Dentici in Pericolo

Un pesce un tempo difficile da insidiare è diventato oggi uno tra i principali bersagli della pesca amatoriale, grazie soprattutto alla divulgazione delle informazioni e alla tecnologia che ha compiuto passi da gigante, ma tutto questo ha acceso un campanello d'allarme che non possiamo ignorare.

Negli anni ‘80-‘90 la traina col vivo era basica e dominio di pochissimi eletti. Nessun Gps, le poste venivano individuate grazie a indagini accurate sulle carte nautiche e memorizzate con le mire a terra. Niente multifibre, nessun sistema meccanico per rallentare la barca, ami approssimativi, per lo più tanta tenacia e soprattutto pochissimi pescatori in mare. Poi l'evoluzione: multifibre, ami in lega leggera, barche sempre più lente, ma soprattutto il Gps e internet e per finire i motori elettrici di prua. La divulgazione delle informazioni corre alla velocità della luce, chiunque è in grado di pescare un calamaro o peggio ancora di comprare una seppia viva, innescare e calare sul fondo. La preda principale della traina col vivo diventa il dentice, pesce da sempre presente massiccia-mente sulle nostre secche. Non ci sono più luoghi sicuri di ripopolamento, grazie al Gps cartografico chiunque è in grado di trovare le secche e di insidiare i dentici. Nel ventunesimo secolo questi predatori sono ancora una tra le specie dominanti della catena alimentare. Le loro abitudini li rendono difficili prede delle reti di circuizione e lo strascico ne preleva una quantità assolutamente irrilevante. 

Rischio non calcolato - Negli ultimi anni sta succedendo qualcosa di inaspettato, qualcosa che potenzialmente potrebbe mettere a rischio questa specie. Dobbiamo partire da un presupposto che molti ignorano e che è alla base del potenziale pericolo che questo pesce potrebbe correre. Il dentice ha una crescita lenta e questo comporta anche un lento raggiungimento della maturità sessuale. Per alcune specie il prelievo di esemplari giovani che ancora non hanno compiuto il primo ciclo riproduttivo, può rappresentare un danno enorme e tra queste il dentice è una tra le più sensibili, proprio per la sua lenta crescita.

 

Daniele Iannuzzi, Riccardo Fanelli, Michele Prezioso e un super dentice (one shot, one fish).

Un pesce longevo - Sono stati campionati, nelle acque della Corsica, un totale di 224 Dentex dentex (dai 15 ai 91 cm) ottenuti sia dalla pesca commerciale che ricreativa. Le analisi effettuate hanno permesso di identificare un esemplare di ben 36 anni, rendendolo il più “vecchio” dentice mai identificato. La scoperta dell’esemplare di 36 anni, prolunga la durata della vita stimata della specie oltre il massimo di 33 anni menzionati nei precedenti studi effettuati utilizzando esclusivamente le scaglie, e conferma il fatto che il Dentex dentex può essere considerato una specie longeva.

 La maturità sessuale - L’utilizzo delle moderne metodiche ha permesso di determinare l’età precisa in cui inizia la maturità sessuale. Su un campione di 343 pesci “selvatici” campionati nelle acque dell’isola di Maiorca (dai 19 agli 84,7 cm), sono stati determinati età e sesso di tutti gli esemplari analizzati (198 femmine da 0 a 26 anni e 145 maschi da 0 a 22); sorprendentemente sono stati riscontrati tre pesci ermafroditi. Questi ermafroditi misuravano 20,7, 25,2 e 27,6 cm, con età tra 0 e 1 anno. Analizzando lo stadio di maturità sessuale, la femmina matura più piccola osservata misurava 32 cm e presentava un’età di 2 anni. La maggior parte delle femmine più lunghe di 36 cm e con più di 4 anni di età, erano mature. Allo stesso modo, il maschio maturo più piccolo misurava 26 cm e presentava un’età di 2 anni, e la maggior parte dei maschi più lunghi di 33 cm e con età superiore a 4 anni, erano maturi. La piena maturità è stata raggiunta in una lunghezza media di 35 cm per entrambi i sessi e a 6 e 4 anni per le femmine e i maschi. 

 I limiti di cattura - Le dimensioni minime di cattura sono di gran lunga lo strumento di regolamentazione più comune nella gestione degli stock ittici. Tali dimensioni devono essere necessariamente stabilite con l’obiettivo di permettere al pesce di riprodursi almeno una volta nella vita, garantendo così la sopravvivenza della specie. Considerando la dimensione media stimata (35 cm) in cui il Dentex dentex raggiunge la maturità sessuale, si dovrebbe stabilire la dimensione minima con un valore soglia a partire da quella taglia, un limite che risulta appropriato per entrambi i sessi. La normativa italiana in materia di pesca fissa il limite di legge per il dentice a 7 centimetri, mentre la Fipsas per i suoi tesserati e nelle competizioni di pesca sportiva, impone la misura minima di 25 cm. Se la seconda misura è ancora ben al di sotto della taglia minima di riproduzione, quella di 7 cm imposta alla pesca professionale è assolutamente ridicola. 

Si, è il caso di dirlo: uomo grande, pesce grande.

Popolazioni a rischio - Nella pesca in Mediterraneo esistono alcune specie che vengono preferite ad altre. Alcuni pesci infatti non vengono quasi considerati e subito dopo la cattura finiscono quasi con sdegno in acqua. Altri invece sono ricercatissimi e a prescindere dalle loro dimensioni o dal numero di esemplari già catturato, vengono sempre rigorosamente gettati nel gavone del pescato. Tra questi in primissima fila possiamo mettere il dentice, che per le sue carni e il suo carattere particolarmente indisponente, viene considerato tra le prede più ambite. Oggigiorno poi la traina con il vivo è divenuta un fenomeno di massa. Tutti sono diventati bravi e le nuove soluzioni corrono in tempo reale in rete diventando patrimonio comune. Se da una parte questo era inevitabile, dall’altra ci pone una problematica che si è acutizzata negli ultimi anni. Pur non essendo un pesce pelagico, il dentice si sposta in fitti banchi di numerosi esemplari al di sopra delle formazioni rocciose, delle praterie a posidonia e lungo le cigliate, compiendo spesso piccole migrazioni. Spesso lo si trova più facilmente a contatto del fondo, in quanto basa la sua attività di caccia sull’agguato e sulla sorpresa. Nel periodo invernale ha un’attività particolarmente significativa, in parte per l’accoppiamento che lo attende in primavera, durante il quale si nutre poco ed in parte per la scarsità di cibo presente. Il dentice è un pesce semi-stanziale, ma ci sono alcune aree in cui si stabilizza per lunghi periodi o addirittura diventa stanziale. Una volta individuata una di queste aree, al principio saranno gli esemplari più grandi a rimanere vittime delle esche vive trainate, ma con il passare del tempo il prelievo continuo eliminerà gli esemplari grandi per insidiare quelli più piccoli, sempre più piccoli. Eliminando gli esemplari che ancora non hanno chiuso il loro primo ciclo riproduttivo, si interrompono le nascite in quella popolazione, con il risultato che negli anni il danno sarà molto più grave di quanto si possa pensare.  

Studio delle scaglie - Osservando una scaglia al microscopio si possono osservare degli anelli concentrici, simili alla sezione di un tronco d’albero. Questi anelli corrispondono alle fasi di accrescimento che, col passare delle stagioni, depositano strati di tessuto osseo verso l'esterno. Le scaglie rappresentano la struttura più semplice da prelevare nei pesci; possono essere prelevate direttamente, con attenzione, dal pesce in vita con pinze apposite, non arrecando alcun rischio per la sopravvivenza dell’animale, dato che la perdita delle scaglie rappresenta un fenomeno fisiologico durante la vita del pesce. Dal momento che la forma e le dimensioni delle scaglie differiscono da un’area all’altra, anche all’interno dello stesso individuo, la zona da cui prelevare il campione deve essere scelta accuratamente al fine di standardizzare la raccolta del campione stesso. Solitamente vengono scelte due aree: la zona latero-dorsale (al di sotto della pinna dorsale), oppure la zona che si trova al di sotto della pinna pettorale, dove la rigenerazione e i danneggiamenti delle scaglie risultano meno frequenti. Subito dopo il prelievo, le scaglie devono essere pulite in modo da rimuovere ogni traccia di materia organica; questa operazione risulta piuttosto semplice e può essere effettuata sia con una semplice pulizia con carta assorbente sia con un lavaggio in un bagnetto a ultrasuoni contenente acqua bidistillata ultrapura e perossido di sodio. La durata dell’immersione nella soluzione di lavaggio deve essere controllata per evitare il danneggiamento del campione. Le scaglie vengono conservate asciutte all’interno di vetrini opportunamente etichettati. Dal momento che le scaglie sono un tessuto idrofilico, la prolungata conservazione essiccata potrebbe indurre modificazione nella struttura originale del campione. L’analisi delle scaglie viene effettuata utilizzando lo stereomicroscopio, subito dopo aver reidratato il campione con soluzione apposita (acqua ultrapura o alcool al 70%).

 Il rilascio - Il dentice è uno dei soggetti più difficili per il rilascio, in quanto risente del salto barico che il recupero in superficie comporta, con danni spesso irrimediabili. La differenza di pressione tra il fondo e la superficie, ma molto più spesso il semplice trauma di venir recuperato velocemente, gli comporta l’estroflessione dello stomaco, evento che causa dei danni irreparabili. Se si decide per il rilascio, bisogna eseguire il recupero del pesce con moltissima calma, magari effettuando una sosta intermedia per far tranquillizzare la preda. Se s’interrompe il recupero, si noterà che il pesce smette di tirare verso il fondo, per assumere una forma di nuoto circolare e tranquilla, come se fosse tenuto al guinzaglio. Quando la preda arriva in superficie la si vedrà nuotare con tranquillità con il dorso verso l’alto e non porgendo il fianco. A questo punto il rilascio può essere effettuato in acqua o portando il pesce a bordo e slamandolo con calma. 

il momento più magico di una battuta di pesca.

Ci sono alcuni errori che purtroppo vengono commessi per negligenza o per poca dimestichezza. Alla divulgazione degli errori più clamorosi, ci si mette spesso anche la televisione e internet, divulgando immagini sbagliate, che poi vengono inconsapevolmente imitate. Tra gli errori più clamorosi che vengono commessi durante il rilascio di un pesce, c’è quello di strapazzare l’animale in superficie, facendogli fare avanti e indietro a pelo d’acqua nel tentativo di riossigenarlo. I pesci respirano tramite le branchie e non per la bocca. Questo significa che per riossigenare un pesce, se proprio vogliamo farlo, basta trascinarlo sotto il pelo dell’acqua e non in superficie, con la barca al minimo e sarà lui a respirare muovendo le branchie. Per trascinarlo, ripeto e sottolineo sotto la superficie, bisogna farlo per la bocca, usando i guanti o il boca grip. Se lo si fa prendendolo per l’opercolo branchiale, bisogna fare molta attenzione a non toccare le branchie vere e proprie.