse prede, alle prede leader, quindi con una proposta per la cernia e l’altra per l’occhialone.

Fabrizio MIchelini con un cappone, una preda non impegnativa ma davvero buona!
 

Cernia
Vale in linea generale quanto già richiamato dalle tradizioni, almeno in tema di volumi e preferenze alimentari. Quello che si perfeziona è la paratura. Quest’ultima è rigorosamente mono amo, in rispetto alla regola “one hook, one fish”, anche, come suggeriamo, sul classico live cab. Quindi un 7-10/0 montato su un singolo assist. Nel caso la corrente suggerisse un’ulteriore zavorra, allora, a monte, sul finale, a 5-6 metri, si può applicare un piombo a sgancio rapido di dimensioni adeguate, così da trattenere l’esca più o meno sotto la barca. Salvo poi sollevare la zavorra fino a far svolazzare il polpo a uno o più palmi dal fondo. Va da sé che l’importanza della preda suggerisce un mulinello abbastanza capiente, anche per far fronte a eventuali sorprese che in fondo al mare non mancano mai.

Occhialone
Chi si avvicina al bolentino di medio fondale, di solito approccia la tecnica con i mezzi a disposizione, quindi le stesse attrezzature del bolentino costiero, quello che per tutti o quasi tutti, è stato il primo amore. Il problema nasce sulla lunga distanza, dai 150 ai 300 metri. E naturalmente nel recupero perché ad andar giù non è richiesto il nostro intervento o la nostra perizia. Un occhialone di un chilo, da quelle profondità, mica ne vuole sapere di venir su, ecco che il mulinello elettrico, nelle sue espressioni più contenute, risulta un complemento utile se non indispensabile. In effetti l’occhialone, altrimenti pezzogna, molto spesso si avventa sull’esca finché ce n’é. E se gli ami sono tre, anziché uno? In questo caso non è più un chilo di pinne e squame a dover risalire la colonna d’acqua. E se il “besugo”, così in Liguria chiamano gli esemplari giovani della pezzogna, anziché un chilo ne pesasse due? Allora bisogna calibrare le forze da mettere in campo e forse preferire al piccolo, leggero e maneggevole Shimano 1000 Plays o Daiwa Dendou 500, una versone superiore, vedi il 1000 Daiwa o il 4000 Shimano, o il top di gamma, sempre delle stesse case per le calate più profonde.

Fisso
Ma allora, quando usare il tradizionale mulinello a tamburo fisso? Sempre! Ogni volta che vi viene nostalgia, in alternativa all’elettrico entro la fascia dei 300 metri. In particolare i piccoli ma più efficienti 5000 fino ad un massimo di 150 metri con fili trecciati PE 2 minimo e 2 o tre ami al massi-mo. Le versioni superiori sono giustificate dalla pezzatura delle prede, oltre il chilo, e dal numero di queste che si riesce a catturare in una lenzata. Poi? Per i tentativi più profondi, quelli fino a 300 metri? Allora bisogna dotarsi dei più grossi fissi che si trovano in commercio, grossi e affidabili in quanto a quelle quote oltre la consueta crescita delle pezzogne, si rischia il combattimento con animali davvero importanti. E sarà comunque la miglior esperienza di pesca perché sia a 150 metri che a 300, avere la canna in mano, due o tre metri di carbonio, e agire contemporaneamente su questa e il mulinello, ti rimette in pace col mondo, riequilibra il rapporto con l’avvesario, e infine ti fa apprezzare come mai prima, la sportività del bolentino di profondità, quello che abbiamo battezzato di medio fondale, fino a 300 metri.