Editoriale 3/25

Pescare Show, la recente fiera di Rimini della pesca e della nautica, ha sollevato una questione da sempre dibattuta e evidentemente mai risolta. Una questione nata in seno alle organizzazioni e trasformata in incongruenza dalle aziende di maggior peso. Il dilemma riguarda l’opportunità di liberare la vendita al dettaglio, in un contesto in cui si preferirebbe avere un confronto sereno e pacifico col dettagliante, senza la presenza ingombrante e rumorosa del visitatore, considerato evidentemente, un elemento di disturbo. Legittima esigenza, dico io, ma fino a che punto ricevibile? Fino a che punto sta al passo dei tempi? Oggi, rispetto a vent’anni fa, è tutto più dinamico, veloce. Fai un click e acquisti direttamente dal produttore, qualunque oggetto, perfino le automobili. Addirittura prenoti in rete un bene che ancora non è in commercio. Arriverà... Di per sé la fiera nasce come un punto d’incontro, tra compratore e venditore. Un appuntamento annuale, biennale o di periodicità diversa, comunque cucita sulle capacità di rinnovamento del prodotto. Ma queste sono le origini. A Rimini ogni visitatore ha pagato il biglietto d’ingresso con la speranza di vedere le anteprime ma anche e soprattutto di rientrare a casa col suo regalo sottobraccio, anche se forse non era l’affare in cui aveva sperato.

La fiera riveste diversi significati che ognuno legge secondo il proprio codice, sia esso espositore o visitatore. Quindi si tratta di un evento sempre e innanzitutto positivo che oggi più che mai suggerisce una riflessione sulle convinzioni e sulle opportunità, anche a costo di tapparsi il naso per una presenza non gradita.