Editoriale 7/24
“Sono stato pescatore subacqueo amatoriale, pescavo per gustare i frutti del mare, ma oggi mi sono convertito e credo fermamente che la pesca sportiva debba essere vietata in tutta la Sardegna, perché tutta l’Isola deve essere protetta dall’impoverimento dei mari. Credo che non si debba toccare niente sott’acqua, dalla patella alla conchiglia.”. È questo il sunto, pubblicato nelle pagine del maggior quotidiano sardo, a firma di Mariangela Pala, del discorso di Andrea Mura, il noto velista cagliaritano, padrone degli oceani, ospite al Nautic Event di metà giugno a Porto Torres. La notizia, elaborata all’ombra della Torre Aragonese, non ha mancato di suscitare polemiche, soprattutto tra le fila dei diretti interessati, che di primo acchito, si sono sentiti traditi da un personaggio pubblico molto apprezzato e seguitissimo, da sempre ritenuto uno di loro. Sentiti i protagonisti, purtroppo si rende ancora obbligatorio l’uso del condizionale, però, sembrerebbe, appunto, che a scagliare la pietra sia stato Benedetto Sechi, presidente del Flag Nord Sardegna, il quale avrebbe auspicato una legge di contenimento della pesca sportiva, per favorire quella professionale. Ci sta, è il suo mestiere. Ma Mura non condivide affatto l’interpretazione della giornalista e giura di non aver neanche nominato la pesca sportiva. E comunque il suo intervento, sarebbe stato semplicemente una testimonianza dell’impoverimento del mare, cosa che cozza con le ambizioni turistiche dell’isola.
Non cozza, invece, l’ormai enorme movimento, creato intorno alla pesca sportiva in Sardegna da una marea di piccole realtà sparse in ogni dove, che richiamano turisti, soprattutto dalla penisola; appassionati e famiglie, che desiderano prendere un pesce, legalmente, e mangiare, infine, un prodotto genuino, con la speranza di ripetere l’esperienza nel più breve tempo possibile, Flag permettendo.
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